Rassegna di normativa, dottrina, giurisprudenza

Ricerca in Foro di Napoli
  • PRATICANTI AVVOCATI ABILITATI AL PATROCINIO: LE CONSEGUENZE DELLA SCADENZA DEL TERMINE DI ABILITAZIONE

    CORTE DI CASSAZIONE, SEZIONI UNITE - SENTENZA 30 giugno 2008, n.17761

    MASSIMA
    1. All'interno dell' unico registro dei praticanti, cui ? consentita l'iscrizione a tempo indeterminato, sussiste una specifica categoria costituita dai "praticanti ammessi al patrocinio"; e mentre ? indubbiamente vero che chi perda la qualifica di praticante perde automaticamente il patrocinio, non esistono argomenti per affermare il reciproco, cio? che la perdita del patrocinio (per decorrenza del sessennio) comporti la cancellazione anche dal registro dei praticanti.
    2. Il laureato in giurisprudenza che abbia soddisfatto le condizioni per l'accesso all'esame di avvocato ben pu? avere interesse a proseguire nella pratica forense ed a svolgere tale pratica non in veste informale, bens? con una precisa qualifica ed in un rapporto di giuridica dipendenza da un professionista gi? abilitato.
    CASUS DECISUS
    Il Consiglio dell'Ordine degli Avvocati di Verona propone ricorso (iscritto al RG. n. 12019/2007) avverso la decisione del Consiglio Nazionale Forense del 19 gennaio - 26 febbraio 2007 con la quale ? stata accolta l'impugnazione della dott.ssa E. R. contro il provvedimento di cancellazione dal registro dei praticanti avvocati deliberato il 29 dicembre 2005 dal COA di Verona sul presupposto dell'intervenuto decorso del sessennio per l'abilitazione al patrocinio, dopo l'ottenimento del certificato attestante il compimento della pratica forense. Nella decisione impugnata il CNF ha ritenuto che, mentre l'abilitazione al patrocinio deve essere dichiarata cessata alla scadenza del sessennio, non ? invece previsto alcun limite temporale per l'iscrizione al registro dei praticanti avvocati non abilitati al patrocinio, non essendo contemplata, tra le ipotesi di cancellazione dal registro di cui all'art. 14 del r.d. 22 gennaio 1934, n. 37, n? quella della scadenza del sessennio di iscrizione al patrocinio, n? quella dell'avvenuto rilascio del certificato di compiuta pratica al termine del periodo stabilito dall'art. 17, comma 1, n. 5, del r.d.l. n. 1578 del 1933, il quale individua esclusivamente ?il termine minimo di almeno due anni consecutivi, senza, peraltro, fissare limiti temporali massimi per il compimento della pratica ed il correlativo necessario mantenimento dell'iscrizione nel predetto registro?. In definitiva, ad avviso del CNF, non si rinvengono "specifiche disposizioni contrarie" - diversamente da quanto, ad esempio, ? disciplinato dal D.M. 2 dicembre 1977 in materia di praticantato per l'ammissione all'esame di Stato per l'abilitazione all'esercizio della professione di consulente del lavoro - che impediscano al praticante avvocato di "rimanere iscritto nel registro senza limitazioni di tempo e sino a quando non avr? superato l'esame abilitativo?. Resiste con controricorso la dott.sa Ronconi argomentando per la manifesta infondatezza ed inammissibilit? del ricorso e per la condanna ex art. 96 cod. proc. civ. del COA di Verona.
    ANNOTAZIONE
    L'art. 8 del R.D.L. 27 novembre 1933 n. 1578, prevede al suo primo comma che i laureati in giurisprudenza che svolgano la pratica per la professione di avvocato ?siano iscritti, a domanda e previa certificazione dell'avvocato di cui frequentano lo studio, in un registro speciale tenuto dal consiglio dell'ordine degli avvocati presso il tribunale nel cui circondario hanno la residenza, e siano sottoposti al potere disciplinare del consiglio stesso?, senza alcuna previsione di specifiche decadenze della iscrizione all?albo stesso. Un termine (di sei anni) ? invece previsto dal comma 2 del medesimo art. 8 secondo cui ?i praticanti avvocati, dopo un anno dalla iscrizione nel registro di cui al primo comma, sono ammessi, per un periodo non superiore a sei anni, ad esercitare il patrocinio davanti ai tribunali del distretto nel quale ? compreso l'ordine circondariale che ha la tenuta del registro suddetto (?). Davanti ai medesimi tribunali e negli stessi limiti in sede penale, essi possono essere nominati difensori d'ufficio, esercitare le funzioni di pubblico ministero e proporre dichiarazione di impugnazione sia come difensori sia come rappresentanti del pubblico ministero?. Prescrivendo poi il terzo comma che i praticanti ammessi al patrocinio debbano prestare giuramento.
