Servono più donne capi d’azienda. Presto la Legge
Non c’è traccia di donne alla guida dell’Agcom (Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni), non se ne vedono dalle parti dell’Autorità per l’Energia. All’interno della Consob (la Commissione che vigila sulle Società di Borsa) il loro numero è pari a zero e lo stesso vale per l’Autorità Garante della Privacy. La lista potrebbe continuare. Nel privato, le cose non vanno molto meglio e il tempo delle riflessioni sembra ormai scaduto: per risolvere la questione della partecipazione femminile – si badi, per ora in economia, la politica dovrebbe rimanere affar maschile – è probabile si faccia una legge. Vecchio tema, quello delle quote rosa, così come vecchio è il modo pensato per risolvere il problema.
LA LEGGE: IL 40% DEI CDA SARA’ FATTO DA DONNE
Nel nostro Paese, pare che solo il 3% dei consiglieri di amministrazione delle imprese quotate sono donne, contro il 13% della media europea e il 33% della Norvegia. Le nostre donne sono meno capaci? A questa sterile, sciocca, infondata ipotesi non crede più nessuno e l’unico modo per ristabilire equità e finalmente introdurre un po’ di sana meritocrazia sembra essere una legge ad hoc. Il disegno di legge Germontani prevede infatti che il CdA di ogni impresa quotata in Borsa presenti almeno 4 componenti su 10 di sesso femminile, nel tentativo di imitare il cosiddetto “modello norvegese”. La legge sulle quote rosa è già sotto la lente d’ingrandimento della Commissione Finanze del Senato e presto si tornerà a discuterne. Dopo molte ricerche, infatti, è stato dimostrato che le aziende dove le presenza femminile ai vertici è elevata, fanno più profitti e crescono di più. Questi risultati emergono perché le donne eccellenti contribuiscono con le loro particolari doti di sensibilità alle relazioni umane, intelligenza emotiva e flessibilità che sono l’essenza della leadership.
STRADA GIUSTA?
Con molto buonsenso e uno sforzo di umiltà da parte maschile la questione delle quote rosa in economia si potrebbe risolvere. In fondo, le donne non fanno carriera quanto gli uomini perchè non vengono promosse: allora basta fare controlli sui meccanismi di carriera e promozione, magari istituendo regolamenti che prevedano la figura di un garante che vigili contro discriminazioni e pregiudizio. Oppure basterebbe che l’obbligo venisse previsto dal Regolamento di Borsa, per ciò cha attiene alle società quotate. In effetti negli ultimi mesi si sono moltiplicati i casi di ricorso al Tar contro giunte comunali o provinciali che non avessero donne: qui la presenza femminile è soggetta a regolazione giudiziaria, ma questa è politica, non economia. In un dossier preparato da Professional Women’s Association, sono stati raccolti i profili di 72 donne “Ready for board”: un progetto patrocinato anche dal Ministero per le Pari Opportunità, in cui compaiono manager e professioniste poco note al grande pubblico ma già con ruoli di rilievo in grandi gruppi. A volte le imprese si fidano più degli uomini poichè più visibili e conosciuti e anche la via della maggiore promozione è una via da percorrere.
Marco Ferrante
Fonti: adnkronos – google
0 comments: