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  • QUAND’È CHE I GENITORI NON SONO IDONEI A CRESCERE ED ASSISTERE I FIGLI MINORI

    La Cassazione ha stabilito il principio che l’amore e l’affetto dei genitori è necessario ma non sufficiente per crescere i figli.

    Il Tribunale per i Minorenni dell’Emilia Romagna ha dichiarato lo stato di adottabilità di quattro bambine, figlie naturali di una giovane coppia, osservando che, nonostante i continui ed importanti interventi di sostegno, non erano mai emersi nei genitori, cui erano stati riconosciuti limiti della personalità, né la consapevolezza della gravità della situazione né impegno e collaborazione con gli operatori sociali.

    Marito e moglie non ritenevano giusto che i figli venissero portati via dalla casa familiare in quanto loro erano comunque in grado di dare quel calore e quell’affetto che difficilmente i bimbi avrebbero ricevuto in altra famiglia. Sulla situazione si pronunciava anche la Cassazione, in seguito al ricorso presentato dai genitori.

    La Cassazione nel prendere la decisione aveva ritenuti alcuni episodi significativi, quali: il rifiuto della madre di inserirsi con due delle figlie in una struttura, preferendo abitare con il convivente in un alloggio abusivamente occupato; la sua pretesa di uscire con le bambine nonostante la più grande di esse avesse avuto il giorno prima la febbre a 39°; la libertà lasciata alle bambine di giocare con i cavi del fornetto a microonde e con il cassetto dei coltelli; l’uso di un solo piatto per far mangiare contemporaneamente le bambine che lei stessa imboccava anziché favorire che mangiassero da sole; l’assoluta mancanza di pulizia delle bambine, che, all’atto dell’allontanamento, erano state trovate in pessime condizioni igieniche, maleodoranti e con evidenti segni di disagio.

    I genitori sostenevano in sede di giudizio che l’adozione è considerata una “extrema ratio” cui è possibile ricorrere quando il minore si trovi in stato di abbandono, che si verifica allorché sia privo di assistenza morale e materiale da parte dei genitori in misura tale da determinarne in concreto un grave pericolo di compromissione per la salute e le possibilità di un armonico sviluppo fisico e psichico, e non era questo il caso.

    Certamente corretto è il principio di diritto posto dai genitori in sede di giudizio. Non v’è dubbio infatti che il minore ha il diritto di crescere e di essere educato nell’ambito della sua famiglia d’origine, come espressamente prevede in armonia con il dettato costituzionale art. 30.
    Del tutto condivisibile è pertanto l’affermazione di principio espressa dai genitori, vale a dire che l’istituto dell’adozione è da considerarsi una “extrema ratio” cui ricorrere solo allorché il minore risulti privo di assistenza morale e materiale da parte dei genitori o dei parenti tenuti a provvedervi e di conseguenza esposto a gravi pericoli per la sua salute fisica e psichica.

    Ma dopo una tale corretta premessa, i genitori trascurano infatti l’aspetto principale dell’articolata motivazione della sentenza, basata sulla riscontrata inutilità dei numerosi interventi sociali operati nei confronti della giovane coppia la quale, nonostante le precarie condizioni sotto vari profili (economico, logistico, consapevolezza della situazione), ha dato luogo a continue gravidanze (ben quattro figlie in quattro anni), giustificate, oltre tutto, dal desiderio di avere un figlio maschio. Praticamente il giudizio della Corte, è un giudizio di inidoneità dei genitori a crescere ed assistere i figli minori.

    La Cassazione con la sentenza del 3.11.2009, n. 24589, ha stabilito il principio che l’amore e l’affetto dei genitori è necessario ma non sufficiente per crescere i figli.

    http://www.ilmediano.it/aspx/visArticolo.aspx?id=14549

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