    Posto il dettato normativo, la ?querelle? interpretativa ? un?altra: cosa accade qualora il praticante abilitato al patrocinio non superi l?esame da avvocato nei sei anni successivi al conseguimento della medesima abilitazione? Disattendendo le ragioni impugnatorie del COA di Verona avverso la decisione del CNF, le Sezioni Unite escludono che il superamento del limite dei sei anni possa giustificare la cancellazione del tirocinante dallo speciale registro dei praticanti avvocati. Ed infatti, se ? indubbiamente vero ?che chi perda la qualifica di praticante perde automaticamente il patrocinio, non esistono argomenti per affermare il reciproco, cio? che la perdita del patrocinio (per decorrenza del sessennio) comporti la cancellazione anche dal registro dei praticanti?. A sostegno della contraria tesi ?osserva il Supremo Consesso di legittimit?- non vale n? la considerazione che l'iscrizione nel registro dei praticanti ? ammessa e consentita (solo) per lo svolgimento della pratica e per ottenere il certificato che attesti il suo compimento, allo scopo di sostenere l'esame di abilitazione alla professione di avvocato, sicch? soltanto "lo svolgimento di un'utile pratica sarebbe condizione utile per il mantenimento della iscrizione al registro": il laureato in giurisprudenza che abbia soddisfatto le condizioni per l'accesso all'esame di avvocato, infatti, ben pu? avere interesse a proseguire nella pratica forense ed a svolgere tale pratica non in veste informale, bens? con una precisa qualifica ed in un rapporto di giuridica dipendenza da un professionista gi? abilitato. N? altres? appare sufficiente il richiamo all'art. 14, comma l, lett. c), del r.d. n. 37 del 1934, che, in riferimento all'art. 4 dello stesso r.d., prescrive la cancellazione per il caso di interruzione della pratica per un periodo superiore a sei mesi, rimanendo privo di effetti il periodo di pratica gi? compiuto: ?la norma dimostra soltanto come il tirocinio sia previsto come uno status funzionale all'esame, ma non che esso debba essere obbligatoriamente contenuto nei tempi minimi necessari per l'accesso all'esame?. Certamente nobile ed apprezzabile sul piano giuridico ? lo scopo perseguito dal COA di Verona: quello di contenere il fenomeno dei cc.dd. "miniavvocati a vita", cio? di soggetti che, senza conseguire la qualifica di avvocato, ne esercitano le funzioni, magari con l'aiuto di un professionista compiacente. Ma le Sezioni Unite non trascurano di evidenziare come tale obbiettivo sia recepito attraverso la disposizione che pone un limite temporale al patrocinio dei praticanti e che prevede, allo spirare di tale termine, che il patrocinante sia legittimato esclusivamente a proseguire nella pratica (con un?attivit? tipicamente di ausilio e di apprendimento sotto il controllo continuo di chi sia iscritto all'albo), comminando sanzioni penali e disciplinari a carico del soggetto che travalichi i limiti di quanto gli consente la sua laurea in giurisprudenza e dell'avvocato che gli offra copertura. In conclusione: il mancato superamento dell?esame da avvocato entro il termine di sei anni dal conseguimento della abilitazione al patrocinio, non comporta ?ex se? la cancellazione del soggetto dal registro dei praticanti, ma semplicemente la regressione dello stesso alla qualifica di ?praticante non ammesso ad esercitare il patrocinio?.
    TESTO DELLA SENTENZA

