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PROCESSO TRIBUTARIO - Lo sprint per accorciare i tempi
Il processo fiscale tenta lo sprint e taglia i tempi per impugnare la decisione del giudice nell'ipotesi in cui non sia stata notificata. In questo caso, infatti, per i giudizi instaurati in primo grado dopo la data di entrata in vigore dellalegge 69/2009, si riduce da 1 anno a 6 mesi il tempo utile per contestare la sentenza mediante appello, ricorso in Cassazione o revocazione ordinaria.
È soltanto uno dei chiarimenti forniti dall'Agenzia delle entrate con la circolare n. 17/E, che mette nero su bianco le novità contenute nella nuova legge, in vigore dal 4 luglio scorso, che rilevano nel processo tributario.
OGGETTO: Legge 18 giugno 2009, n. 69 – Disposizioni per lo sviluppo
economico, la semplificazione, la competitività nonché in
materia di processo civile
CIRCOLARE N. 17/E Direzione Centrale Affari Legali e Contenzioso
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INDICE
1. Premessa ........ 3
2. Modifiche alle “Disposizioni generali” del codice di procedura civile ............. 3
2.1. Incompetenza ... 4
2.2. Litispendenza e continenza di caus............. 5
2.3. Connessione .............. 6
2.4. Riassunzione della causa ................ 6
2.5. Ordinanza sulla ricusazione ................ 7
2.6. Procura alle liti ................................. 7
2.7. Condanna alle spese ....................... 8
2.8. Condanna alle spese per singoli atti.
Compensazione delle spese . 8
2.9. Responsabilità aggravata ................ 9
2.10. Principio del contraddittorio ........ 9
2.11. Disponibilità delle prove .............. 10
2.12. Pubblicità della sentenza .............. 10
2.13. Contenuto della sentenza ................. 10
2.14. Notificazioni ............ 11
2.15. Improrogabilità dei termini perentori ... 11
3. Modifiche al processo di cognizione ....... 12
3.1. Difetto di rappresentanza o di autorizzazione .. 13
3.2. Nomina del consulente tecnico ..... 13
3.3. Processo verbale e relazione ................ 13
3.4. Modo di notificazione della sentenza . 14
3.5. Mancata prosecuzione o riassunzione ......... 14
3.6. Estinzione del processo per inattività delle parti .. 15
3.7. Decadenza dall’impugnazione ........ 16
3.8. Luogo di notificazione dell’impugnazione .. 16
3.9. Domande ed eccezioni nuove ................... 17
3.10. Rimessione al primo giudice per ragioni di giurisdizione .. 17
3.11. Provvedimenti sulle spese .......................... 18
3.12. Riassunzione della causa ................. 18
4. Modifiche alla disciplina del giudizio in Cassazione .... 19
4.1. Inammissibilità del ricorso ............... 19
4.2. Formulazione dei motivi ....................... 19
5. Notificazione degli atti civili, amministrativi e stragiudiziali da parte
dell’Avvocatura dello Stato......................20
6. Modifiche ai giudizi di opposizione alle sanzioni amministrative ................... 20
7. Disposizioni transitorie ...................................................................................... 21
7.1. Giudizi pendenti al 1° marzo 2006 .................................................................... 22
7.2. Giudizi nei quali il provvedimento impugnato con il ricorso per cassazione è stato pubblicato ovvero, nei casi in cui non sia prevista la pubblicazione, depositato successivamente alla data di entrata in vigore della legge n. 69 del
2009 ........................................................ 23
7.3. Ricorsi riuniti ........................................ 23
8. Translatio iudicii ..................................... 24
9. Modifiche al ricorso straordinario al Capo dello Stato ...... 26
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1. Premessa
Nella Gazzetta Ufficiale n. 140 del 19 giugno 2009 è stata pubblicata la
legge 18 giugno 2009, n. 69, recante “Disposizioni per lo sviluppo economico, la
semplificazione, la competitività nonché in materia di processo civile”, in vigore
dal 4 luglio 2009.
La citata legge n. 69 del 2009 ha modificato alcune disposizioni del codice
di procedura civile che trovano applicazione nel processo tributario stante il
rinvio disposto dall’articolo 1, comma 2, del decreto legislativo 31 dicembre
1992, n. 546, secondo il quale “I giudici tributari applicano le norme del
presente decreto e, per quanto da esse non disposto e con esse compatibili, le
norme del codice di procedura civile”.
La presente circolare illustra le principali novità normative introdotte dalla
legge n. 69 del 2009.
Nel commentare le singole disposizioni modificative del codice di
procedura civile si avrà modo di evidenziare quelle che non trovano applicazione
nel processo tributario dinanzi alle Commissioni tributarie.
In assenza di tale evidenziazione, si intende che la disposizione
commentata si applica anche al processo tributario.
Per facilitarne la consultazione, si allega un prospetto comparativo delle
modifiche normative più rilevanti introdotte dalla legge n. 69 del 2009.
2. Modifiche alle “Disposizioni generali” del codice di procedura civile
L’articolo 45 della legge n. 69 del 2009 ha modificato il libro primo del
codice di procedura civile (“Disposizioni generali”) e, in particolare, i seguenti
articoli:
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• articolo 38 (Incompetenza);
• articolo 39 (Litispendenza e continenza di cause);
• articolo 40 (Connessione);
• articolo 50 (Riassunzione della causa);
• articolo 54 (Ordinanza sulla ricusazione);
• articolo 83 (Procura alle liti);
• articolo 91 (Condanna alle spese);
• articolo 92 (Condanna alle spese per singoli atti. Compensazione delle
spese);
• articolo 96 (Responsabilità aggravata);
• articolo 101 (Principio del contraddittorio);
• articolo 115 (Disponibilità delle prove);
• articolo 120 (Pubblicità della sentenza);
• articolo 132 (Contenuto della sentenza);
• articolo 137 (Notificazioni);
• articolo 153 (Improrogabilità dei termini perentori).
