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  • STORIA DELLA GIUSTIZIA: Settembrini a Casamicciola e i detenuti politici del Castello d’Ischia

    di Nino d'Ambra - Luigi Settembrini, patriota del nostro Risorgimento, che soggiornò per circa otto anni nel penitenziario borbonico dell'isola di S. Stefano, non fu mai rinchiuso nelle carceri del castello d'Ischia, come erroneamente da parte di alcuni si continua a ripetere da oltre un secolo. Quando nel 1851 la Gran Corte Speciale di Napoli lo condannava a morte assieme a Filippo Agresti e a Salvatore Faucitano (pena commutata in ergastolo), a seguito del processo celebratosi a carico di 42 imputati politici appartenenti alla setta L'Unità Italiana, veniva, con altri compagni di sventura, imbarcato su di una nave con destinazione diretta per l'isola di S. Stefano. Un gruppo fu condotto nelle prigioni del Castello d'Ischia, ma non Settembrini.
    Una semplice considerazione è sufficiente a fugare ogni dubbio. Durante il processo, Settembrini e gli altri patrioti erano rinchiusi nel carcere della Vicaria (Castelcapuano, attuale sede del Tribunale di Napoli). La Corte li condannò il 1. febbraio 1851, che era giorno di sabato. Nei due giorni successivi ci fu la commutazione della pena di morte in ergastolo. Il giorno 4 i condannati furono condotti in catene sul porto di Napoli dove furono imbarcati sulla nave Nettuno. La mattina del 5 un gruppo di 18 condannati fu fatto scendere dalla nave e condotto nel carcere di Nisida, da dove, nei giorni successivi, ciascuno venne avviato alle destinazioni definitive (Carlo Poerio, Michele Pironti, Cesare Braico, Vincenzo Dono, Gaetano Errichiello e Nicola Nisco nel penitenziario del Castello d'Ischia).
    Per il mare agitato, il Nettuno non potè levare l'ancora. Nelle Ricordanze Luigi Settembrini testualmente dice: Stati un giorno innanzi Nisida, la notte partimmo, ed all'alba del giorno 6febbraio giugngemmo a Santo Stefano. Inoltre la prima lettera che dall'Isola Settembrini scrive alla moglie è datata “Santo Stefano 6 febbraio 1851” ed inizia: “Noi siamo giunti stamane, ed io mi affretto a scriverti per darti notizie di me e dei miei compagni. Sul vapore siamo stati ben trattati e saremo sempre ricordevoli delle cortesie fatteci da tutta questa gente”.
    Settembrini restò in permanenza nel penitenziario di Santo Stefano fino al 17 gennaio 1859, data in cui fu imbarcato assieme ad altri sul vapore Stromboli per essere condotto in esilio perpetuo a seguito di commutazione della pena in tal senso. Il 28 gennaio 1859 Settembrini scrive alla moglie: “Sto bene, e debbo andare a New York. Abbiamo avuto una buonissima navigazione e stiamo tutti bene. Da S. Stefano ci fermammo ad Algesiras nella rada di Gibilterra, dove giungemmo il 23; ed il 26 in quella di Cadige. Aspettiamo che sia noleggiato un vapore... e tra pochi giorni partiremo per l'America”.
    Come è noto, il viaggio per l'esilio americano fu interrotto dal figlio Raffaele che con un colpo di mano liberò il padre e gli altri deportati, dirottando la nave per l'Inghilterra, dove Settembrini soggiornò, finalmente libero, fino al marzo 1860; per poi trasferirsi a Parigi, indi in Italia: Torino, Livorno, Firenze che vide ricostituire il suo nucleo familiare dopo tanti anni di sofferenze! Già quattro anni prima c'era stato un tentativo, da parte di fuorusciti italiani residenti in Inghilterra, di liberare, con la nave Isle of Thanet, Settembrini e gli altri detenuti politici dal penitenziario di Santo Stefano. Il comando della spedizione era stato affidato a Garibaldi che, manco a dirlo, aveva accettato con entusiasmo. Ma l'affondamento della nave a causa di una tempesta, prima che iniziasse il viaggio, nell'ottobre del 1855, fece fallire la spedizione in partenza.
    Dunque Settembrini non visitò mai le carceri del Castello d'Ischia. Se, durante i pesanti anni di prigionia, rapporti ebbe con l'Isola d'Ischia, fu solo attraverso i fedeli corrieri Luigi Colonna di Ischia, Pasquale Castaldi di Forio e Aglietiello (Regine?) pure di Forio, marinai che tenevano i contatti con le isole del Golfo di Napoli e la terraferma. Settembrini parla di loro con tanto affetto, anche perché erano i soli che lo mantenevano in relazione con il mondo esterno, portando lettere, notizie e pacchi dell'eroica Gigia. Annotava Benedetto Croce il suo rammarico di non aver mai saputo il nome vero di Aglietiello. La dimestichezza di Settembrini con i marinai-corrieri si evidenzia chiara da decine di lettere. In una, datata Santo Stefano 25 maggio 1855, consiglia addirittura la moglie di rimanere nella casa di Pasquale a Forio.

