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  • Estese le incompatibilità dei giudici

    Si ampliano le incompatibilità dei magistrati. Il giudice che ha pronunciato un'ordinanza di accoglimento o rigetto di una richiesta di applicazione della disciplina del reato continuato, relativa, cioè, a un soggetto che con una sola azione viola più leggi o commette diverse violazioni della stessa legge riferibili allo stesso disegno criminoso, non può partecipare anche al giudizio di rinvio dopo che la Corte di cassazione abbia annullato il provvedimento. Lo ha deciso la Corte costituzionale stabilendo l'illegittimità degli articoli 34, comma 1, e 623, comma 1, lettera a), del Codice di procedura penale nella parte in cui non prevedono espressamente questa incompatibilità. La sentenza, la n. 183 depositata ieri e scritta da Giuseppe Frigo, sottolinea come se l'esigenza di ripristinare l'eguaglianza, fatta valere all'inizio degli anni '90, vale in rapporto alla determinazione del trattamento sanzionatorio (applicazione del cumulo giuridico delle pene, in luogo del cumulo materiale), essa non può non valere anche in relazione all'applicazione della disciplina sull'incompatibilità del giudice, posta a presidio della sua imparzialità. Come denunciato, però, se è il giudice della cognizione a negare l'identità del disegno criminoso, l'annullamento su questo punto della sua sentenza lo rende incompatibile a partecipare al giudizio di rinvio. Se l'identica valutazione è operata dal giudice dell'esecuzione, ciò viceversa non avviene. Però «la soluzione offerta dal legislatore al problema del ripristino dell'eguaglianza, quella, appunto, di demandare al giudice dell'esecuzione la sintesi delle condotte giudicate separatamente, determinandone le conseguenze ai sensi dell'articolo 81 del codice penale comporta una evidente "frattura" dell'ordinario discrimen tra fase cognitiva e fase esecutiva, sotto un duplice profilo». Da un lato, infatti, il giudice dell'esecuzione si vede investito di un accertamento che non attiene affatto all'esecuzione delle pronunce di condanna, quanto piuttosto al merito delle imputazioni. Dall'altro lato, la soluzione normativa ha come conseguenza l'apertura di una breccia nel principio di intangibilità del giudicato. «All'esito del riconoscimento della continuazione (o del concorso formale), il giudice dell'esecuzione si trova, infatti, – spiega la sentenza – abilitato a modificare il trattamento sanzionatorio inflitto in sede cognitiva: non solo, e anzitutto, riducendo le pene principali, ma anche, eventualmente, eliminando o riducendo pene accessorie e misure di sicurezza o altri effetti penali della condanna». La valutazione affidata al giudice dell'esecuzione presenta, dunque, tutte le caratteristiche del «giudizio» delineate dalla giurisprudenza della Corte costituzionale rendendo inevitabile la pronuncia di un ulteriore verdetto di incompatibilità. LA SENTENZA Gli artt. 34, comma 1, e 623, comma 1, lettera a), cod. proc. pen. vanno dichiarati, pertanto, costituzionalmente illegittimi (...). La dichiarazione di illegittimità costituzionale va estesa, in via consequenziale, all'ipotesi dell'annullamento con rinvio dell'ordinanza che si pronunci sulla richiesta di applicazione in sede esecutiva della disciplina del concorso formale: fattispecie regolata congiuntamente a quella oggetto del quesito dallo stesso art. 671 cod. proc. pen. e in rapporto alla quale valgono le stesse considerazioni. Corte costituzionale, sentenza n. 183 del 2013 http://www.ilsole24ore.com/art/norme-e-tributi/2013-07-10/estese-incompatibilita-giudici-064642.shtml?uuid=AbvDctCI

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