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  • I giovani avvocati italiani: aspirazioni e disagi (CNF)

    Una ricerca condotta dall’Osservatorio giovani istituito presso il Consiglio nazionale forense svela aspirazioni e disagi dei legali nati dopo il 1971 per capirne le aspettative e individuare strade per sviluppare la professione

    Roma. Scelgono la professione perché hanno una predilezione per il diritto e certo non pensano di guadagnare laute cifre. Considerano fattori di successo la formazione e il training post-lauream ma sono delusi da una concorrenza che reputano spesso sleale. Vorrebbero più correttezza professionale e un ruolo più incisivo degli Ordini sul controllo deontologico. Vorrebbero anche il numero chiuso all’università. Privatamente sono forti con le tecnologie ma in studio l’informatica è negletta né utilizzano il web come vetrina professionale. Piuttosto, per crescere professionalmente puntano sull’associazionismo e sul marketing. Difendono le tariffe ma applicano ai clienti il sistema misto (tariffario più forfait). E alla fine si dichiarano delusi dalla professione.

    Ecco lo spaccato dei giovani legali, rilevato dalla ricerca “Giovani avvocati, così altrove o altrimenti”, prima indagine dell’Osservatorio permanente giovani avvocati creato su iniziativa del Consiglio nazionale forense con la collaborazione di Aiga e LexExpo. I risultati della ricerca sono stati presentati oggi a Casamassima (Bari), presso l’Aula Magna Università Lum Jean Monnet, alle ore 10,00.

    Al convegno sono intervenuti il presidente del Consiglio nazionale forense, Guido Alpa; il consigliere coordinatore del gruppo giovani Cnf e ispiratore della ricerca, Giovanni D’Innella, i curatori della ricerca. “Con questa indagine, il Consiglio ha voluto acquisire dati rilevanti ai fini della valutazione delle iniziative che, accanto a quelle già perseguite e a quelle in fase di allestimento, si dovrebbero proporre nel programma degli anni a venire”, ha anticipato Guido Alpa. “La prima preoccupazione del Consiglio è stata la qualificazione professionale della categoria; la seconda verificare le modalità con cui i giovani sono inseriti nell’attività professionale; la terza è quella di invitare i giovani a integrare la formazione post-universitaria e a scegliere uno o più settori di specializzazione”. “Occorre aiutare i giovani nelle scelte professionali, orientando le opzioni organizzative degli Ordini e delle associazioni, con eventi mirati di aggiornamento e specializzazione nei settori in cui vi è maggiore richiesta di servizi legali o esigenze di particolari specializzazioni”, ha dichiarato Giovanni D’Innella.

    L’indagine. La rilevazione è consistita in un questionario inviato per mail a 25mila indirizzi di posta elettronica di giovani avvocati iscritti alla cassa forense, individuati nella fascia di età compresa tra i 25 e 38 anni. Obiettivo è stato quello di analizzare il percorso professionale dei praticanti e dei giovani avvocati e delle motivazioni che ne hanno accompagnato le scelte. La rilevazione è stata attivata il 30 aprile 20009 e si è conclusa il 28 febbraio 2010. Sono stati 2660 i questionari ritenuti validi al fine della elaborazione.

    Dati generali. Tra i 42.386 giovani avvocato iscritti alla cassa forense, le donne sono le più numerose (23.729 rispetto a 18.657 uomini). La maggioranza di essi è iscritta al Nord (19.511), poi al Sud (13.131), infine al Centro (9.754). Sicilia e Lombardia sono le regioni con il maggior numero di giovani avvocati iscritti all’albo.

    I risultati dell’indagine. I giovani avvocati scelgono la professione perché amano il diritto (80%) e non certo per le aspettative di reddito (6%), molti perché proseguono una tradizione familiare. Non si aspettano di guadagnare, tanto che indicano come livello reddituale confacente al proprio impegno professionale la fascia più bassa tra quelle proposte, ossia da 30mila a 50mila all’anno. Considerano punti critici di successo la buona preparazione universitaria e post universitaria (36,4%) e la buona preparazione durante la pratica (14,5%), solo in ultima istanza la qualità dello studio in cui si lavora (4,1%). Vale tanto il master dopo la laurea e riscuotono successo anche i corsi organizzati dalle scuole forensi. Di converso, i punti critici di debolezza che accompagnano la scelta della professione sono la difficoltà ad accedere a un reddito in tempi ragionevoli (73,5%), soprattutto per le donne e per coloro che fanno parte di studi di dimensioni medio-piccole, l’incapacità di attrarre clientela (6%), e il risiedere in una zona depressa (5,4%). Sotto il profilo del reddito, appaiono più penalizzati i giovani avvocati che hanno aperto uno studio con altri colleghi limitandosi dividerne le spese; mentre sembrano premiati coloro che scelgono l’associazionismo.

