-
Lo studio vince se sceglie un solo tema
C'è una riforma della professione forense che arranca in Parlamento – in settimana riprenderà la votazione in aula al Senato, per poi passare la palla alla Camera – e una riforma che molti avvocati sperimentano ogni giorno. Un'organizzazione dello studio e dell'attività fatta di specializzazione, sintonia con il cliente, trasparenza nei costi, utilizzo delle nuove tecnologie, rispetto dei tempi, mentalità imprenditoriale.
Anche perché non c'è da attendere che sia una legge a delineare la professione del futuro. Argomento che, tra l'altro, sarà affrontato al 30° congresso di categoria che il consiglio nazionale forense terrà a Genova dal 25 al 27 novembre. «Così come sono spariti i dinosauri, anche gli avvocati rischiano forte», sintetizza in modo provocatorio Pierpaolo Righini, del foro di Parma. E spiega perché: «negli anni '60 i miei colleghi compravano un appartamento all'anno. Oggi quei margini si sono notevolmente ridotti. Crisi a parte, quando venti anni fa ho iniziato, qui c'erano 350 studi, ora sono 1.100. E l'economia della provincia non si è certo triplicata».
Aggiunge un altro particolare Guido Butti, avvocato d'impresa a Verona. «La forbice tra un'attività rivolta alle aziende e una ai privati è sempre più ampia: sono due modi completamente diversi di fare la professione. Di fondo, però, c'è che è cambiato l'approccio nei nostri confronti. Non possiamo più metterci nella posizione dell'avvocato vecchia maniera, quello a cui il cliente si affidava ciecamente. Ora chi viene da noi è più consapevole e dobbiamo capirne le reali esigenze. Non è detto, per esempio, che una sentenza a favore, che però arriva dopo 15 anni, sia per il cliente la soluzione ottimale».
Non c'è da rilassarsi neanche se lo scenario lo si osserva dalla finestra delle grandi firme. Come spiega Giovanni Lega, alla guida di uno studio milanese con 60 avvocati. «La prospettiva degli anni Novanta di almeno 5-6 grandi studi internazionali, ognuno con qualche centinaio di avvocati, da noi non si è realizzata. E questo non è positivo. Significa che il nostro paese si è ancora una volta caratterizzato come una realtà corporativista, dove si tende ad avere il proprio giardinetto. Di conseguenza, anche gli studi legali (parlo di quelli grandi, che assistono le imprese) si sono conformati, si sono modellati sulle dimensioni dell'impresa, che in Italia è soprattutto medio-piccola».
Il futuro, insomma, non permette di rimanere ancorati alla professione vecchio stampo. "Specializzazione": è la prima parola della riforma che alcuni avvocati hanno attuato nel piccolo (o grande) del loro studio. E che il Cnf ha formalizzato in un regolamento di fine settembre, con il quale da giugno 2011 si introdurrà il titolo di avvocato-specialista. Pierpaolo Petruzzelli, che esercita nel foro di Bari, da due anni ha puntato molto sulla collaborazione con un collega statunitense che si occupa di risarcimento danni. Senza tralasciare il resto delle materie, perché in una realtà come quella barese, dove vivono 400mila abitanti ma ci sono quasi 7mila iscritti all'Ordine degli avvocati, l'attività deve per forza di cose restare anche generalista. «Ho però in piedi circa 50 cause – spiega Petruzzelli – che riguardano marittimi che hanno lavorato su navi costruite o armate negli Usa e che hanno contratto patologie per l'esposizione all'amianto. Sto cercando di specializzarmi nel settore del risarcimento danni per malattie sviluppate in ambito aziendale. La scelta per il momento mi dà ragione».