2.1. Incompetenza
L’articolo 38 c.p.c., che disciplina le ipotesi di incompetenza per materia,
per valore e per territorio nel processo civile, è stato modificato nella parte
relativa alle modalità e ai tempi in cui l’incompetenza può essere eccepita in
giudizio.
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Si ritiene che tale disposizione non trovi applicazione nel processo
tributario in quanto prevale, in materia, la norma speciale contenuta nell’articolo
5 del D. Lgs. n. 546 del 1992, rubricato “Incompetenza”.
2.2. Litispendenza e continenza di cause
Al fine di accelerare i tempi del processo, la modifica dell’articolo 39
c.p.c. prevede che la litispendenza e la continenza di cause siano dichiarate dal
giudice con ordinanza, anziché con sentenza.
La norma in questione trova applicazione nel processo tributario, come
espressamente chiarito dalla Corte di cassazione (Cass., 10 aprile 2000, n. 4509;
cfr. anche Cass., SS. UU., 4 giugno 2008, n. 14815).
Intervenendo sul terzo comma del citato articolo 39 c.p.c., il legislatore
fornisce altresì il criterio per individuare, in caso di litispendenza, il giudice adito
per primo, dinanzi al quale la causa deve proseguire.
Al riguardo, si afferma che la priorità temporale di una causa rispetto ad
un’altra, determinata, in via generale, dalla notificazione della citazione o del
ricorso, deve invece essere individuata, nei giudizi incardinati davanti al giudice
con il deposito del ricorso (quelli, ad esempio, di cui all’articolo 23 della legge
24 novembre 1981, n. 689, in materia di opposizione a sanzioni amministrative)
avendo riguardo alla data di deposito del ricorso stesso.
Resta confermato che il giudizio tributario si intende proposto alla data di
notifica del ricorso, alla quale pertanto occorre fare riferimento, ai fini che qui
interessano, per l’individuazione della causa instaurata per prima (cfr. circolare n.
41/E dell’11 settembre 2009, punto 2.2; circolare n. 12/E del 21 febbraio 2003,
punto 11.2; in senso conforme, circolare n. 56/E del 24 ottobre 2007).
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2.3. Connessione
La novità di cui all’articolo 40, primo comma, c.p.c. concerne l’utilizzo da
parte del giudice dello strumento dell’ordinanza, anziché della sentenza, ogni
qual volta, nell’ipotesi di connessione di cause, debba essere fissato un termine
perentorio per la riassunzione della causa accessoria davanti al giudice della
causa principale o davanti a quello preventivamente adito.
2.4. Riassunzione della causa
In caso di dichiarazione di incompetenza del giudice adito, l’articolo 50
c.p.c. dispone il dimezzamento del termine previsto per la riassunzione della
causa che viene ridotto, pertanto, da sei a tre mesi.
Al riguardo si evidenzia che il novellato articolo 50 c.p.c. non trova
applicazione nel processo tributario in quanto prevale la norma speciale
contenuta nell’articolo 5 del D. Lgs. n. 546 del 1992, il quale, al comma 4,
esclude l’applicabilità del regolamento di competenza e al comma 5 prevede che
“La riassunzione del processo davanti alla commissione tributaria dichiarata
competente deve essere effettuata a istanza di parte nel termine fissato nella
sentenza o in mancanza nel termine di sei mesi dalla comunicazione della
sentenza stessa. Se la riassunzione avviene nei termini suindicati il processo
continua davanti alla nuova commissione, altrimenti si estingue”.
Ne consegue che nel processo tributario le parti, in caso di dichiarazione
di incompetenza della Commissione tributaria adita, mantengono la facoltà di
riassumere il processo nel termine fissato nella sentenza o, in mancanza, nel
termine di sei mesi dalla comunicazione della sentenza medesima.
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2.5. Ordinanza sulla ricusazione
Con la modifica all’articolo 54, terzo comma, c.p.c., è stata innalzata a
250 euro la pena pecuniaria che il giudice può irrogare alla parte – e non più
anche al difensore – che ha proposto la ricusazione del giudice, in caso di rigetto
o di inammissibilità della ricusazione stessa.
L’attuale previsione, secondo la quale il giudice “può condannare” la
parte ad una pena pecuniaria, recepisce le statuizioni della Corte costituzionale
che ha dichiarato l’illegittimità costituzionale della predetta disposizione nella
parte in cui prevedeva che “l’ordinanza, che dichiara inammissibile o rigetta la
ricusazione, ‘condanna’ la parte o il difensore che l’ha proposta ad una pena
pecuniaria anziché prevedere che ‘può condannare’ la parte o il difensore
medesimi ad una pena pecuniaria” (Corte cost., 21 marzo 2002, n. 78).
Al riguardo si ritiene che l’articolo 54 c.p.c. trova applicazione nel
processo tributario per effetto del rinvio disposto dall’articolo 6, comma 1, del D.
Lgs. n. 546 del 1992, secondo cui “L’astensione e la ricusazione dei componenti
delle commissioni tributarie sono disciplinate dalle disposizioni del codice di
procedura civile in quanto applicabili”.
2.6. Procura alle liti
La novella dell’articolo 83, terzo comma, c.p.c. prevede la possibilità di
conferire procura speciale ad un nuovo difensore, che si aggiunga o si sostituisca
al precedente, direttamente in calce o a margine della memoria di nomina.
Non si ravvisano impedimenti all’applicazione della nuova disposizione al
giudizio tributario, per il quale – con norma analoga a quella in esame (articolo
12, comma 3, del D. Lgs. n. 546 del 1992) – si prevede in modo più generico che
l’incarico al difensore possa essere conferito, oltre che con atto pubblico o con
scrittura privata autenticata, anche “in calce o a margine di un atto del
processo”.
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Con circolare n. 98/E del 23 aprile 1996 è stato già chiarito peraltro che il
comma 3 dell’articolo 12 del D. Lgs n. 546 del 1992 detta regole sulla procura
alle liti mutuate in gran parte dall’articolo 83 c.p.c..
2.7. Condanna alle spese
L’articolo 91 c.p.c., come modificato dalla legge n. 69 del 2009, prevede
che, in caso di accoglimento della domanda in misura non superiore all’eventuale
proposta conciliativa rifiutata senza giustificato motivo, il giudice condanna alle
spese del processo la parte che ha opposto rifiuto alla predetta proposta.
Considerato che la disciplina generale della condanna alle spese di lite di
cui all’articolo 91 c.p.c. trova applicazione, come chiarito dalla circolare n. 98/E
del 23 aprile 1996 (nella parte in commento all’articolo 15 del D. Lgs. n. 546 del
1992), anche nel processo tributario, si ritiene che la citata disposizione possa
trovare applicazione anche nel processo tributario, ancorché la “conciliazione
giudiziale” di cui all’articolo 48 del D. Lgs. n. 546 del 1992 preveda una
disciplina diversa dalla “proposta conciliativa” cui si riferisce l’articolo 91 c.p.c..
In attesa che si consolidi al riguardo l’indirizzo della giurisprudenza, gli
Uffici, nei casi in cui il contribuente abbia rifiutato la proposta di conciliazione
giudiziale formulata, anche a seguito di tentativo di conciliazione esperito
d’ufficio dal giudice, avanzeranno richiesta di condanna alle spese
subordinandola alla circostanza che la Commissione tributaria decida in senso
conforme alla proposta di conciliazione ovvero in termini ancora più favorevoli
all’Ufficio.
2.8. Condanna alle spese per singoli atti. Compensazione delle spese
Il nuovo articolo 92 c.p.c. impone l’esplicita indicazione nella
motivazione della sentenza delle “altre gravi ed eccezionali ragioni” che
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inducono il giudice a compensare le spese giudiziali, non essendo più sufficienti
“giusti motivi” per soprassedere alla condanna della parte soccombente.
2.9. Responsabilità aggravata
L’articolo 96, primo comma, prevede che, se la parte soccombente ha
agito o resistito in giudizio con mala fede o colpa grave, il giudice, su istanza
dell’altra parte, la condanna, oltre che alle spese, al risarcimento dei danni che
liquida, anche d’ufficio, nella sentenza.
Inserendo un nuovo comma al citato articolo 96 c.p.c., la legge n. 69 del
2009 prevede che il giudice “in ogni caso”, quando pronuncia sulle spese, possa
condannare, anche d’ufficio, il soccombente al pagamento non solo delle spese di
lite, ma anche di una somma equitativamente determinata a favore di controparte.
Rispetto alla previsione del primo comma non occorre, quindi, né l’istanza di
parte né l’esatta quantificazione di un danno.
2.10.Principio del contraddittorio
Con la modifica dell’articolo 101 c.p.c., il legislatore, sulla falsariga di
quanto già previsto per il giudizio di legittimità all’articolo 384, terzo comma,
c.p.c., ha previsto che, anche nei gradi di merito, le parti possono depositare
memorie scritte, ogniqualvolta il giudice decida di porre a fondamento della
decisione una questione rilevata d’ufficio.
Tale disposizione trova applicazione quando la Commissione tributaria
intende porre a fondamento della decisione una questione rilevata d’ufficio come,
ad esempio, il difetto di giurisdizione ai sensi dell’articolo 3, comma 1, del D.
Lgs. n. 546 del 1992.
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2.11.Disponibilità delle prove
La novella dell’articolo 115 c.p.c. recepisce l’orientamento
giurisprudenziale secondo il quale i fatti allegati da una delle parti vanno
considerati “pacifici” se la controparte li abbia esplicitamente ammessi ovvero
abbia assunto una posizione difensiva incompatibile con la loro negazione,
ammettendone così implicitamente l’esistenza (Cass., sez. III, 14 marzo 2006, n.
5488).
La norma impone agli Uffici di contestare punto per punto, nei propri atti
difensivi, i fatti enunciati nel ricorso del contribuente, evitando formule
generiche (sulla costituzione in giudizio cfr. circ. n. 98/E del 1996).
2.12.Pubblicità della sentenza
L’articolo 120, primo comma, c.p.c. prevede che il giudice, su istanza di
parte, ordini la pubblicazione della decisione di merito, qualora ritenga che ciò
possa contribuire a riparare il danno. Detta pubblicità avviene a cura e spese del
soccombente, mediante inserzione per estratto, ovvero mediante comunicazione,
nelle forme specificamente indicate, in una o più testate giornalistiche.
Nella nuova formulazione, il citato articolo prevede che detta
pubblicizzazione possa avvenire anche tramite radio, televisione o internet e che
possa essere ordinata dal giudice anche per riparare il danno nel caso di
responsabilità aggravata ex articolo 96 c.p.c..
2.13.Contenuto della sentenza
Il novellato articolo 132, secondo comma, numero 4), c.p.c., annovera, tra
gli elementi costituenti il contenuto della sentenza, “la concisa esposizione delle
ragioni di fatto e di diritto della decisione”. In parallelo anche all’articolo 118,
primo comma, disp. att. c.p.c., si prevede che la motivazione della sentenza di cui
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all’articolo 132, secondo comma, numero 4), c.p.c. implica la “succinta
esposizione dei fatti rilevanti della causa e delle ragioni giuridiche della
decisione, anche con riferimento a precedenti conformi”.
Si ritiene che i novellati articoli 132 c.p.c. e 118 disp att. c.p.c. non trovino
applicazione nel processo tributario in quanto prevale la norma speciale
contenuta nell’articolo 36, comma 2, del D. Lgs. n. 546 del 1992, secondo cui la
sentenza deve contenere “la succinta esposizione dei motivi in fatto e diritto”.