    Settembrini a Casamicciola

    Solo nel 1875, un anno prima della morte, ormai anziano ma onorato senatore e stimato professore dell'Università di Napoli, soggiornò una ventina di giorni nell'Isola d'Ischia assieme alla famiglia per riposo e cure termali, a cavallo dei mesi di luglio e di agosto. Di questa sua presenza ci ha lasciato alcune lettere (di cui due non ancora pubblicate) che danno una visione perfetta dell'ambiente sereno e giovevole che offriva nel secolo scorso Casamicciola, stazione balneare e termale, allora, fra le più accoglienti e più frequentate d'Europa (poi i due terremoti successivi del 1881 e 1883 ne cambiarono tragicamente il volto). Vale la pena riportare i brani al riguardo per gustare appieno il profumo di un ambiente e di un'epoca che, a distanza di oltre un secolo, beatificano ancora la fantasia anche se lasciano l'amaro in bocca se l'intelletto si avventura in paragoni. Con lettera datata Casamicciola 27 luglio 1875 Settembrini scriveva al figlio Raffaele:

    Noi siamo alloggiati in una casa pulita, a metà della via che dalla Marina conduce ai Bagni, in casa delDottorMennella cugino di D. Antonio, medico condottato e conosciutissimo nel paese. Il nostro indirizzo adunque è in casa del Dr. Mennella, senz'altro. - Io salii a piedi dalla Marina alla casa; e ieri al giorno andai a piedi dalla casa ai Bagni, mi presi un gelato, e me ne tornai accompagnato da Alfonso. Ti dico questo per farti intendere che sto meglio: la piaga non è chiusa, ma va migliorando. L'aria è pura, è balsamica, e sento che mi gioverà. Spero che i bagni gioveranno a tua madre ed alla Giulia, che ieri incominciarono: vanno la mattina, tornano, si mettono a letto: il giorno usciremo un po', ma con riguardi. Insomma stiamo bene: abbiamo la vista del mare e delle campagne, vediamo il vapore quando arriva, non sentiamo il caldo soffocante che si sente nella conca dei bagni, abbiamo tutto il necessario, e ieri sera anche un melone freddo. Diciamo sempre: Fosse qui Raffaele! quanto gli piacerebbe, quanto gli gioverebbe stare qui anche una settimana! quanto ti desideriamo in questa pace!.. Manderai il pacchetto per la tua ordinanza a D. Antonio, Strada Marina 13, il quale mi farà capitare ogni cosa.

    Nello stesso giorno scrive anche al nipote Geppino:

    Tua nonna, tua madre, ed io siamo a Casamicciola; tua madre e tua nonna per i bagni che ieri hanno cominciato, e che speriamo gioveranno all'una e all'altra: io ci son venuto per accompagnarle, per godere un po' d'aria pura e un po' di quiete, perché bagni termominerali non posso farne io. Siamo alloggiati in una casa pulita, stiamo bene: ...

    Il 29 luglio scrive a Giuseppe Pica. La lettera verrà pubblicata il 2 agosto successivo dal giornale Il Fanfulla a mo' di articolo. Un inviato speciale non avrebbe certamente potuto far meglio nel magnificare le attrezzature turistiche del posto e l'opera benefica di Luigi Manzi, amico di Garibaldi fin dai tempi della Repubblica Romana. I familiari di Settembrini, per le cure, si servirono delle Terme Manzi, le stesse di Garibaldi quando, undici anni prima, si era recato a Casamicciola per un mese, trovando nella villeggiatura e nei bagni termali il pretesto apparente per convocare tutti i capi garibaldini ed i dirigenti delle varie logge massoniche al fine di tentare, uniti, le azioni militari e diplomatiche più opportune per il completamento dell'unità d'Italia (l'acquisizione di Venezia e Roma capitale). Ma probabilmente il Nostro non sarebbe stato così espansivo e generoso di lodi nei confronti dei Manzi se avesse saputo che, proprio quando Garibaldi era loro ospite, un loro congiunto, l'ispettore di Pubblica Sicurezza Raffaele Manzi, spiava ogni passo del Generale e quasi ogni sera redigeva un rapporto sulla sua condotta e sulle persone che lo avvicinavano e lo inviava al Prefetto di Napoli! Ma ora leggiamo la bella corrispondenza:

