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  • Malattie professionali: il datore si salva dal danno biologico anche se il dipendente ha ottenuto la rendita Inail

    Il dipendente ha dalla sua parte una sentenza definitiva che gli riconosce l’origine professionale della malattia e fa scattare la rendita Inail. Ma all’esito del distinto giudizio che lo contrappone al datore non è affatto scontato il risarcimento del danno biologico (e morale) in suo favore per violazione dell’articolo 2087 Cc. La colpa dell’azienda si presume, ma fino a prova contraria. Il datore, tuttavia, non può pensare di liberarsi tanto facilmente dell’infermo. È quanto emerge dalla sentenza 21203/10, emessa dalla sezione lavoro della Cassazione.

    Il caso
    «Carta canta!», esulta il dipendente dell’azienda chimica. Per poco, però. È vero: la sentenza passata in giudicato nella lite con l’Inail riconosce che l’attività lavorativa ha avuto un ruolo decisivo nell’insorgere della patologia, una malattia respiratoria. Ma la responsabilità per colpa del datore, così come si presume ex articolo 1218 Cc, può ben essere esclusa (di dolo non si è mai discusso in giudizio). Il dipendente che lamenta il danno alla salute deve provare il fatto che costituisce l’inadempimento del datore e il nesso di causalità materiale con il pregiudizio asseritamente subito. Il datore, dal canto suo, si salva soltanto dimostrando di avere adottato tutte le cautele necessarie per evitare la lesione. E, nella specie, dalla perizia e dalle testimonianze acquisite emerge che, in base alle conoscenze scientifiche dell’epoca, le misure di protezione effettivamente adottate dall’impresa risultavano adeguate per tutelare gli addetti alle lavorazioni. Il riconoscimento dell’indennità Inail avvenuto nell’altro giudizio attesta soltanto l’origine professionale della malattia. Risarcimento escluso, insomma, per il danno biologico. Veniamo al licenziamento illegittimo: la società è condannata a riassumere il lavoratore (o a pagargli sei mensilità). Anche quando l’infermità sopravvenuta è permanente, va escluso che si configuri un’impossibilità della prestazione che costituisca giustificato motivo oggettivo di licenziamento. A patto, beninteso, che il dipendente possa essere adibito a mansioni diverse. E attenzione: spetta sempre al datore dimostrare che non risulta praticabile impiegare il lavoratore infermo in altre funzioni.

    http://www3.lastampa.it/i-tuoi-diritti/sezioni/lavoro/news/articolo/lstp/374511/

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