2.14.Notificazioni
Con l’introduzione di un nuovo comma all’articolo 137 c.p.c. si è inteso
disciplinare la notificazione o la comunicazione di documenti informatici,
qualora il destinatario non possieda un indirizzo di posta elettronica certificata
nei seguenti termini: “Se l’atto da notificare o comunicare è costituito da un
documento informatico e il destinatario non possiede indirizzo di posta
elettronica certificata, l’ufficiale giudiziario esegue la notificazione mediante
consegna di una copia dell’atto su supporto cartaceo, da lui dichiarata conforme
all’originale, e conserva il documento informatico per i due anni successivi. Se
richiesto, l’ufficiale giudiziario invia l’atto notificato anche attraverso strumenti
telematici all’indirizzo di posta elettronica dichiarato dal destinatario della
notifica o dal suo procuratore, ovvero consegna ai medesimi, previa esazione dei
relativi diritti, copia dell’atto notificato, su supporto informatico non
riscrivibile”.
2.15.Improrogabilità dei termini perentori
Ai sensi dell’articolo 184-bis c.p.c, ora abrogato dall’articolo 46, comma
3, della legge n. 69 del 2009, “la parte che dimostra di essere incorsa in
decadenze per causa ad essa non imputabile può chiedere al giudice istruttore di
essere rimessa in termini”. Tale disposizione risultava di fatto applicabile
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soltanto alle attività difensive inerenti alla fase istruttoria (Cass., sez. V, 30 luglio
2002, n. 11218).
Con l’introduzione del secondo comma all’articolo 153 c.p.c. viene
generalizzata la possibilità, per la parte che dimostri di essere incorsa in
decadenze per causa ad essa non imputabile, di ottenere la rimessione in termini
a proprio favore.
3. Modifiche al processo di cognizione
L’articolo 46 della legge n. 69 del 2009 ha modificato i seguenti articoli
del secondo libro del codice di procedura civile (“Del processo di cognizione”):
• articolo 182 (Difetto di rappresentanza o di autorizzazione);
• articolo 191 (Nomina del consulente tecnico);
• articolo 195 (Processo verbale e relazione);
• articolo 285 (Modo di notificazione della sentenza);
• articolo 305 (Mancata prosecuzione o riassunzione);
• articolo 307 (Estinzione del processo per inattività delle parti);
• articolo 327 (Decadenza dall’impugnazione);
• articolo 330 (Luogo di notificazione della impugnazione);
• articolo 345 (Domande ed eccezioni nuove);
• articolo 353 (Rimessione al primo giudice per ragioni di giurisdizione);
• articolo 385 (Provvedimenti sulle spese);
• articolo 392 (Riassunzione della causa).
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3.1. Difetto di rappresentanza o di autorizzazione
La novella dell’articolo 182, secondo comma, c.p.c. disciplina più
dettagliatamente la fattispecie in cui il giudice rilevi un difetto di rappresentanza,
di assistenza o di autorizzazione ovvero un vizio che determina la nullità della
procura al difensore. In tal caso, egli assegna alle parti un termine perentorio per
la costituzione della persona alla quale spetta la rappresentanza o l’assistenza, per
il rilascio delle necessarie autorizzazioni, ovvero per il rilascio della procura alle
liti o per la rinnovazione della stessa. Viene altresì chiarito che l’osservanza del
termine sana i vizi e che gli effetti sostanziali e processuali della domanda si
producono fin dal momento della prima notificazione.
3.2. Nomina del consulente tecnico
La novità dell’articolo 191, primo comma, c.p.c. è rappresentata dalla
previsione secondo la quale il giudice, nell’ordinanza di nomina del consulente
tecnico, deve ora formulare allo stesso i quesiti di natura tecnica in ordine ai
quali si chiede la consulenza.
3.3. Processo verbale e relazione
Il novellato articolo 195, terzo comma, c.p.c. prevede che il consulente
tecnico sia tenuto a trasmettere la propria relazione alle parti costituite nel
termine stabilito dal giudice con ordinanza. Con la medesima ordinanza il
giudice deve fissare il termine entro il quale le parti devono trasmettere al
consulente le proprie osservazioni sulla relazione nonché il termine, anteriore alla
successiva udienza, entro il quale il consulente deve depositare in cancelleria la
relazione, le osservazioni delle parti e una sintetica valutazione sulle stesse.
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3.4. Modo di notificazione della sentenza
L’articolo 285 c.p.c., già prima della riforma, prevedeva che, al fine della
decorrenza del termine breve per l’impugnazione, la notificazione della sentenza
dovesse essere effettuata, su istanza di parte, a norma del primo e del terzo
comma dell’articolo 170 c.p.c., ossia al procuratore costituito oppure nella
residenza dichiarata o nel domicilio eletto della parte che si è costituita
personalmente.
Per effetto della modifica dell’articolo 285 c.p.c. che rinvia all’intero
articolo 170 c.p.c., è ora prevista l’applicabilità anche del secondo comma del
citato articolo 170 c.p.c.; pertanto, ai fini della decorrenza del termine breve di
impugnazione, è sufficiente la consegna di una sola copia della sentenza al
procuratore, anche se quest’ultimo si è costituito per più parti.
Si ritiene che l’articolo 285 c.p.c. non trovi applicazione nel processo
tributario in quanto prevale la norma speciale contenuta nell’articolo 38 del D.
Lgs. n. 546 del 1992.
Tuttavia è opportuno che gli Uffici, in via prudenziale, tengano conto
anche di notifiche irrituali della sentenza ai fini del calcolo del termine breve di
impugnazione.
3.5. Mancata prosecuzione o riassunzione
La modifica dell’articolo 305 c.p.c. comporta il dimezzamento del termine
previsto per la prosecuzione o riassunzione del processo in caso di interruzione
del giudizio, che non è più di sei mesi, bensì di tre mesi dall’interruzione stessa.