    Tu vuoi sapere da me qualche cosa intorno ai bagni termominerali di Casamicciola che il tuo medico ti consiglia. Appunto io mi trovo in Casamicciola da una settimana, non per i bagni, che non mi gioverebbero per la malattia che ho, ma per accompagnare due persone a me carissime. Quest'aria purissima e questa pace tranquilla bastano a me e mi ristorano la vita, e mi sento meglio e forse qualche giorno mi tufferò anche nelle acque. L'acqua che chiamano Gurgitello è una, e non ce n 'è migliore, né peggiore: è un fiume sotterraneo di acqua termominerale, conosciuta da molti secoli per sorgenti naturali ed artificiali. In questo fiume sotterraneo e su la stessa linea sono edificati tre bagni, il superiore e più recente del signor Manzi, il secondo del signor Belliazzi, il terzo del Monte della Misericordia, gratuito per i poveri. Onde tu non devi dimandare quale acqua è migliore, ma quale è lo stabilimento più comodo, più pulito, più bello, meglio fornito, meglio servito. Anzi invece di mandare ed avere una risposta sempre partigiana, vieni, vedi da te, osserva, e sceglierai il meglio. Quel che devi cercare prima è un alloggio o una casetta di bel sito, che ce ne sono amenisssime su questi colli, ed io ne ho una pulita ed allegra,e puoi prendere questa che io lascerò tra due settimane, o posso fartene avere un'altra. Io ho veduto, ho osservato, ho scelto lo stabilimento Manzi dove vanno le mie signore, e sono contentissime. Luigi Manzi di Casamicciola col suo ingegno, col lavoro e con l'onestà fece una bella fortuna in Napoli e in Civitavecchia, dove sono suoi negozi; di animo generoso, di pensieri alti, di cuore largo, pensò al suo paesello, dove c'era l'acqua famosa del Gurgitello, ma nient'altro che l'acqua, che nell'estate era guardata da gendarmi: egli spese mezzo milione di lire e fece un edificio di bagni come sono i più celebri e frequentati d'Europa. Riunì le sorgenti naturali dette del ferro, dell'argento, dell'oro, cavò ancora un pozzo ed ebbe un gran volume di acqua che, zampillando, in certe ingegnose fontane, si raffredda, non potendo usarsi bollente com 'è, e per condotti si diffonde nei camerini, puliti, luminosi, con larghe vasche di marmo. Oltre le sale d'aspetto ben decorate, vi sono ancora una sala per la ginnastica, una d'arena, una di fango, una di doccia circolare, ed una spaziosa vasca per nuotare. Di più il Manzi edificò su la sua casa paterna un grande albergo, dal quale, per un cammino coperto, si entra nel bagno; e ha piantato bei giardini intorno all'albergo ed al bagno. Questo edificio ha fatto migliorare il più antico del sig. Belliazzi, il quale non lo supera, né lo agguaglia per comodità e bellezza, non ha tante sale e tanta varietà di modi di prendere le acque: è un vecchio accanto ad un giovane. Il novello bagno, dopo il 1860, ha dato novella vita a Casamicciola, dove tutti lavorano, tutti guadagnano, tutti sono allegri, e debbono tanto benefizio a Luigi Manzi. Il quale è morto da due anni, ed ha lasciato una dozzina di figliuoli che si chiamano Popilio, Icilio, Senofonte, Tucidide, Cornelia, ecc... Da questi nomi vedi l'uomo che pensava sempre a cose grandi, ed era benefico, e non diceva mai no a chi aveva bisogno. Morto lui, gli invidiosi (come è attuale la considerazione, ndr), i beneficati da lui, e non voglio dire altro, hanno cominciato a sparlare e dire che il vecchio è più bello del giovane. Chi ha senno non da retta alle parole, e guarda i fatti, osserva, e non si lascia menare per il naso. Tu dunque verrai e vedrai, e non starai neppure a ciò che ti dico io. Ma vieni presto, che la stagione è già innanzi, e non hai che il mese di agosto, se pure non vuoi imitare certi inglesi che ci vengono d'inverno. Invece di rispondermi con lettera, vieni tu, e presto. Ti attendo.

