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  • La Cassazione: lecite le riprese video se non sono invadenti

    Riprendere scene di vita quotidiana all’aperto può essere violazione della privacy, ma se non vi sono ostacoli alla visuale né malizie da parte di chi riprende, non si può dire che questo costituisca reato.
    Partendo da un caso successo a Imperia, la Cassazione in una sua sentenza - la numero 47165 della Quinta sezione penale - spiega dettagliatamente quando le scene di vita catturate non all’interno di un locale ma dall’esterno possono, o meno, essere lecite. Innanzitutto, scrivono i supremi giudici, «è imprescindbile accertare se, all’atto dell’intrusione nella sfera privata», si frappongano «preclusioni alla ripresa ovvero se, per conseguire la captazione» vengano adotatti tutti «gli accorgimenti volti a superare infissi, recinzioni» e ogni altro ostacolo che precluderebbero «naturalmente la visione». Traducendo: chi riprende non deve cercare di superare ostacoli come tendaggi o steccati, il che dimostrerebbe la sua volontà di violare la privacy altrui. Viceversa, se le riprese avvengono in luoghi visibili da tutti e senza tentativi di superare ostacoli, a quel punto le persone inquadrate fanno parte del paesaggio e ne sono consapevoli.
    La Suprema Corte fissa i paletti per le riprese video, annullando una condanna per interferenze illecite nella vita privata nei confronti di una coppia residente ad Imperia, Herman e Irmgard W., che si era vista condannare per interferenze illecite nella vita privata (reato punito dall’art. 615 bis c.p.), per avere effettuato riprese dei movimenti delle figlie dei vicini di casa attraverso una telecamera, mentre giocavano nel giardino confinante.
    La doppia condanna per le riprese video illecite, alla coppia, era stata inflitta sia dal Tribunale di Imperia (febbraio 2006) che dalla Corte d’appello di Genova, nel marzo 2009. Ora la Cassazione ha accolto le ragioni esposte dalla difesa della coppia autrice delle riprese. In particolare, a piazza Cavour i difensori di Hermann e Irmagard hanno fanno notare che «le scene captate erano agevolmente percepibili ad occhio nudo, non esistendo ostacoli fisici alla visione del giardino confinante da parte dell’abitazione degli stessi». E la Cassazione, rinviando il caso alla Corte d’appello di Genova, ha giudicato «giustificato» il quesito posto che, se confermato, «esclude» il reato punito dall’art. 615 bis del codice penale.
    La Suprema Corte rileva ancora che, nel giudicare se le riprese possono essere ammesse o meno «è necessario bilanciare l’esigenza di riservatezza (che trova presidio nella normativa costituzionale quale espressione della personalità dell’individuo nonchè la protezione del domicilio, pur esso assistito da tutela di rango costituzionale, che dispiega severa protezione dell’immagine), e la naturale compressione del diritto imposta dalla concreta situazione di fatto o, ancora, la tacita, ma inequivoca rinuncia al diritto stesso, come accade nel caso di persona che, pur fruendo di un sito privato, si esponga in posizione visibile da una pluralità indeterminata di soggetti».
    In proposito, la Cassazione fa l’ esempio del «balcone aggettante e visibile dalla pubblica via».
    Insomma, per verificare se il video è `fuorilegge´ bisogna verificare se «per conseguire la captazione siano stati adottati accorgimenti volti a superare» le barriere che diversamente «vieterebbero la visione». Senza fornire un «ragguaglio puntuale», avvisa la Cassazione, il giudice non può condannare.

    http://ilsecoloxix.ilsole24ore.com/p/italia/2010/05/22/AMGMYOiD-riprese_cassazione_invadenti.shtml

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