Si ritiene che il novellato articolo 305 c.p.c. non sia applicabile al processo
tributario in quanto prevale la norma speciale contenuta nell’articolo 43, comma
2, del D. Lgs. n. 546 del 1992; ne consegue che il termine previsto per la
prosecuzione/riassunzione del processo tributario, in caso di interruzione del
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giudizio per i motivi di cui al precedente articolo 40 del D. Lgs. n. 546 del 1992,
è di sei mesi dalla data del provvedimento di dichiarazione dell’interruzione.
3.6. Estinzione del processo per inattività delle parti
Intervenendo sull’articolo 307, primo comma, c.p.c., il legislatore ha
inteso ridurre da un anno a tre mesi il termine entro il quale il processo, a pena di
estinzione, deve essere riassunto nel caso in cui nessuna parte si sia costituita
ovvero il giudice, nei casi previsti dalla legge, abbia ordinato la cancellazione
della causa dal ruolo.
È da ritenere che il primo ed il secondo comma del citato articolo 307
c.p.c. non trovino applicazione nel processo tributario, considerato che il D. Lgs.
n. 546 del 1992, detta una disciplina speciale per la mancata costituzione delle
parti. In caso di mancata costituzione del ricorrente, l’articolo 22 del D. Lgs. n.
546 del 1992 prevede, infatti, l’inammissibilità del ricorso, rilevabile d’ufficio in
ogni stato e grado del giudizio e non sanabile dalla costituzione del resistente.
Si applica invece anche al processo tributario il nuovo terzo comma
dell’articolo 307 c.p.c., nella parte in cui prevede il dimezzamento del termine
massimo - da sei a tre mesi - entro il quale il giudice può ordinare alle parti di
proseguire, riassumere o integrare il giudizio. Tale disposizione è infatti
compatibile con il disposto di cui all’articolo 45, comma 1, del D. Lgs. n. 546 del
1992, il quale prevede che “Il processo si estingue nei casi in cui le parti alle
quali spetta di proseguire, riassumere o integrare il giudizio non vi abbiano
provveduto entro il termine perentorio stabilito dalla legge o dal giudice che
dalla legge sia autorizzato a fissarlo”.
Nel processo tributario non trova applicazione, infine, il quarto comma
dell’articolo 307 c.p.c., secondo cui l’estinzione del processo può essere
dichiarata anche d’ufficio senza che sia necessaria l’eccezione di parte; ciò in
quanto prevale la norma speciale di cui all’articolo 45, comma 3, del D. Lgs. n.
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546 del 1992, la quale già prevede che “L’estinzione del processo per inattività
delle parti è rilevata anche d’ufficio solo nel grado di giudizio in cui si verifica e
rende inefficaci gli atti compiuti”.
3.7. Decadenza dall’impugnazione
Intervenendo sul primo comma dell’articolo 327 c.p.c., la legge n. 69 del
2009 dispone la riduzione da un anno a sei mesi del termine – decorrente dalla
pubblicazione della sentenza – entro cui, in assenza di notifica della sentenza
stessa, è possibile proporre l’appello, il ricorso per cassazione e la revocazione
per i motivi indicati nei numeri 4 e 5 dell’articolo 395 c.p.c. (revocazione
ordinaria).
La norma si applica anche al processo tributario per effetto del richiamo di
cui agli articoli 38 e 49 del D. Lgs. n. 546 del 1992.
La novità in esame non incide sul termine lungo previsto per la
revocazione della sentenza della Corte di cassazione ex articolo 391-bis c.p.c.,
che non ha subito modifiche.
3.8. Luogo di notificazione dell’impugnazione
La modifica di cui all’articolo 330, primo comma, c.p.c. vale a precisare
che, qualora la parte nell’atto di notificazione della sentenza abbia dichiarato la
sua residenza o eletto domicilio nella circoscrizione del giudice che l’ha
pronunciata, l’impugnazione deve essere notificata nel luogo così indicato;
altrimenti, l’impugnazione si notifica “ai sensi dell’articolo 170”, ossia presso il
procuratore costituito o nella residenza dichiarata o nel domicilio eletto per il
giudizio
L’art. 330 c.p.c. è applicabile al processo tributario (cfr. Cass., SS.UU., 15
dicembre 2008, n. 29290; Cass., sez. V, 18 novembre 2009, n. 24302); nei casi
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dubbi, gli Uffici valutano l’opportunità di notificare l’impugnazione anche ai
sensi dell’art. 17 del D. Lgs. n. 546 del 1992, ossia anche presso il domicilio
eletto dalla parte.
3.9. Domande ed eccezioni nuove
La novità introdotta dalla modifica di cui all’articolo 345, terzo comma,
c.p.c. è rappresentata dal divieto esplicito della produzione di nuovi documenti in
appello.
La disposizione non si applica al processo tributario in quanto prevale la
norma speciale contenuta nell’articolo 58, comma 2, del D. Lgs. n. 546 del 1992,
secondo cui “È fatta salva la facoltà delle parti di produrre nuovi documenti”; ne
consegue che nel processo tributario le parti mantengono la facoltà di produrre
nuovi documenti nel grado di appello.
3.10. Rimessione al primo giudice per ragioni di giurisdizione
All’articolo 353 c.p.c., secondo comma, il termine entro cui le parti
devono riassumere il processo nel caso di rinvio da parte del giudice dell’appello
al giudice di primo grado che abbia denegato la propria giurisdizione, è stato
ridotto da sei a tre mesi decorrenti dalla notificazione della sentenza d’appello.
Tale disposizione non trova applicazione nel processo tributario in quanto
l’articolo 59, comma 3, del D. Lgs. n. 546 del 1992, rubricato “Rimessione alla
commissione provinciale”, prevede espressamente che “Dopo che la sentenza di
rimessione della causa al primo grado è formalmente passata in giudicato, la
segreteria della commissione tributaria regionale, nei successivi trenta giorni,
trasmette d'ufficio il fascicolo del processo alla segreteria della commissione
tributaria provinciale, senza necessità di riassunzione ad istanza di parte”.