    Datata Casamicciola 30 luglio 1875, Settembrini scrisse un'altra lettera al figlio Raffaele che si trovava a Portici. Anche se non si addentra nei particolari come nella precedente, tuttavia dà un giudizio gualmente positivo del soggiorno, delle cure e dell'ambiente ischitano. A suo tempo si malignò da qualche parte che don Luigi scrisse la lettera - poi pubblicata sul giornale - per un atto di riconoscenza verso la famiglia Manzi, sia per la buona accoglienza ricevuta, sia perché i Manzi erano stati sempre di idee liberali e filogaribaldine. Al figlio certamente - e poi a Rallaele - non avrebbe mai coperto neppure la più insignificante parte della verità.

    ... Tua madre ti ringrazia della cuffia. Noi stiamo bene: i bagni giovano a tua madre ed a Giulia la quale mangia con appetito. Il medico mio ospite ha consigliato i bagni anche per me, ed io ci vado ogni mattina a piedi, e me ne torno in sedia. De Luca mi aveva detto sempre no, verso gli ultimi giorni me li consigliò anche egli. Io vedo che i medici non ne sanno nulla, e fo a modo mio, ed ho sentito questo Dottore e tua madre che è Dottoressa e conosce il mio male migliore di me. Spero che la piaga si chiuda: era già in via di guarigione. Mi sento piuttosto bene, e quest'aria e questa pace mi ristorano la vita. Sto attento a non fare qualche sproposito, e spero di risanare: se poi no, non sarà colpa mia. Ci fa piacere che i tuoi bambini stiano bene e godano a Portici: lasciali godere e crescere. A te lo strapazzo dell'andare e venire non fa male, sebbene ti dia noia: infine ne sentirai giovamento a la salute che vuole moto e moto. Per tua regola sappi che il vapore parte ogni mattina da Napoli alle 3 e viene qui verso le sei. Il giovedì e la domenica, oltre di questa partenza, ce n 'è un 'altra alle 9 del mattino, e si viene qui verso le 12....

    Già in passato Settembrini si era espresso con parole di alta stima nei confronti di Luigi Manzi, allorché era stato larghissimo di borsa quando nel 1869 si raccolsero fondi per un monumento a Dante, a cui il Nostro partecipò con grande tensione morale e appassionato fervore culturale. In una corrispondenza inviata al giornale Piccolo aveva additato alla pubblica opinione la generosità del Manzi, un galantuomo e vecchio liberale, amante delle glorie italiane.
    In verità la famiglia Manzi di Casamicciola, liberale e filounitaria (a parte qualche trascurabile eccezione), nel secolo scorso cercò in tutti i modi - prima con l'arma della cortesia e della generosità - di creare un ponte ideale permanente tra l'Isola d'Ischia ed i principali protagonisti del Risorgimento nazionale. Un proposito lodevole che purtroppo non ebbe seguito dopo la scomparsa di quei Manzi che avevano vissuto in prima persona, anche se solo con partecipazione intellettuale ed emotiva, gli esaltanti momenti dell’Unità d’Italia.
    II 4 agosto 1875 Settembrini scrisse l'ultima lettera da Casamicciola. La inviò al nipote Geppe mio che compiva quindici anni. Una nota piena di buoni sentimenti in cui vengono toccati i momenti più dolci dell'intimità familiare. Non manca però un caldo incitamento allo studio:

    .... nel 1900 Geppe avrà quarant'anni, sarà un avvocato come il babbo, sarà un uomo di conto, avrà moglie e figliuoli, Geppe di 40 anni! oh quanto vorrei cacciare il capo di sotterra, e guardarti una mezzoretta...

    C'è anche un accenno alla efficacia delle cure termali ed alla bontà dell'aria e del cibo:

    Noi stiamo bene: i bagni giovano alla mamma ed alla nonna, e spero anche a me: mi sento meglio, e se mi si chiudesse questa brutta piaga a la gamba destra starei bene, e farei un salto. L'aria di qui, la luce, l'acqua, i cibi, tutto è buono, ed io mi sento ristorare....

