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  • Liti tra avvocati - Non sussiste la scriminante se le accuse sono false

    L’art. 598 del Codice Penale “Offese in scritti e discorsi pronunciati dinanzi alle Autorità giudiziarie o amministrative” dispone che non sono punibili le offese contenute negli scritti presentati o nei discorsi pronunciati dalle parti o dai loro patrocinatori nei procedimenti dinanzi all’Autorità giudiziaria, ovvero dinanzi a un’Autorità amministrativa, quando le offese concernono l’oggetto della causa o del ricorso amministrativo. Ma, questa speciale scriminante non opera quando un avvocato accusa falsamente un collega di aver mancato ai propri doveri professionali nei confronti del proprio assistito, in questo caso si tratta di diffamazione.
    Un avvocato, nel corpo di una comparsa depositata nel corso di un procedimento civile, proposto da un collega per l’ottenimento della retribuzione delle proprie prestazioni professionali a favore di un suo assistito, accusa il collega di aver grandemente mancato ai propri doveri professionali nei confronti del proprio assistito, nell’ambito di un procedimento penale e in particolare mediante l’omessa comunicazione al cliente di un decreto di archiviazione del Pubblico Ministero, ai fini della proposizione di una tempestiva opposizione. Notizia rilevatasi falsa, stante la mancanza di un atto di archiviazione. In altri termini non poteva assolutamente addossarsi al comportamento professionale del suddetto avvocato l’inesistente omissione indicata quale effettivamente realizzatasi nell’atto defensionale presentato dall’avvocato nel relativo procedimento civile. In primo grado l’avvocato che aveva presentato la comparsa, accusando il collega, viene ritenuto responsabile del reato di diffamazione. Ma, in secondo grado il giudice di appello applica la scriminante di cui alla norma citata. Si arriva in Cassazione. Con la Sentenza n. 29235/2011, la Suprema Corte conferma l’inapplicabilità al caso di specie della scriminante di cui all’art. 598 c. p. In tema di delitti contro l’onore, perché possa sussistere la scriminante prevista dall’articolo 598 c.p., è necessario che le espressioni offensive concernano, in modo diretto e immediato, l’oggetto della controversia e abbiano rilevanza funzionale per le argomentazioni poste a sostegno della tesi prospettata, per cui deve ritenersi invalicabile il vincolo della rilevanza dell’offesa in ordine all’oggetto della contesa.
    L’articolo 598 c.p. incanala l’esercizio del diritto in limiti specifici, connessi alla destinazione dell’atto orale o scritto per se stesso al Giudice o a un organo amministrativo di controllo del corretto comportamento altrui, sia sotto il profilo oggettivo, sia sotto quello soggettivo, ovvero in rapporto all’esercizio attuale del diritto al contraddittorio di una parte nel procedimento. Nella fattispecie sottoposta all’esame della Corte non può dubitarsi, peraltro, dell’esistenza della rilevanza delle espressioni adoperate nel corpo della comparsa defensionale in merito alla controversia nella quale venne prodotta, trattandosi di contestazioni attinenti alla richiesta delle retribuzioni per la prestazione dell’attività professionale dell’avvocato in favore del suo assistito.
    Quella che, tuttavia, è sfuggita al giudice di merito è la circostanza che nella specie non si versi in ipotesi di mere offese contenute nell’atto espressione del diritto di difesa tecnica, ma nell’attribuzione di fatti sicuramente falsi ma, in ipotesi, addirittura rientranti nella fattispecie della calunnia, con conseguente trasformazione della comparsa difensiva da fatto diffamatorio a fatto calunnioso, rispetto al quale, evidentemente, non può ritenersi operante l’esimente di cui all’articolo 598 c.p.
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