18
3.11. Provvedimenti sulle spese
La legge n. 69 del 2009 ha abrogato il quarto comma dell’articolo 385
c.p.c., che consentiva alla Corte di cassazione di condannare, anche d’ufficio, la
parte soccombente al pagamento di una somma equitativamente determinata
qualora abbia proposto il ricorso o vi abbia resistito anche solo con colpa grave.
L’abrogazione si spiega in ragione della modifica, apportata dall’articolo
45 della legge n. 69 del 2009, all’articolo 96 c.p.c. (v. commento al punto 2.9),
per effetto della quale si è inteso generalizzare il principio secondo cui il giudice,
in sede di pronuncia sulle spese, può condannare, anche d’ufficio – e quindi non
più soltanto a seguito di istanza di parte – il soccombente al pagamento di una
somma equitativamente determinata a favore di controparte.
3.12. Riassunzione della causa
Per effetto della modifica apportata all’articolo 392, primo comma, c.p.c.,
nell’ipotesi in cui la Corte di cassazione abbia accolto il ricorso rinviando la
causa ad altro giudice di grado pari a quello che ha pronunciato la sentenza
cassata, il termine previsto per la riassunzione del giudizio non è più di un anno,
bensì di tre mesi, decorrenti dalla data di deposito della sentenza della Corte di
cassazione.
Al riguardo si evidenzia che il novellato articolo 392, primo comma, c.p.c.
non si applica al processo tributario in quanto prevale la norma speciale
contenuta nell’articolo 63 del D. Lgs. n. 546 del 1992.
Ne consegue che nel processo tributario il termine previsto per la
riassunzione del giudizio è di un anno dal deposito della sentenza.
19
4. Modifiche alla disciplina del giudizio in Cassazione
L’articolo 47 della legge n. 69 del 2009 ha modificato ulteriormente il
libro secondo del codice di procedura civile; in particolare:
• ha introdotto l’articolo 360-bis (Inammissibilità del ricorso);
• ha abrogato l’articolo 366-bis (Formulazione dei motivi).
4.1. Inammissibilità del ricorso
Il nuovo articolo 360-bis c.p.c. introduce un filtro per l’accesso al giudizio
di legittimità, assicurato dalla previsione di due nuove ipotesi di inammissibilità
del ricorso per cassazione, che sostituiscono quelle previste dall’ormai abrogato
articolo 366-bis c.p.c..
Più precisamente, le nuove ipotesi di inammissibilità del ricorso per
cassazione ricorrono quando:
1) il provvedimento impugnato ha deciso le questioni di diritto in modo
conforme alla giurisprudenza della Corte e l’esame dei motivi non offre elementi
per confermare o mutare l’orientamento della stessa;
2) è manifestamente infondata la censura relativa alla violazione dei
principi regolatori del giusto processo.
4.2. Formulazione dei motivi
Con l’abrogazione dell’articolo 366-bis c.p.c., a suo tempo introdotto dal
decreto legislativo 2 febbraio 2006, n. 40, non è più contemplata
l’inammissibilità del ricorso per cassazione conseguente alla omessa o non chiara
formulazione del quesito di diritto o indicazione del fatto controverso.
20
5. Notificazione degli atti civili, amministrativi e stragiudiziali da parte
dell’Avvocatura dello Stato
L’articolo 55 della legge n. 69 del 2009 ha modificato la disciplina della
notificazione di atti civili, amministrativi e stragiudiziali da parte
dell’Avvocatura dello Stato, alla quale viene riconosciuta la possibilità di
avvalersi delle modalità semplificate di notifica previste per gli avvocati del
libero foro.
In particolare, il citato articolo 55 ha previsto che le notificazioni possano
essere eseguite dall’Avvocatura dello Stato ai sensi della legge 21 gennaio 1994,
n. 53.
Allo scopo è prevista l’istituzione di un registro cronologico, numerato e
vidimato ai sensi di legge, per ciascuna Avvocatura distrettuale e per
l’Avvocatura generale dello Stato.
6. Modifiche ai giudizi di opposizione alle sanzioni amministrative
A norma dell’articolo 23 della legge n. 689 del 1981, in materia di
opposizione a sanzioni amministrative, il ricorso in opposizione all’ordinanzaingiunzione
ed il decreto di fissazione dell’udienza devono essere notificati, a
cura della cancelleria, sia all’opponente sia all’autorità che ha emesso
l’ordinanza.
L’articolo 56 della legge n. 69 del 2009 ha aggiunto un periodo al secondo
comma del citato articolo 23 della legge n. 689 del 1981 statuendo l’equivalenza
tra la prova scritta della conoscenza del ricorso e del decreto e la notifica degli
stessi.
Prima della modifica in commento risultava, invece, irrilevante che
l’amministrazione opposta avesse avuto notizia del ricorso stesso, attraverso
l’ordine del giudice di depositare la documentazione di cui al secondo comma
21
dell’articolo 23, posto che tale ordine non equivaleva alla notifica prescritta dal
medesimo secondo comma (Cass., sez. I, 6 agosto 2004, n. 15243).
Per quanto di competenza dell’Agenzia delle entrate, la modifica rileva
soprattutto nei giudizi di opposizione in materia di sanzioni per lavoro irregolare
o per utilizzo di dipendenti pubblici senza la prescritta autorizzazione (cfr.
circolari n. 56/E del 24 settembre 2008 e n. 25/E del 21 marzo 2002; Corte cost.,
14 maggio 2008, n. 130).
7. Disposizioni transitorie
L’articolo 58, comma 1, della legge n. 69 del 2009 stabilisce che le
modifiche al codice di procedura civile e alle disposizioni per l’attuazione del
codice di procedura civile si applicano ai giudizi instaurati in primo grado dopo
la data della sua entrata in vigore (per la definizione di giudizio tributario
pendente si rinvia ai documenti di prassi citati al punto 2.2 della presente
circolare).