    Rientrato nella casa di Napoli via Orticello 5 assieme alla famiglia, il 24 agosto Settembrini scrisse un'altra lettera al nipote Geppe, in cui, fra l'altro, continuava le lodi del soggiorno ischitano:

    Siamo tornati da Casamicciola, dove siamo stati venti giorni. Abbiamo avuto gran bene da quell'acqua e da quell'aria purissima e ricreante. Tua madre e tua nonna stanno bene, come è possibile per me: la piaga si va restringendo e cammino un poco. In autunno riprenderò la cura, e spero di risanare. (....) Tra oggi e domani andremo a Portici, che qui fa tanto caldo, ci sono tante puzze che si vive proprio male.

    Come riferito, nel 1875 Settembrini soggiornò diversi giorni nell'Isola d'Ischia, ma non era la prima volta. Tre anni prima l'aveva visitata, anche se fugacemente, con la moglie Gigia, per tre giorni, come si rileva da una lettera del 3 settembre 1872 inviata al figlio Raffaele:

    Tua madre ed io siamo stati per tre giorni a Casamicciola invitati da Don Antonio Manzi. Tua madre non soffrì nulla per il mare, né all'andata né al ritorno. Andammo sugli asini a Forio, e poi ad Ischia, dove tua madre rivide quei luoghi che le ricordavano altri tempi. Ella fece tre bagni.


    I DETENUTI POLITICI DEL CASTELLO D'ISCHIA (elenco >)

    Anche se Settembrini non fu mai ospite delle prigioni del Castello d'Ischia, tuttavia non pochi vi furono rinchiusi per fatti politici: o perché condannati ai ferri (catena perennemente alla caviglia) o al puntale (catena con un capo alla caviglia e l'altro fisso al suolo) o perché obbligati a domicilio coatto a determinate condizioni che variavano caso per caso relativamente alla pericolosità del reo (chiaramente giudicata dal punto di vista di chi li condannava). Fra questi vi furono patrioti ugualmente noti come Settembrini, ad esempio Carlo Poerio, Michele Pironti, Nicola Nisco e tanti altri.
    Dopo anni di ricerca e di indagini, principalmente presso l'Archivio di Stato di Napoli e presso il Municipio di Ischia, oggi siamo in grado di specificare nominativamente ed in via definitiva, tutti coloro che nel secolo scorso furono rinchiusi nelle prigioni nel Castello d'Ischia per le loro idee e per le loro azioni politiche; avvertendo il lettore interessato che l'età aggiunta a fianco di ciascun condannato politico si riferisce agli anni che aveva al momento in cui varcava per la prima volta la soglia del Castello.

    Prima di concludere questa ricerca su di un gruppo di uomini che pagarono sulla propria pelle l'orgoglio di servire un'Idea, non vogliamo lasciare senza risposta una domanda che sentiamo spontanea da parte del lettore: ma come venivano trattati i condannati politici nelle carceri borboniche del Castello d'Ischia? Erano più umane di quelle di oggi? La pena aveva uno scopo riabilitativo o ferocemente punitivo? Anche se chi scrive si è fatta una sua opinione, tuttavia preferisce che siano le penne di alcuni dei protagonisti a rispondere attraverso il tempo. Propongo quattro testimonianze contemporanee ai fatti che, provenienti dai due punti di vista contrapposti, sono in grado di rappresentare, anche dopo oltre un secolo, una situazione socio-carceraria particolarmente significativa.

    Così, in una corrispondenza al Times di Londra, Carlo Poerio descriveva le consuetudini del carcere del Castello d'Ischia.

    Dopo pochi altri giorni fummo improvvisamente chiamati di notte e condotti, sempre col ferro al piede, nel Castello d'Ischia, dove era un bagno di castigo per la feccia dei ribaldi più incorreggibili, il rifiuto delle altre galere. Colà ci furono cambiate le antiche catene con altre più pesanti, secondo il nuovo modello... Inoltre i medesimi regolamenti non solo non permettono mai che il condannato sano deponga per un istante la catena, ma prescrivono che il condannato infermo non solo ritenga la catena, ma stia al puntale, ossia che la catena da uno dei capi sia raccomandata al suo piede, e dall'altro da un anello in ferro fisso al suolo. Solo quando l'infermo prende la estrema unzione perché prossimo alla morte, è concesso al chirurgo di togliere la catena, ma mai l'anello di ferro.... Tremendi furono gli effetti della continua catena. Difatti, su trenta individui, non meno di otto sentirono le conseguenze di quel gravissimo peso nella regione inguinale. Tre gettarono sangue; ad un altro si dislocò il piede destro; il ferro gli fu passato al piede sinistro. Pironti poi, il mio compagno di catena, andò soggetto alla paraplegia, perse interamente l'uso della gamba, ed il misero non l'ha più ricuperata.