    CORTE DI CASSAZIONE, SEZIONI UNITE - SENTENZA 30 giugno 2008, n.17761 - Pres. Criscuolo - est. Cicala

    Motivi della decisione

    Per la cassazione della decisione del CNF, il ricorrente si affida ad un unico motivo con il quale denuncia la violazione: degli artt. 8, comma 3, e 16, comma 5, del r.d.l. 27 novembre 1933, n. 1578; degli artt. 4 comma 3, 10, comma 1, 14, comma 1, lett. c) e lett. d), e comma 4, del r.d. 22 gennaio 1934 n. 37, "per aver il CNF affermato che non ? previsto alcun termine della iscrizione del praticante avvocato nell'apposito registro".

    Secondo il ricorrente "la regola di diritto da applicare, nel caso in discussione", sarebbe la seguente:

    ?Il praticante avvocato, al quale sia stato rilasciato il certificato di compiuta pratica e per il quale sia decorso il sessennio per l'abilitazione al patrocinio, deve essere cancellato dal registro essendo venuto meno lo scopo (preparazione all'esame di avvocato) per il quale ? istituito il registro e ci? in forza di una corretta e sistematica interpretazione delle norme che disciplinano la materia: artt. 8, comma 3, e 16, comma 5, del r.d.l. 27 novembre 1933, n. 1578 (Ordinamento della prof?ssione di avvocato) e degli artt. 4, comma 3, 10, comma 1, 14, comma 4 lett. e) e lett. d), e comma 4, del r.d. 22 gennaio 1934, n. 37 (Regolamento della professione di avvocato)?.

    Il ricorrente adduce la contraddittoriet? dell'orientamento assunto nella specifica materia dal CNF, sostenendo che esso si sarebbe espresso in talune occasioni per la cancellazione dal registro, mentre in altre avrebbe escluso la possibilit? della cancellazione stessa; ritiene, altres?, che, in argomento, risultino due pronunce delle Sezioni Unite (Cass., SU., n. 21945 del 2004 e Cass., SU., n. 12543 del 2006) che, l'una esplicitamente (la sentenza del 2004) e l'altra implicitamente, avrebbero affermato il principio della dovuta cancellazione del praticante dal registro dopo il rilascio del certificato di compiuta pratica e la decorrenza del tesserino di abilitazione.

    I due richiami non appaiono pertinenti.

    Dall'esame della sentenza 21945/2004 emerge infatti che nel caso di specie il ricorrente non chiedeva di conservare la condizione soggettiva di mero "praticante" bens? "la conservazione di uno status giuridico attribuitogli formalmente dal Consiglio dell'ordine degli avvocati di Roma (abilitazione al patrocinio innanzi alle preture, ovvero nei limiti stabiliti dal D.L.vo 19 febbraio 1998 n. 51 e succ.ve modifiche)".

    Mentre la sentenza 12543 fornisce addirittura elementi in senso opposto perch? ribadisce il potere disciplinare dei COA e del CNF nei confronti dei (meri) praticanti avvocati che abbiano perso il "patrocinio"; in quanto "in virt? della disciplina vigente, nella categoria dei praticanti avvocati risulta introdotta la distinzione fra praticanti non ammessi e praticanti ammessi ad esercitare, per un tempo determinato, il patrocinio, per cui il venir meno del riconosciuto ius postulandi non comporta anche il venir meno dello status stesso di praticante e dell'interesse del soggetto a continuare ad essere iscritto nel registro speciale "ai fini dello svolgimento della pratica con esclusione del patrocinio stesso" (R.D. n. 37 del 1934, art. 14, comma 4), con la conseguenza ulteriore che, sino a quando non intervenga il provvedimento di cancellazione dal registro dei praticanti, il praticante continua ad essere assoggettato al potere disciplinare del Consiglio dell'Ordine".

