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  • LE BATTAGLIE DELLE CAMERE PENALI - Tribunale di Nola. Avv. Francesco De Vita

    Il dramma degli avvocati impegnati nella trattazione dei maxi processi a carico di imputati di violazione dell’art. 416 bis innanzi al Tribunale di Nola, tacciati, a causa del loro stato di agitazione, dalla ANM sia a livello nazionale sia a livello locale (Napoli) – come si evince dagli organi di stampa - di “paradossale agitazione degli avvocati”, di “assurdo attacco all’esercizio della giurisdizione”, di “attacco strumentale ed ingiustificato degli avvocati”, è semplicemente di non essere capiti da chi avrebbe ragione di capire. Ma ciò che è più grave, è l’assoluta disinformazione in merito degli organi di rappresentanza dei Magistrati, la quale chiaramente traspare dalle note emesse.
    Il sottoscritto avvocato è impegnato nella difesa di un solo imputato innanzi al Collegio B del Tribunale - i cui termini di scadenza di custodia cautelare dovrebbero essere lontani – e pertanto, può riferire solo su quanto è successo innanzi a tale Collegio, per adesso in maniera sommaria, con riserva di approfondimento dell’argomento.
    Il GIP dispose il rinvio a giudizio degli imputati in numero di 66 (originariamente gli imputati erano 117, dei quali una parte optò per il giudizio abbreviato, ed un’altra parte fu rinviata a giudizio innanzi alla Corte di Assise), per l’udienza del 20 maggio 2008 (Collegio A). Il 23 settembre 2008 si insediò il Collegio B, che rinviò il processo all’udienza del 17/10/2008. Da quel momento e fino a venerdì 6/11/2009 le udienze si sono tenute con la media di una ogni 2/3 settimane, di venerdì secondo quanto prescritto dal protocollo per la disciplina delle udienze penali del Tribunale di Nola, giorno riservato alla trattazione dei processi della DDA. Da quel momento, improvvisamente, senza previo, congruo avviso alle parti, come ritenuto doveroso anche dalla Corte Suprema di Cassazione (V. 1^ sezione penale, sent. n° 21034 del 6/6/2005), le udienze sono aumentate a due ogni settimana, compreso il 24/12/2009, vigilia di Natale. Col nuovo anno esse sono aumentate a tre, anche quattro, per settimana, compreso il sabato, con orario di trattazione che spesso si protrae fino a tarda serata. Il Tribunale, all’udienza del 29/1/2010 nel rigettare l’istanza di rinvio di alcuni difensori che intendevano partecipare il giorno successivo (sabato 30/1/2010) all’inaugurazione dell’anno giudiziario, con un provvedimento nel quale traeva impropriamente giustificazioni da una circolare del CSM, evidenziava che il processo aveva numerosi imputati detenuti, i cui termini di custodia cautelari erano prossimi a scadere. Ma non rese noto, né allora, né ha reso noto successivamente, chi fossero tali imputati e quando sarebbero scaduti i termini di custodia cautelare. È evidente, allora, come l’accellerazione dei tempi di trattazione del processo, sia per il numero delle udienze che per la loro durata, ha come finalità esclusiva del Tribunale quella di evitare la scadenza dei termini di custodia cautelare per un piccolo gruppo di detenuti.
    Pertanto, è di lampante comprensione come la protesta degli avvocati impegnati nel processo non è diretta assolutamente nei confronti di giudici “accusati di lavorare troppo, di essere troppo produttivi, di rimanere troppo tempo in aula e di compiere molti sforzi per arrivare alla conclusione del processo in tempi ragionevoli”, ma contro giudici che, dopo quasi due anni di trattazione del processo sulla base di un normale calendario giudiziario, preoccupati all’improvviso di esporsi alla responsabilità della scadenza dei termini di custodia cautelari per alcuni imputati, ha accelerato in maniera parossistica i tempi di trattazione del processo. Ma ciò che è più grave, è che tutto ciò è stato fatto nella indiscutibile consapevolezza dell’impossibilità di raggiungere tale obiettivo, tenuto conto della fase in cui si trova attualmente il processo (ad oggi si sta espletando l’esame ed il controesame degli imputati; si dovranno poi escutere i testimoni della Difesa, si dovranno affrontare le richieste delle parti ai sensi dell’art. 507 cpp, ed infine, ci dovrà essere la requisitoria del P.M. e le arringhe dei difensori di ben 62 imputati). È chiaro che tutto ciò comprime inevitabilmente l’esercizio del diritto di difesa e pregiudica ingiustificatamente l’attività dei difensori, impegnati anche in altri processi, alcuni di pari o maggiore gravità.
    Il sottoscritto difensore nella nota indirizzata alla Giunta dell’Unione Camere Penali Italiane, ebbe già a dare atto che la condotta del Tribunale, se per un senso dimostrava un elevato senso del dovere da parte dei componenti del Collegio, con sacrificio anche delle proprie esigenze personali, dall’altro confliggeva, però, vistosamente col diritto di difesa dell’imputato, perché la prolungata ed estenuante durata delle udienze non poteva non incidere negativamente sulla capacità di apprensione e di valutazione dei fatti, e della loro rilevanza processuale, sia da parte del Collegio che da parte dei difensori.
    Con riserva, come detto, di ulteriori e documentati approfondimenti della questione.
    Napoli, 23/2/2010
    Avv. Francesco De Vita

    fonte http://www.camerepenali.it/forum.aspx?p=posts&f=289&t=3049&m=7064

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