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Il risarcimento del ritardo sul ritardo
Una crescita media annua del 40%, che ha portato il contenzioso dai circa 5mila ricorsi del 2003 agli oltre 34mila del 2009. Queste le ultime cifre fornite dal ministero della Giustizia sulle richieste di indennizzo per la violazione del termine ragionevole di durata dei processi. Una procedura che dal 2001 è regolata con legge dello stato, la cosiddetta legge Pinto. Fino al 2009, via Arenula ha liquidato una cifra complessiva molto vicina ai 150 milioni di euro, e nel frattempo ha accumulato debiti per altri 100 milioni. A conti fatti 250 milioni di euro di oneri complessivi.
Da un certo punto di vista, comunque, la legge Pinto costituisce una consolazione, sia pure magra, per chi rischia di farsi vecchio nell'attesa di avere giustizia: dal 2001, infatti, anziché i giudici di Strasburgo della Corte europea dei diritti dell'uomo, è possibile chiamare in causa, più comodamente, le corti d'appello nostrane. Ma, da un altro punto di vista, è invece quasi una iattura. Considerato lo stato della macchina giudiziaria, e soprattutto il proliferare di ricorsi per ottenere l'indennizzo, non è infrequente che in corte d'appello vengano recapitate richieste per l'eccessiva lentezza nella trattazione proprio delle richieste di indennizzo per l'eccessiva lentezza di un procedimento giudiziario. Non è un gioco di parole, ma la realtà. La «Pinto sulla Pinto», è stato detto, un paradosso che sta ingolfando i giudici di secondo grado.
Per non parlare della Cassazione. Basta sfogliare una sentenza a caso e la probabilità di imbattersi nel ricorso di un cittadino rimasto insoddisfatto dalla somma liquidata in corte d'appello è altissima. Supremi giudici chiamati a decidere se il limite minimo di indennizzo annuo sia di 500 o di 750 euro, in base a criteri invero ancora sconosciuti. A sostenere la tesi secondo la quale è da liquidare solo il periodo eccedente il termine ragionevole (tre anni in tribunale, per cui se, ad esempio, la causa ne dura dieci te ne indennizzano solo sette). Non senza qualche difficoltà, vista la posizione più rigida dei giudici della Corte europea, per i quali una volta superato il limite bisogna pagare per l'intera durata.
Ma non è finita qui. Perché ora sta vedendo la luce anche un ulteriore contenzioso che riporta gli utenti del servizio giustizia direttamente al cospetto di Strasburgo. Oggi il cittadino non solo deve aspettare oltre il lecito la macchina giudiziaria, non solo deve tirare il collo per vedersi riconoscere il diritto all'indennizzo prodotto da tale lentezza, ma deve anche attendere oltre ogni limite che gli venga trasferito quanto dovuto sul proprio conto corrente. E l'impatto è devastante. Nel 2009 la Corte europea dei diritti dell'uomo ha comunicato al governo italiano 757 ricorsi, contro i 63 del 2008 (troppo facile fare la proporzione, un aumento di oltre dieci volte): un'esplosione addebitabile proprio ai casi seriali per i ritardi nei pagamenti legati alla legge Pinto (si veda Il Sole 24 Ore del 25 luglio).
Sarà forse un caso, ma recentemente la Corte europea dei diritti dell'uomo si è dotata di un nuovo regolamento che circoscrive la possibilità di fare ricorso ai soli «pregiudizi importanti». Vuoi vedere che l'allarme Pinto è scattato anche Oltralpe?
http://www.ilsole24ore.com/art/norme-e-tributi/2010-10-03/risarcimento-ritardo-ritardo-200537.shtml?uuid=AYSSoSWC
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