    Non da meno Nicola Nisco, nei suoi ricordi autobiografici, rappresentava lo stesso luogo di pena:

    Il bagno d'Ischia era stabilito nelle sepolture e nei sotterranei di una distrutta cattedrale che stava a pie' del Castello, edificata al tempo della guerra dei Baroni, a cavaliere di una massa di trachite adiacente alla città da cui l'isola prende nome. Era detto luogo di castigo e vi erano rinchiusi i più famosi camorristi e i più tristi malfattori, i quali nel carcere non trascuravano compiere le loro gesta; di tal che il comandante del bagno, ai condannati politici che entravano nell'orrida ed oscura caverna, sormontata da una scolta munita di bombe a mano per lanciarle fra i condannati in caso di tumulto, diede un lusinghiero benvenuto dicendo: Da qui escono due o tre morti alla settimana, guardatevi le pance dalle coltellate. Pure quei disgraziati furono superiori a quegli che aveva voluto avvilire i rei di amar la patria, frammischiandoli in così turpe compagnia, perché, non solo si mostrarono pieni di rispetto per i condannati politici, ma, come le belve rese mansuete dai martiri cristiani che erano dati loro in pasto, essi così risentirono l'influenza morale dei nuovi compagni, che per un anno, quanto questi ivi restarono, non vi furono in quel carcere risse né disordini.

    Ora passiamo alle due testimonianze diparte opposta, entrambe inedite. La prima è una relazione ispettiva, datata Napoli 1 aprile 1851, a firma del Capitano di Fregata, Comandante Ferdinando Rodriguez, che era stato inviato sul Castello d'Ischia dopo pressanti lamentele avanzate presso il Governo borbonico da parte di alcuni congiunti di detenuti per il trattamento che subivano. L'ispettore era piombato all'improvviso ad Ischia e, per una settimana, aveva effettuato indagini, sopralluoghi ed interogatori incrociati. Anzi prima di presentare le sue credenziali al Comandante del Castello aveva compiuto diversi giri per le strade di Ischia Ponte interpellando, con fare distratto, persone di diversa estrazione sociale al fine di rendersi conto in quale considerazione era tenuto l'ambiente carcerario da parte dell'opinione pubblica. Una lunga relazione fu il risultato dell'ispezione, di cui riportiamo i brani più significativi:

