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E’ vietato l’affidamento diretto della direzione lavori al progettista
L’art.130 co.2 lett.b) D.Lgs. n.163/2006, che consente l’affidamento diretto dell’attività di direzione lavori al progettista, contrasta con la disciplina comunitaria (direttive in materia vigenti e trattato CE) e deve essere disapplicato.
Questo è quanto afferma il TAR Puglia- Lecce - Sez. III con la sentenza 20 febbraio 2010 n.576.
La questione prende le mosse dal ricorso presentato da un ingegnere, già incaricato dall’Amministrazione della redazione della progettazione esecutiva, il quale impugna l’avviso pubblico con cui la stessa indice la selezione per l’affidamento della direzione lavori ad un professionista.
Il Collegio, nel rigettare il ricorso, richiama l’orientamento dalla Corte di Giustizia (seppur relativo alla previgente L.109/94, che tuttavia sul punto reca la medesima disciplina), la quale si sofferma sull’affidamento dell’attività in questione sia al di sopra che al di sotto della soglia comunitaria.
Sul punto, i giudici comunitari affermano che “in quanto l’affidamento delle attività di verifica dei lavori deve essere effettuata conformemente alle regole enunciate dalle direttive 92/50 e 93/38, l’affidamento a soggetti esterni alle condizioni enunciate dagli artt. 28, comma 4, della legge n. 109/1994, e 188 del D.P.R. n. 554/1999, viola le dette direttive per quanto riguarda gli appalti che rientrano nel loro campo di applicazione”.
In merito, poi, agli appalti per i quali il valore dei servizi interessati è inferiore alla soglia di applicazione delle direttive 92/50 e 93/38, la Corte chiarisce che “l’assenza, nelle disposizioni nazionali applicabili, di menzione esplicita relativa all’applicazione degli obblighi derivanti dal Trattato, non può significare …che non è imposto il rispetto del principio di parità di trattamento e dell’obbligo di trasparenza nell’attribuzione di tali appalti purché siano soddisfatte le condizioni stabilite dalla giurisprudenza ...”.
Ritiene il collegio che quanto sostenuto dalla Corte vale nonostante l’abrogazione delle direttive richiamate, atteso che la stessa fa comunque riferimento al Trattato CE e che anche le direttive 2004/17/CE e 2004/18/CE confermano il rispetto dei principi comunitari di parità di trattamento, non discriminazione e trasparenza cui la sentenza fa riferimento.
In definitiva, “la disposizione di cui all’art. 130, comma 2, d.lgs. 163/06, dev’essere nel caso esaminato disapplicata in quanto in contrasto con il diritto comunitario [vieppiù ricordato che “la disapplicazione è doverosa non solo quando il diritto interno contrasti con una norma comunitaria di dettaglio ma anche qualora vi sia incompatibilità con i principi del Trattato (v. C. Giust. 9 settembre 2003 C-198/01, Cif, punti 49-50). Questo vale a maggior ragione quando, come nel caso in esame, i suddetti principi siano stati interpretati in via pregiudiziale dalla Corte”. Cfr. T.a.r. Lombardia Brescia, II, 4 agosto 2009, n. 1528]”.
fonte http://www.professionisti24.ilsole24ore.com/art/Professionisti24/Appalti/2010/02/direzionelavori.shtml?uuid=df56e8fa-221f-11df-bc23-7e37ad467041&DocRulesView=Libero
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