    Che immagini hanno dell’avvocato? Molti ne conservano “un’ immagine nobile” di difensore dei diritti; ma tanti disconoscono il ruolo sociale della professione parificandola a una mera prestazione di servizi. In mezzo c’è chi ritiene che l’avvocato sia un consulente specializzato utile a determinare la realtà giuridica del paese. Tra le opportunità di crescita, i giovani avvocati annoverano l’associazione con altri colleghi (43,1%) e il marketing (33%), insomma uno svolgere la professione “altrimenti”. La cifra dell’”altrove” è preferita nelle regioni meridionali, dove si vorrebbe cambiare studio, cambiare città o regione, andare all’estero. I giovani avvocati amano la deontologia. Il 43% considera il codice deontologico “utile” e il 20% abbastanza utile. Però i più sono convinti che non sia concretamente applicato (37%). Hanno una conoscenza media del codice (47,4) e ritengono che esso sia particolarmente utile per regolamentare i rapporti con i colleghi (34%) e con i clienti (24%). Seguono a grande distanza la disciplina del segreto professionale (3,8%), l’indipendenza della professione( 3,6%), del conflitto di interessi ( 3,6%), del ruolo sociale dell’avvocato (2%) e infine del ruolo degli ordini (0,5%). Il 54% degli avvocati ritiene che il cliente sia tutelato dalla tariffa. I giovani avvocati chiedono un maggior rigore deontologico per evitare la concorrenza sleale, chiamando in causa gli Ordini che in molti vorrebbero riformare per un recupero della loro terzietà. Alla fine, il 56,35% si dichiara insoddisfatto della professione. Vorrebbero il numero chiuso all’università e la modifica dell’esame di stato in modo da favorire una selezione più rigorosa.

    Come si atteggia la professione, come si contattano i clienti, si applica o no il tariffario? La maggior parte degli intervistati (33%) entra in contatto con i clienti tramite il passaparola, il 29% per conoscenza personale. Tuttavia il numero degli incarichi ottenuti dalla maggioranza (36%) è inferiore alle aspettative. Il 40% degli intervistati dichiara di applicare una tariffa mista tra quella tabellare e quella forfetaria, “dimostrando che è consuetudine tra i giovani derogare alle tariffe per acquisire clientela”. Considerano avvocato affermato colui che ha un reddito imponibile medio dai 100mila ei 300mila euro (40%) e ritengono di essere adeguatamente remunerati se guadagnano tra i 30mila e i 50 mila euro.

    La formula Niente tecnologie siamo avvocati la dice lunga sul rapporto con pc e web. La professione forense è saldamente legata al cartaceo”. Solo il 29,7% dichiara di utilizzare un software gestionale; solo il 22% lavora in studi che hanno un sito web e usano la rete come strumento di comunicazione e promozione professionale. Insomma, emerge un’inspiegabile distinzione tra l’uso personale e quello professionale che i giovani avvocati fanno delle nuove tecnologie: assiduo ed evoluto il primo; pressoché nullo e limitato alla scrittura degli atti il secondo.

    Quello di cui hanno bisogno le imprese. La ricerca prova a indagare anche il lato della domanda di servizi legali come base per comprendere come e verso quali ambiti di attività indirizzare i giovani: sono state 703 le aziende contattate, tutto con studi legali interni per una maggiore facilità. Il 94% fa ricorso all’assistenza di uno studio legale esterno, di fiducia o specializzato. Lo fa per la gestione del contenzioso e degli arbitrati; la modalità di tariffazione applicata è quella mista (tariffaria, oraria, forfettaria). I settori del diritto più richiesti sono il contenzioso societario o commerciale, il diritto del lavoro, il diritto industriale.

    Fonte: consiglionazionaleforense.it

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