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  • Dispetti post-matrimoniali :appropriazione indebita

    Corte di Cassazione, Seconda Sezione Penale, sentenza n. 37498/2009
    La Seconda Sezione Penale della Corte di Cassazione, sentenza n. 37498/2009, ha confermato che s'incappa nel reato di appropriazione indebita a carico del coniuge separato che impedisce all'altro di ritornare in possesso di oggetti (automobile) e di effetti personali. Nella sentenza si legge che “il delitto di appropriazione indebita si consuma nel momento in cui l’agente tiene consapevolmente un comportamento oggettivamente eccedente la sfera delle facoltà ricomprese nel titolo del suo possesso ed incompatibile con il diritto del titolare…”.
    “Da tale principio …, si desume che il reato in questione, è consumato nel momento in cui il soggetto agente esercita la signoria sul beni uti dominus e non è necessario che la parte offesa debba formulare un’esplicita e formale richiesta di restituzione dello specifico bene oggetto della interversione del possesso”.
    Ad aggravare si nota che “la situazione di fatto maturata fra le parti (separazione con allontanamento della parte offesa dalla casa di abitazione senza il ritiro dei propri oggetti personali e della autovettura) e la corrispondenza intercorsa fra i legali, consente di ritenere che l’imputato ha avuto modo di comprendere perfettamente di trattenere presso di se oggetti appartenenti alla parte offesa …”. Ai fini della configurabilità del reato in esame non era indispensabile nemmeno una richiesta ufficiale di riconsegna delle cose. Praticamente l’appropriazione indebita viene posta in essere nel momento in cui il soggetto agente esercita la signoria sui beni uti dominus e non è necessario che la parte offesa debba formulare un’esplicita e formale richiesta di restituzione dei beni oggetto dell’interversione del possesso. Così i Giudici hanno confermato la condanna a 15 giorni di reclusione e 100 euro di multa nei confronti di un 60enne emiliano.
       La condotta incriminata consiste nell'appropriarsi, nell'omettere di restituire la cosa di proprietà altrui, al legittimo proprietario; in definitiva il soggetto che precedentemente aveva la cosa in solo possesso, successivamente all'appropriazione, la ha in proprietà, cioè agisce sulla cosa con quel potere di signoria che è intrinseco nella proprietà, e non  il possessore; ad esempio l'alienazione, la consumazione, la ritenzione oltre il tempo stabilito, la distrazione, consistente nel dare alla cosa un uso diverso da quello per il quale il soggetto ne aveva avuto il possesso, costituiscono potere di signoria del proprietario, e non del possessore. In conclusione il reato in oggetto si configura tutte le volte in cui chi dispone della cosa, dia ad essa una destinazione incompatibile con il titolo e le ragioni che ne giustificano il possesso.
       L'oggetto materiale della condotta è la cosa mobile o il denaro, e più in generale tutte le cose fungibili.
       A differenza del furto, l'appropriazione indebita consiste nella appropriazione, da parte dell'autore del reato, di denaro o di una cosa mobile, di cui ha già il possesso (nel senso della sola detenzione), allo scopo di trarne profitto.
    Si pensi al caso di chi si impossessi di denaro altrui, avuto per svolgere una determinata commissione, o chi voglia trarre profitto appropriandosi di beni di cui è solo custode, oppure chi tenga per sé un'automobile presa a noleggio, e via dicendo.
    Tale comportamento deve essere realizzato con dolo, cioè con la volontà di appropriasi del denaro o della cosa, sapendo di agire senza diritto e allo scopo di trarne utilità. Il dolo specifico richiesto dall'art.646 c.p. presuppone l'intento di procurare a sé o ad altri un ingiusto profitto. Il termine ingiusto, non è sicuramente un caso di antigiuridicità speciale, come sostenuto per lungo tempo da parte della dottrina, ma è la volontà del legislatore di assicurarsi che l'interesse  perseguito non trovi giustificazione alcuna in una pretesa avallata dall'ordinamento giuridico. In conclusione viene ad essere escluso il dolo specifico nel caso in cui l'agente pensi di conseguire un profitto giusto e giustificato da altri diritti riconosciuti dalle normative.
    In questo caso impedire all’ex moglie di tornare in possesso della propria autovettura e degli oggetti personali rientra nell' appropriazione indebita. Il delitto di cui all’articolo 646 c.p., infatti, si consuma nel momento in cui l’agente tiene consapevolmente un comportamento oggettivamente eccedente la sfera delle facoltà ricomprese nel titolo del suo possesso ed incompatibili col diritto del titolare, in quanto significativo dell’immutazione del mero possesso in dominio.
    La pena per l'appropriazione indebita è la reclusione fino a 3 anni e la multa, con pena aumentata nei casi aggravati. Nelle ipotesi non aggravate è necessaria la querela della vittima del reato.
    Art. 646 appropriazione indebita
    "Chiunque, per procurare a se' o ad altri un ingiusto profitto, si appropria il denaro o la cosa mobile altrui di cui abbia, a qualsiasi titolo, il possesso, e' punito, a querela della persona offesa con la reclusione fino a tre anni e con la multa fino a lire due milioni. Se il fatto e' commesso su cose possedute a titolo di deposito necessario, la pena e' aumentata. Si procede d'ufficio se ricorre la circostanza indicata nel capoverso precedente o taluna delle circostanze indicate nel n. 11 dell'articolo 61."

    fonte http://www.overlex.com/leggisentenza.asp?id=1299

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