In proposito si evidenzia che “…per ‘giudizio’ si intende… non il grado,
bensì l’intero processo - come ritenuto dalla prevalente giurisprudenza, anche
successiva, di questa Corte (ex multis, Cass. 3999/1998, 1358/1999, 13147/2003,
16347/2004) - in mancanza di specificazioni, da parte del legislatore, che
possano collegare l'espressione usata ad una singola fase del procedimento
(Cass. 1358/1999, cit.)” (Cass., sez. I, 12 maggio 2006, n. 11006).
Al riguardo si ricorda che il giudizio tributario si considera instaurato alla
data di notifica del ricorso e non a quella di deposito.
Tuttavia, gli Uffici, in via prudenziale, considereranno dimezzato il
termine lungo di impugnazione di cui al modificato art. 327 c.p.c. anche in
riferimento ai ricorsi notificati in primo grado anteriormente al 4 luglio 2009 e
depositati successivamente alla predetta data.
22
Vi sono varie eccezioni al predetto principio generale che vengono
indicate, per quanto interessa in questa sede, nei punti successivi.
7.1. Giudizi pendenti al 1° marzo 2006
L’articolo 58, comma 3, della legge n. 69 del 2009 prevede che le
disposizioni in materia di computo dei termini, di cui ai commi quinto e sesto
dell’articolo 155 c.p.c., si applicano anche ai procedimenti pendenti alla data del
1° marzo 2006.
Con circolare n. 56/E del 24 ottobre 2007 è stato chiarito che le modifiche
apportate ai commi quinto e sesto dell’articolo 155 c.p.c. dall’articolo 2, comma
1, lett. f), della legge 28 dicembre 2005, n. 263, si applicavano ai processi
instaurati in primo grado dopo il 1° marzo 2006.
L’articolo 58, comma 3, della legge n. 69 del 2009 ha esteso l’ambito di
applicazione dell’articolo 155 c.p.c. anche ai procedimenti già pendenti il 1°
marzo 2006.
Conseguentemente, anche ai processi incardinati fino al 1° marzo 2006
deve ritenersi applicabile la regola secondo cui i termini per il compimento degli
atti processuali svolti fuori dell’udienza che scadono nella giornata del sabato
sono prorogati di diritto al primo giorno seguente non festivo.
In proposito si precisa che “l’effetto dell’articolo 59 (recte 58, n.d.r.),
comma 3 è soltanto quello di far cessare l’ultrattività del regime del vecchio
articolo 155 c.p.c. (senza il quinto comma, che ora vi figura), già sancita
indefinitamente per i processi iniziati prima del 1 marzo 2006 dalla L. n. 263 del
2005, articolo 2, comma 4, con riferimento ai termini che verranno a scadenza
per detti processi dopo la data di entrata in vigore dello stesso articolo 59 (recte
58, n.d.r.). La detta ultrattività resterà immutata, invece, per i termini che
risulteranno già consumati, cioè già scaduti prima di essa” (Cass., sez. III, 3
luglio 2009, n. 15636).
23
7.2. Giudizi nei quali il provvedimento impugnato con il ricorso per
cassazione è stato pubblicato ovvero, nei casi in cui non sia prevista la
pubblicazione, depositato successivamente alla data di entrata in vigore
della legge n. 69 del 2009
A norma dell’articolo 58, comma 5, della legge n. 69 del 2009, le
disposizioni relative all’introduzione dell’articolo 360-bis c.p.c. ed
all’abrogazione dell’articolo 366-bis c.p.c. si applicano alle controversie nelle
quali il provvedimento impugnato con il ricorso per cassazione è pubblicato
ovvero, nei casi in cui non sia prevista la pubblicazione, depositato
successivamente alla data di entrata in vigore legge n. 69 del 2009.
7.3. Ricorsi riuniti
Per il caso di riunione di ricorsi, di cui solo alcuni sottoposti alla disciplina
dettata dalla legge n. 69 del 2009, mancano disposizioni speciali.
Né è maturata una univoca posizione giurisprudenziale sulla natura dei
ricorsi riuniti e sulla relativa disciplina applicabile.
Da un lato, parte della giurisprudenza di legittimità afferma che i ricorsi
riuniti dal giudice, benché istruiti e decisi congiuntamente, mantengono la
propria autonomia, così che la pronuncia del giudice, pur essendo formalmente
unica, si risolve in altrettante pronunce quante sono le cause decise e ciascuna
pronuncia è impugnabile con il mezzo che le è proprio. In tal senso: Cass., sez.
III, 14 marzo 1988, n. 2425; Cass., sez. I, 7 settembre 1991, n. 9430; Cass., sez.
V, 10 settembre 2004, n. 18271. In particolare, la richiamata sentenza n. 9430 del
1991 ha chiarito che: “…l’opportunità e l’esigenza processuale della riunione
delle cause non possono influire sulla loro individualità e distinzione anche con
riferimento alle regole processuali applicabili a ciascuna di esse”.
24
Secondo un diverso orientamento giurisprudenziale, invece, una volta
disposta la riunione, i ricorsi perdono la loro autonomia, stante l’impossibilità di
configurare una duplicità di termini di impugnazione per una stessa parte (cfr.
Cass., sez. lav., 7 marzo 1990, n. 1783).
Ciò premesso, nei casi di riunione dei ricorsi, al fine di evitare possibili
declaratorie di inammissibilità da parte della Commissione tributaria adita in
relazione alla disciplina applicabile, gli Uffici faranno applicazione, in via
prudenziale, della disciplina più restrittiva (ad esempio, con riferimento alle
impugnazioni di cui all’articolo 327, primo comma, c.p.c., applicheranno la
disciplina prevista dalla legge n. 69 del 2009, la quale ha disposto la riduzione
del termine lungo di impugnazione da un anno a sei mesi).
8. Translatio iudicii
L’articolo 59 della legge n. 69 del 2009 detta disposizioni in materia di
risoluzione delle questioni di giurisdizione, volte a conservare gli effetti
sostanziali e processuali della domanda rivolta ad un giudice privo di
giurisdizione, quando il processo sia poi proseguito davanti al giudice munito di
giurisdizione.
