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Cassazione: è concussione chiedere la “mazzetta” per conto di un terzo appartenente alla Pubblica amministrazione
È integra il reato di concussione in comportamento di chi, anche se estraneo alla P.A., chiede denaro per agevolare una pratica in qualità di nuncius di un terzo funzionario pubblico. È questa la decisione contenuta nella sentenza n. 44088 depositata lo scorso 15 dicembre. Secondo la Sesta Sezione Penale del Palazzaccio infatti deve escludersi il reato di truffa aggravata, tesi sostenuta dalla difesa. Secondo quanto si apprende dalla ricostruzione fatta dai giudici di legittimità, l’imputato, sulla base di un accordo con il pubblico ufficiale, avvicinava gli assicurati Inps e, mostrando loro la pratica relativa alla domanda di pensione di invalidità che il funzionario addetto a quel servizio aveva sottratto all’Ufficio, chiedeva e otteneva somme di denaro da versare al funzionario preposto all’istruzione della pratica, quale condizione necessaria per il riconoscimento del diritto. L’imputato in seguito alla condanna di secondo grado per concorso in concussione, impugnava la decisione dei giudici di Appello sostenendo l’erronea qualificazione giuridica del fatto perché, non avendo le persone offese dal reato avuto contatti con pubblico ufficiale né essendo esattamente rappresentato quale funzionario avrebbe dovuto promuovere le loro pratiche, il fatto doveva essere sussunto nella fattispecie legale della truffa aggravata. La Corte ritenendo infondato il motivo di gravame rilevato dall’imputato ha in proposito stabilito che “la distinzione tra il reato di concussione per induzione e quello di truffa aggravata ex art. 61, n. 9 cod. pen. risiede nelle modalità dell’azione messe in atto dal pubblico ufficiale: deve ravvisarsi corruzione tutte le volte che l’abuso della qualità o della funzione pubblica assuma preminente importanza prevaricatrice che induca il soggetto passivo all’ingiusta dazione ch’egli sa non essere dovuta; deve ravvisarsi invece il reato di truffa aggravata quando la qualità o la funzione del pubblico ufficiale concorra secondariamente alla determinazione della volontà del soggetto passivo, che viene convinto con artifizi o raggiri a una prestazione ch’egli crede dovuta. Nel caso concreto – ha precisato la Corte - è stato commesso il delitto di concussione, perché – come bene illustra la sentenza impugnata – alle vittime veniva rappresentato che il funzionario preposto all’istruzione della pratica avrebbe riconosciuto il diritto alla pensione soltanto se gli fosse stata corrisposta una consistente somma di danaro. E, a dimostrazione del fatto che la richiesta indebita proveniva effettivamente dal pubblico ufficiale, gli imputati esibivano la pratica pendente, che il correo abusivamente prelevava dell’ufficio cui era preposto. In altre parole le vittime pagavano perché costrette dell’illecita pressione esercitata dal ricorrente che agiva quale nuncius di un pubblico ufficiale bene identificato, nella consapevolezza che le somme versate non erano dovute. Pertanto la qualifica data al fatto è corretta”.
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