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  • La trasformazione del balcone in veranda: quando è illegittima la veranda dev’essere rimossa

    Una condomina, proprietaria di un’unità immobiliare, sulla scorta delle necessarie autorizzazioni amministrative e di una deliberazione condominiale, realizza una veranda chiudendo il balcone di pertinenza del suo appartamento. Un altro condomino, convinto dell’illegittimità di questa realizzazione, agisce in giudizio in per ottenere la rimozione della veranda medesima. Tutto ruotava attorno alla lesione del diritto di veduta del proprietario dell’appartamento del piano superiore rispetto a quello in cui s’era realizzata la veranda. Per completezza è bene ricordare che la norma di riferimento è l’art. 907 c.c., che recita:

    “ Quando si e acquistato il diritto di avere vedute dirette verso il fondo vicino, il proprietario di questo non può fabbricare a distanza minore di tre metri, misurata a norma dell'art. 905.

    Se la veduta diretta forma anche veduta obliqua, la distanza di tre metri deve pure osservarsi dai lati della finestra da cui la veduta obliqua si esercita.

    Se si vuole appoggiare la nuova costruzione al muro in cui sono le dette vedute dirette od oblique, essa deve arrestarsi almeno a tre metri sotto la loro soglia”.

    Le pretese del condomino, leggendo quanto deciso dalla Corte di Cassazione con la sentenza n. 15186 dello scorso 11 luglio, sono state ritenute fondate. La Cassazione, prima di giungere alla decisione dell’infondatezza del ricorso presentato, è partita dalla nozione generale di rispetto delle distanze e del diritto di veduta contenuto nell’art. 907 c.c. per giungere a constatare che essa non era applicabile al caso sottoposto alla sua attenzione. In tal senso si legge in sentenza che “ il proprietario di un appartamento sito in un edificio condominiale non può eseguire nella sua proprietà esclusiva opere che, in contrasto con quanto stabilito dalla norma dell'art. 1122 c.c., rechino danno alle parti comuni dell'edificio stesso, né, a maggior ragione, opere che, attraverso l'utilizzazione delle cose comuni, danneggino le parti di una unità immobiliare di proprietà esclusiva di un altro condomino (Cass. n. 1132 del 1985)”(Cass. 11 luglio 2011 n. 15186).

    Partendo da questo presupposto la Corte regolatrice “ ha quindi rilevato che il condomino che abbia trasformato il proprio balcone in veranda, elevandola sino alla soglia del balcone sovrastante, non è soggetto, rispetto a questa, all'osservanza delle distanze prescritte dall'art. 907 cod. civ. nel caso in cui la veranda insista esattamente nell'area del balcone, senza debordare dal suo perimetro, in modo da non limitare la veduta in avanti e a piombo del proprietario del balcone sovrastante, giacché l'art. 907 citato non attribuisce a quest'ultimo la possibilità di esercitare dalla soletta o dal parapetto del suo balcone una inspectio o prospectio obliqua verso il basso e contemporaneamente verso l'interno della sottostante proprietà (Cass. n. 3109 del 1993)” (Cass. ult. cit.) .

    In questo quadro d’insieme gli ermellini hanno evidenziato che la Corte d’appello, che aveva emesso la sentenza impugnata, “ ha tratto coerentemente la conseguenza della illegittimità della condotta della ricorrente, la quale ha realizzato sul proprio terrazzo una veranda pur in assenza al piano soprastante di un balcone aggettante” (Cass. 11 luglio 2011 n. 15186). Come dire: la veranda lede il diritto di veduta e dev’essere quindi demolita.

    http://www.condominioweb.com/condominio/articolo741.ashx

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