Detto articolo tiene conto degli orientamenti espressi dalla Corte
costituzionale (Corte cost., 12 marzo 2007, n. 77 ) e dalla Corte di cassazione
(Cass., SS.UU., 22 febbraio 2007, n. 4109; Cass., SS.UU., 28 febbraio 2007, n.
4636) in materia di translatio iudicii.
In merito alla translatio iudicii si rinvia ai chiarimenti forniti con circolare
n. 56/E del 24 settembre 2008, che ha recepito l’orientamento della Corte
costituzionale sulle controversie in materia di sanzioni irrogate per violazioni di
norme non tributarie dagli Uffici finanziari (Corte cost., 14 maggio 2008, n. 130).
25
L’articolo in argomento non modifica il codice di procedura civile e fa
espressamente salva la disciplina dell’istituto del regolamento preventivo di
giurisdizione di cui all’articolo 41 c.p.c..
Ai sensi del citato articolo 59, comma 1, il giudice che, in sede civile,
amministrativa, contabile, tributaria o di giudizi speciali, dichiara il proprio
difetto di giurisdizione indica altresì, se esistente, il giudice nazionale che ritiene
munito di giurisdizione. La pronuncia sulla giurisdizione resa dalle sezioni unite
della Corte di cassazione è vincolante per ogni giudice e per le parti, anche in
altro processo.
I commi successivi riguardano gli aspetti procedurali e gli effetti
conseguenti alla declaratoria del difetto di giurisdizione del giudice adito; in
particolare:
• se, entro il termine perentorio di tre mesi dal passaggio in giudicato della
pronuncia con cui viene dichiarato il difetto di giurisdizione, la domanda è
riproposta al giudice ivi indicato, nel successivo processo le parti restano
vincolate a tale indicazione e sono fatti salvi gli effetti sostanziali e
processuali che la domanda avrebbe prodotto se il giudice di cui è stata
dichiarata la giurisdizione fosse stato adito fin dall’instaurazione del
primo giudizio, ferme restando le preclusioni e le decadenze intervenute.
La domanda si ripropone con le modalità e secondo le forme previste per
il giudizio davanti al giudice adito in relazione al rito applicabile;
• se le sezioni unite della Corte di cassazione non si sono già pronunciate in
ordine alla specifica questione di giurisdizione, il giudice davanti al quale
la causa è riassunta può sollevare d’ufficio, con ordinanza, tale questione
davanti alle medesime sezioni unite, fino alla prima udienza fissata per la
trattazione del merito, ferme restando in ogni caso le disposizioni sul
regolamento preventivo di giurisdizione.
26
I termini fissati per la riassunzione o prosecuzione del giudizio sono
perentori e la loro inosservanza comporta l’estinzione del processo, che è
dichiarata anche d’ufficio. In ogni caso, l’estinzione impedisce la conservazione
degli effetti sostanziali e processuali della domanda.
Le prove raccolte nel processo davanti al giudice privo di giurisdizione
possono essere valutate nel giudizio “traslato” come argomenti di prova che, in
quanto tali, possono influire sulla decisione del giudice.
9. Modifiche al ricorso straordinario al Capo dello Stato
In materia di rimedi giustiziali del privato contro la pubblica
amministrazione, l’articolo 69 della legge n. 69 del 2009 ha modificato gli
articoli 13, primo comma, e 14 del decreto del Presidente della Repubblica 24
novembre 1971, n. 1199.
Il nuovo articolo 13, primo comma, prevede la sospensione del
procedimento per l’emanazione del parere del Consiglio di Stato sul ricorso
straordinario al Presidente della Repubblica, ogniqualvolta risulti pregiudiziale la
risoluzione di una questione di legittimità costituzionale non manifestamente
infondata.
Secondo la nuova versione dell’articolo 14, la decisione sul ricorso
straordinario deve obbligatoriamente conformarsi al parere del Consiglio di
Stato, essendo stata soppressa la facoltà del Ministro competente di sottoporre al
Consiglio dei Ministri una decisione difforme.
Al riguardo si evidenzia che in materia tributaria non è ammesso il ricorso
straordinario al Capo dello Stato, in quanto la giurisdizione delle commissioni
tributarie è esclusiva ai sensi dell’articolo 2 del D. Lgs. n. 546 del 1992. Il
Consiglio di Stato in sede consultiva, invero, ha precisato che il ricorso
straordinario al Presidente della Repubblica non è esperibile nei casi in cui la
competenza assegnata ad un plesso giurisdizionale sia di carattere funzionale ed
27
inderogabile, in quanto “La devoluzione della materia ad un determinato giudice
con carattere di esclusività preclude la proponibilità del ricorso straordinario”
(cfr. Consiglio di Stato, adunanza generale del 10 giugno 1999).
Inoltre, con il parere n. 633 del 24 giugno 1986, lo stesso Consiglio di
Stato si è espresso nel senso di ritenere la giurisdizione della Commissioni
tributarie “esclusiva”, con la conseguenza che la proposizione dell’azione innanzi
ad altro organo giurisdizionale o amministrativo comporta l’inammissibilità
dell’istanza. Tale orientamento è stato confermato in più occasioni (vd., fra i tanti
pareri del Consiglio di Stato, sez. III, 14 giugno 1994, n. 1495; 14 maggio 2002,
n. 199; 5 luglio 2005, n. 9443).
Le Direzioni regionali vigileranno affinché le istruzioni fornite e i principi
enunciati con la presente circolare vengano puntualmente osservati dalle
Direzioni provinciali e dagli Uffici.
fonte http://www.professionisti24.ilsole24ore.com/art/Professionisti24/Diritto/2010/04/1_proc_tributario_cirEntrate_17E.shtml?uuid=f77b7866-3d7b-11df-947d-3b71cdd2ef16&DocRulesView=Libero
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