    Per quanto attiene al merito della controversia, il Collegio osserva che l'art. 8 del R.D.L. 27 novembre 1933 n. 1578, prevede al suo primo comma che i laureati in giurisprudenza che svolgano la pratica per la professione di avvocato "siano iscritti, a domanda e previa certificazione dell'avvocato di cui frequentano lo studio, in un registro speciale tenuto dal consiglio dell'ordine degli avvocati presso il tribunale nel cui circondario hanno la residenza, e siano sottoposti al potere disciplinare del consiglio stesso". E, come ? agevole constatare, la norma non pone alcun limite temporale alla durata della iscrizione nel summenzionato registro.

    Un termine (sei anni) ? invece previsto dal comma 2 del medesimo art. 8 secondo cui "i praticanti avvocati, dopo un anno dalla iscrizione nel registro di cui al primo comma, sono ammessi, per un periodo non superiore a sei anni, ad esercitare il patrocinio davanti ai tribunali del distretto nel quale ? compreso l'ordine circondariale che ha la tenuta del registro suddetto, limitatamente ai procedimenti che, in base alle norme vigenti anteriormente alla data di efficacia del decreto legislativo di attuazione della L. 16 luglio 1997, n. 254, rientravano nella competenza del pretore. Davanti ai medesimi tribunali e negli stessi limiti in sede penale, essi possono essere nominati difensori d'ufficio, esercitare le funzioni di pubblico ministero e proporre dichiarazione di impugnazione sia come difensori sia come rappresentanti del pubblico ministero". E il terzo comma prescrive che i praticanti ammessi al patrocinio debbano prestare giuramento.

    Dal disposto normativo emerge, ad avviso del Collegio, che all'interno dell' unico registro dei praticanti, cui ? consentita l'iscrizione a tempo indeterminato, sussiste una specifica categoria costituita dai "praticanti ammessi al patrocinio"; e mentre ? indubbiamente vero che chi perda la qualifica di praticante perde automaticamente il patrocinio, non esistono argomenti per affermare il reciproco, cio? che la perdita del patrocinio (per decorrenza del sessennio) comporti la cancellazione anche dal registro dei praticanti.

    Il COA di Verona tenta di forzare la lettera della legge attraverso il richiamo ad una "ratio" che nella legge non trova appiglio.

    Sostiene in primo luogo che l'iscrizione nel registro dei praticanti ? ammessa e consentita (solo) per lo svolgimento della pratica e per ottenere il certificato, che attesti, il suo compimento, allo scopo di sostenere l'esame di abilitazione alla professione di avvocato", sicch? soltanto "lo svolgimento di un'utile pratica sarebbe condizione utile per il mantenimento della iscrizione al registro". E dunque chi abbia conseguito la condizione soggettiva necessaria per l'accesso all'esame di avvocato dovrebbe esser cancellato dal registro.

    Il Collegio non ritiene di poter condividere simile tesi; il laureato in giurisprudenza che abbia soddisfatto le condizioni per l'accesso all'esame di avvocato ben pu? avere interesse a proseguire nella pratica forense ed a svolgere tale pratica non in veste informale, bens? con una precisa qualifica ed in un rapporto di giuridica dipendenza da un professionista gi? abilitato.

    N? appare sufficiente in senso contrario il richiamo all'art. 14, comma l, lett. c), del r.d. n. 37 del 1934, che, in riferimento all'art. 4 dello stesso r.d., prescrive la cancellazione per il caso di interruzione della pratica per un periodo superiore a sei mesi, rimanendo privo di effetti il periodo di pratica gi? compiuto; la norma dimostra infatti soltanto come il tirocinio sia previsto come uno status funzionale all'esame, ma non che esso debba essere obbligatoriamente contenuto nei tempi minimi necessari per l'accesso all'esame.

    D'altronde, se cos? non fosse, non si comprenderebbe perch? la legge consenta al praticante di accedere al patrocinio per un periodo di sei anni, che si protrae anche quando il praticante sia gi? legittimato a presentarsi all'esame.