    ... Ogni mia cura fu spesa al buon esito della delicata missione affidatami, ed infatti ad ore diverse, ed inaspettatamente visitando il Bagno nelle sue diverse località e le prigioni, col contatto immediato dei diversi impiegati, con quei colloqui familiari che potevano menarmi alla cognizione del vero coll’ascoltare i reclami dei diversi ergastolani, con propositi tenuti ad arte col Comandante della Piazza, cercai indagare i fatti severi dai malevoli raggiri ispirati sovente da fini privati, da gelosie, da torbidi intrighi che ordinariamente campeggiano nella tristizia di coloro che vivono in questi luoghi penali. Ritenendo adunque quanto raccolsi da una parte di notizie, e calcolando dall'altra a mente fredda la natura delle denunzie, le accuse spesso in contraddizioni dei fatti esaminati ocularmente, giunsi a far giudizio delle cose con quella realtà che difatti presentano e che tanto interessa alle Autorità superiori, onde associare l'interesse della umanità a quelle giuste misure indispensabili per la sicurezza di un luogo penale reso di alto interesse per la custodia dei condannati politici.
    Il Bagno d'Ischia presenta per la sua posizione topografica ogni condizione di sicurezza, perché ben custodito il Castello nel quale vi è chiuso; le mura del Vaglio, dove nelle ore del giorno si trattengono i servi di pena in forza dei regolamenti, sono alte sufficientemente, in modo da presentare ogni sicurezza che rende maggiore la facile sorveglianza delle fazioni che circuiscono dall'alto ed intorno quella località. Le aperture che danno aria a tre cameroni del Bagno sebbene guarnite di semplici cancelli, pure in vista della loro altezza, e del modo come facilmente si può dalla sentinella situata nella Camera di Ascolto superiore ai tre cameroni osservare istantaneamente tutto ciò che in essi si opera, non lascia dubbio a sicurezza e necessità di raddoppiarli. Non così l'ospedale del Bagno, il quale dovrebbe essere meglio assicurato, con aggiungere dei controcancelli alle sue finestre, e coll'aumentare un cancello di ferro alla sua entrata. Finché non si sarà tanto eseguito, farà d'uopo aumentare almeno una sentinella in quel luogo.
    I condannati ai ferri per cause politiche ritenuti in quel Bagno sono riuniti tutti nella parte interna del camerone di mezzo, il quale benché angusto pel numero dei condannati quivi collocati presenta migliori condizioni degli altri due. Quattro servi di pena regnicoli di migliore condotta degli altri sono soli in loro compagnia, e questi si prestano ad assistenti nei loro originari bisogni. Altri dieci servi di pena regnicoli, e propriamente quelli che sono adibiti per infermieri, rancieri, quartiglieri, occupano l'altra porzione del camerone divisi dai primi da un rastello di legno. Negli altri due poi vi sono rinchiusi i servi di pena siciliani provenienti dal Bagno di Procida. L'aria che vi si respira è sufficiente, la condizione del locale è buona, buona anche perché sorvegliata molto bene dalla sentinella nella camera di ascolto, da dove tutto si vede e si sente agevolmente. Ciascuno dei condannati ha poi una specie di rancio con piedi, ove regolarmente si può dormire, né altri oggetti o mobili ho osservato che vi fossero in questa località, la quale per altro non lo permetterebbe per difetto di spazio. Da questi condannati non si mangia il Caldaio della Ciurma, ma loro si permette che cucinassero particolarmente le loro vivande in pentole di creta, alcuni nel vaglio ed altri nel camerone. Essi sono tutti regolarmente serrati a coppie fra loro, vestiti con gli abiti di galera, meno taluni che non indossano la giacca pel momento, essendosi questa trovata stretta. In generale poi quasi tutti vestono anche un paletot, o una gran bigiacca di panno.
    Da tutto ciò, Signor Generale, rileverà che mal fondati, o almeno esagerati, sono i reclami di mancanza d'aria, di acqua e di fuoco, giacché l'aria, come Le diceva, è sufficiente nel camerone, moltissima poi nel Vaglio, ove passano delle ore del giorno perché a cielo scoperto. L'acqua che loro si somministra regolarmente per loro usi è della quantità di tre barili, il fuoco, nelle varie visite che ho fatto, l'ho trovato sempre acceso in vari fornelli adibiti ai loro particolari usi.
    Ho creduto entrare in tutti questi particolari, affinchè con cognizione di causa Ella potesse assicurarsi che i condannati in parola mentre soffrono la pena cui sono stati regolarmente condannati, non sono d'altra parte né largheggiati in favori, né angariati e vessati, come da alcuni si vorrebbe far credere. (...) Debbo in ultimo intrattenerla pei fatti che riguardano il detenuto politico Vito Porcaro, questi, a norma degli ordini superiori, dovrebbe essere rinchiuso nel Maschio del Castello, ora però è detenuto nella prigione detta Sansone, la quale oltre di essere molto umida e malsana, non presenta le condizioni volute dal Governo, giacché benché chiuso in essa in compagnia solamente dell'ergastolano Tarantino, pure essendo limitrofa e divisa sólo da una porta dall'altra prigione, ove sono anche rinchiusi in parte gli ergastolani insieme con lui spediti da S. Stefano, non permette attenersi la condizione dell'isolamento. Se però si vorrà far tornare il Porcaro nel Maschio, è d'uopo far togliere da quel Luogo penale i tredici camorristi testé passati su quel Criminale a causa dell'omicidio avvenuto nel Bagno, perocché il Carcere Sansone sarebbe per loro angustissimo e mal sicuro...... Signor Generale, dai fatti circostanziatamente particolareggiati, dalle osservazioni personalmente assodate Lei rileverà che la condizione dei condannati politici non è gravata al di là del margine che disegnano i regolamenti, i quali reggono la disciplina di questi Luoghi penali.