Anche Pierpaolo Righini ha scelto di specializzarsi. «È successo per caso. Anche se già ci pensavo. Sei anni fa mio cugino – racconta Righini – è rimasto vittima dei titoli tossici e ha lasciato sul terreno una buona parte dei suoi risparmi. Mi ha chiesto di assisterlo. Mi sono messo a studiare. Ho praticamente chiuso lo studio per tre mesi, ma sono riuscito a mettere insieme un bagaglio di competenze che mi hanno permesso di istruire anche altre cause, alcune delle quali non solo si sono risolte positivamente per il cliente, ma hanno fatto giurisprudenza. Per 14 anni ho fatto il "generalista": dal penale, al civile e anche l'amministrativo. Ora ho mollato l'amministrativo e mi dedico soprattutto al civile, con particolare attenzione al recupero crediti».
C'era chi una specializzazione ce l'aveva da tempo, ma l'ha tarata sulle nuove esigenze del mercato in periodo di crisi. «Abbiamo allargato il campo di attività – afferma Patrizio Tumietto, con studio a Milano in cui lavorano fianco a fianco avvocati e commercialisti – alla ristrutturazione e alla gestione delle aziende in crisi. Fino a qualche anno fa seguivamo aziende in crescita, ma ora lo scenario è ben diverso. Prima si lavorava in un'ottica di espansione, oggi invece di contrazione e di sopravvivenza. Se prima l'imprenditore veniva con un piano di espansione e ci chiedeva di aiutarlo a realizzarlo, oggi ci chiede progetti per tagliare. In una situazione del genere serve sia il commercialista sia l'avvocato: il primo vede la questione dal punto di vista della fattibilità tecnico-aziendale, l'avvocato interviene sulla realizzabilità degli accordi con i fornitori e i creditori».
La specializzazione ha guidato anche i passi di Butti, che si occupa di diritto dell'ambiente e sicurezza sul lavoro. «Il 99% dei clienti – sottolinea – sono aziende, le quali ormai pretendono che anche noi ragioniamo come imprenditori. Eppure la maggior parte dei miei colleghi a sentire parlare di studio-impresa inorridisce. Ma il fatto che la nostra sia una professione intellettuale non è incompatibile con l'organizzazione di uno studio secondo standard aziendali. Noi, per esempio, da nove anni siamo certificati Iso 9000. Bisogna essere efficienti e tempestivi: con il cliente condividiamo l'agenda e il timing per realizzarla. La soddisfazione del cliente è un criterio di buon funzionamento dello studio-impresa. E bisogna essere trasparenti: chiarezza sui costi».
Un obiettivo condiviso da Righini, che ha implementato un software per consentire al cliente di seguire da casa passo per passo la propria causa. «Gli fornisco le password – spiega il professionista parmense – e così può interfacciarsi con me online. Non solo vede tutto ciò che faccio, ma prende visione anche delle parcelle. E, inoltre, ci guadagna, perché se utilizza il software mi agevola il lavoro e così io posso fatturare, nel caso di cause per recupero crediti, non più del recupero fiscale».
Una formula meno tecnologica è stata, invece, fatta propria da Lega. «Nel nostro studio – commenta – la verà novità è la serenità. Abbiamo voluto creare un ambiente dove la gente lavora sorridendo. E questo sta portando ad attrarre molti colleghi, non tanto sulla base delle aspettative commerciali, ma del reciproco piacersi».
E a proposito dello studio-impresa Lega ricorda come da noi sia complicato riuscire a mettere sotto uno stesso tetto centinaia di avvocati. «In altri paesi europei la legislazione permette, ad esempio, di inquadrare alcuni avvocati come dipendenti e dunque consente di creare un'organizzazione. Qui in Italia non si può, invece, neanche capitalizzare il marchio: una legge del 1939 non ci permette di chiamarci né con un nome di fantasia, né con nomi che non siano quelli dei soci. Parlare di società di capitali, poi...».
http://www.ilsole24ore.com/art/notizie/2010-11-08/studio-vince-sceglie-solo-063715.shtml?uuid=AYD19yhC
0 comments: