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Telematica e processo: a Perugia saremmo pronti per le prime applicazione del Processo Civile Telematico
Altrove la mancanza di fondi blocca le intese raggiunte.
In Umbria l'infrastruttura tecnica sarebbe pronta per l'inizio del processo civile telematico, quanto meno con il decreto ingiuntivo telematico e le comunicazioni telematiche: solo che Corte d'Appello, Tribunali, Cancellerie e Avvocati lo vogliano, dall'anno prossimo potremmo sperimentare l'ebbrezza della modernità in aiuto alla moribonda Giustizia. Ma lo vorranno i soggetti indicati, che sono i protagonisti del processo e destinatari dell'innovazione?
Purtroppo c'è da dubitarne....e la situazione del Veneto, descritta nell'articolo di Italia Oggi, non spinge alla speranza... Telematica col fiato corto
In Veneto restano in stand-by le iniziative per innovare la giustizia Convenzioni firmate, mancano stanziamenti Veneto: al processo telematico mancano gli stanziamenti e intanto convenzioni già firmate per l'ingresso dei praticanti avvocati negli uffici restano a bagnomaria. Per Gian Maria Pietrogrande, magistrato Referente per l'Informatica, settore penale, per il Veneto, «il pct è partito a Milano solo perché l'hanno pagato gli avvocati e le banche. Del penale, poi, manco a parlarne. Il Cisia di Padova che gestisce anche Veneto e Friuli non ha più un dirigente e neppure un cancelliere ma solo tecnici, per fare appalti deve appoggiarsi a Milano». A distanza di un anno c'è ancora poca cosa del protocollo di intesa per la comunicazione telematica dei biglietti di cancelleria e la digitalizzazione dei fascicoli di primo grado tra i tribunali veneti di Bassano del Grappa, Belluno, Padova, Rovigo, Treviso, Venezia, Verona e Vicenza con i relativi consigli degli Ordini degli avvocati e la Corte d'appello di Venezia, il ministro della pubblica amministrazione e innovazione, e il ministro della giustizia. Vincenza Lanteri, magistrato della seconda sezione civile del tribunale di Padova parla di questo come di altri protocolli di intesa sul processo civile tematico come di «un grande bluff: riforme spezzate dalla mancanza di personale e mezzi che possa metterle in moto. In Italia si fanno riforme di apparenza come l'agenda del giudice che mi chiedo a cosa serva se mi ritrovo un carico di lavoro di 2 mila cause». Per lei «la vera riforma sarebbe stata quella dell'otto luglio 2010 inserita nel decreto di conversione della legge finanziaria bloccata dal presidente della repubblica Napolitano dove era previsto il regime di responsabilità per i capi degli uffici e l'affiancamento ai magistrati dei praticanti avvocati e degli ausiliari del giudice». In altre parole lo staff del magistrato sdoganato a tratti da delibere del Csm ma mai diventato realtà di legge ordinaria. Nella sezione di cui lei fa parte ci sono 7-8 magistrati con 1.600 fascicoli cartacei ciascuno e nessuna dematerializzazione dei fascicoli di primo grado, tanto per tornare al protocollo di intesa. Qui come altrove, di digitalizzato ci sono solo i decreti ingiuntivi telematici e pure «in minima parte», precisa, «con un risparmio di tempo spostato solo sull'avvocato che lo riceve sul proprio pc di studio in tempo reale visto che ora io ci metto più tempo a redigerlo in via informatica». In più, per la carenza di personale è stato eliminato il servizio di battitura delle sentenze in vista di un processo telematico che stenta. Meglio va la comunicazione telematica dei biglietti di cancelleria: «Lì lo sgravio è rilevante», riferisce il magistrato, «finalmente arrivano in tempo reale le comunicazioni tra cancellerie, parti e ctu che così vengono a sapere immediatamente di nomine e revoche con un notevole risparmio di tempo ed energie per avvocati e ufficiali giudiziari». E veniamo alle convenzioni per l'ingresso di praticanti avvocati e ausiliari negli uffici e nelle cancellerie: a Padova la convenzione firmata nel 2008 tra il Consiglio dell'Ordine degli avvocati e il tribunale non è mai partita perché non si è mai riunita la commissione di selezione e a Venezia si è sbloccata solo ora dopo una stasi di due anni con il risultato di uno stanziamento di 270 mila euro del Fondo sociale europeo che rischia di andare perduto se non sarà impiegato entro un mese: dicembre 2010.
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