    La seconda testimonianza filogovernativa è data dal contenuto di una minuta del 29 maggio 1851, redatto su carta intestata "Provincia di Napoli - Sottintentenza del distretto di Pozzuoli". Anche se non è scritto il nome del destinatario, è facile arguire che la missiva, di carattere riservato, doveva essere indirizzata al "Direttore del Ministero dell'Interno per lo Ramo di Polizia - Napoli", a cui allora era demandata la sorveglianza sugli istituti di pena.

    Notamento dei libri tolti ai condannati politici del Bagno d'Ischia
    Andrea Di Domenico: Manzoni - Promessi Sposi, volume I.
    Arioso Monte: Grammatica francese, volume I - Bassvilliana, tragedia volume VIII.
    Nicola Nisco; Tacito, volume III. - Opera di Vico, Plutone (sic) degli uomini illustri, un volume. - Dante vol. II. Michele Pironti: Dante, Tasso, Ariosto vol. 9.
    Cesare Braico; Cesari. Gli amori degli Angeli. Cosmo volume III.
    Gaetano Errichiello: Grammatica francese vol. I - Decisione della Gran Corte Speciale di Napoli nella causa della setta l'Unità d'Italia.

    A completamento della ricerca desideriamo ricordare due personaggi rivelatisi fra le carte polverose dell'Archivio di Stato di Napoli, che con azioni umanitarie cercarono di alleviare le sofferenze fisiche e morali dei detenuti del Castello d'Ischia. Vogliamo riferirci alla signora Maria Bruno, moglie del tenente colonnello Carlo Begos, comandante del Castello, ed al dott. Francesco Matarese medico del Carcere. La Bruno per la sua bontà subì anche un'inchiesta ed il manto per lei ebbe non pochi fastidi dai superiori.
    Personaggi apparentemente secondari ma di tanta ricchezza interiore, pur dimenticati dalla ufficialità. Segnalarli ai contemporanei ed ai posteri è uno dei sicuri godimenti spirituali dello storiografo-ricercatore. Godimenti che sono inibiti allo Storico il quale, nell'encomiabile impegno di elaborare grandi sintesi e di storicizzare avvenimenti, non può indugiare su tali particolari, che d'altronde non potrebbero mai trovare collocazione nell'Organigramma.
    Nino d'Ambn


    Bibliografia cronologica e fonti di ricerca
    Decisione della Gran Corte Speciale di Napoli nella causa della setta L'Unità Italiana. Pubblicata all'udienza dell'1.2.1854 Napoli 1851.
    Luigi Settembrini - Ricordanze della mia vita. Prefazione di Francesco De Sanctis. Vol. I e II. Napoli 1893.
    Adriano Nisco - Ricordi biografici di Nicola Nisco scritti dal figlio Addano -Napoli 1902.
    Luigi Settembrini - Pagine scelte da Francesco Tonaca. Napoli, 1912.
    Luigi Settembrini - Ricordanze della mia vita. A cura di Ettore Fabietti. Sesto S. Giovanni (Milano), 1935.
    Luigi Settembrini - Ricordanze della mia vita -A cura di Guglielmo Strata. Torino 1957.
    Luigi Settembrini - Lettere dall'ergastolo - A cura di Mario Themelly. Milano, 1962.
    Luigi Settembrini - Ricordanze della mia vita - A cura di Umberto Renda. Paravia Ed., 1965.
    Nunzio Coppola (a cura di) - Carteggi di Vittorio Imbriani. Voci di esuli politici meridionali. Lettere e documenti dal 1849 al 1861 con appendici varie. Roma, 1965.
    Nino d'Ambra - Giuseppe Garibaldi: cento vite in una - Napoli, 1983.
    Luigi Settembrini - Lettere edite ed inedite - A cura di Anna Pessina. Napoli, 1983.
    Archivio centrale dello Stato - Roma.
    Archivio del Municipio - Ischia.
    Archivio di Stato - Napoli.
    Biblioteca Antoniana - Ischia Ponte.
    Biblioteca civica "Angelo May" - Bergamo.
    Biblioteca di Storia moderna e contemporanea - Roma.
    Biblioteca Mennella del Duca Camerini - Ischia Porto.
    Biblioteca Nazionale Vitt. Emanuele III - Napoli.
    Biblioteca Oratoriana dei Girolamini - Napoli.
    Biblioteca S. Vito - Forio d'Ischia.
    Centro di Ricerche Storielle d'Ambra - Forio d'Ischia.
    Istituto per la Storia del Risorgimento - Roma.

    FONTE http://www.larassegnadischia.it/storiagenerale/settembrini.htm

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