    In realt? il COA di Verona persegue uno scopo apprezzabile e conforme alla legge: contenere il fenomeno dei "miniavvocati a vita", cio? di soggetti che senza conseguire la qualifica di avvocato ne esercitano le funzioni, magari con l'aiuto di un professionista compiacente.

    Tale obbiettivo ? per? recepito dalla legge attraverso la disposizione che pone un limite temporale al patrocinio dei praticanti; con la scadenza di tale termine il patrocinante ? legittimato soltanto a proseguire nella pratica cio? a svolgere la sua attivit? di ausilio e di apprendimento sotto il controllo continuo di chi sia iscritto all'albo, come dimostra anche il fatto che per lo svolgimento della (mera) pratica non ? richiesto quel giuramento che ? invece richiesto per lo svolgimento di attivit? "a rilevanza esterna". Ove i limiti di legge siano superati, ed il praticante svolga una vera e propria attivit? professionale (come paventa il ricorrente a pag. 12 dell'atto introduttivo) sono applicabili le sanzioni penali e disciplinari a carico del soggetto che travalichi i limiti di quanto gli consente la sua laurea in giurisprudenza e dell'avvocato che gli offra copertura.

    Non esiste, invece, uno strumento giuridico che consenta di dedurre dal venir meno del patrocinio il venir meno anche del tirocinio.

    Il COA di Verona adduce in proposito argomenti che non paiono risolutivi.

    Il pi? rilevante viene dedotto dall'art. 14, comma l, lett. d) del r.d. n. 37/1934, che prevede la cancellazione dal registro del praticante ammesso al patrocinio che non abbia prestato il giuramento prescritto dall'art. 8 dello steso r.d.; dunque l'omissione del giuramento non determina solo il mancato accesso alla condizione di patrocinante, bens? anche la perdita della qualifica di laureato in tirocinio; e ci? costituisce indubbiamente una forma di connessione fra le due qualifiche. Non sembra per? possibile dedurre da simile norma di dettaglio un principio generale ed estendere tale connessione al ben diverso caso di perdita del patrocinio per decorrenza del sessennio. Tanto pi? che nulla vieta che il patrocinante cancellato dal registro per omesso giuramento vi si reiscriva (chiedendo o meno l'ammissione anche al patrocinio).
    Nessun rilievo pu? poi attribuirsi all'art. 14, comma 4 del r.d. 37 secondo cui "i praticanti cancellati dal registro speciale hanno il diritto di esservi nuovamente iscritti qualora dimostrino, se ne ? il caso, la cessazione dei fatti che hanno determinato la cancellazione, e l'effettiva sussistenza dei titoli in base ai quali furono originariamente iscritti, e siano in possesso dei requisiti di cui ai nn. 1, 2 e 3 dell'art. 17 del r.d.l. 27 novembre 1933, n. 1578".
    Dalla norma non si deduce infatti in alcun modo che (come vorrebbe invece il COA di Verona) "la reiscrizione nel registro ? ammessa al solo fine del completamento della pratica, perch?, altrimenti, la iscrizione sarebbe inutile".
    Infine nulla ? possibile dedurre dall'art. 16, comma 5. del r.d.l. n. 1578 del 1933, che impone al Consiglio dell'ordine di aggiornare il registro dei praticanti, da cui si deduce che ? "obbligo del Consiglio dell' ordine provvedere alla cancellazione di coloro che non hanno pi? titolo per mantenerla"; ma non che il compimento della pratica determini la cancellazione dal registro.
    In definitiva il ricorso deve essere rigettato.
    Stante la novit? della questione risolta appare opportuno procedere a compensazione delle spese; ed, a maggior ragione, non ricorrono le condizioni di cui all'art. 96 c.p.c..
    P.Q.M.
    La Corte rigetta il ricorso. Compensa fra le parti le spese del presente grado di giudizio.
    fonte Neldiritto

0 comments:

Leave a Reply