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  • Il bene donato resta alla figlia che esclude il papà

    Non può configurarsi ingratitudine da parte della figlia che, acquistato un immobile con il denaro donato dai genitori, accolti nell'abitazione, inviti il padre a lasciare la casa nel momento in cui la convivenza è divenuta intollerabile. Non ricorre, pertanto, l'ingiuria grave richiesta, dall'articolo 801 del Codice civile, quale presupposto per la revoca della donazione.

    La Cassazione (sentenza 7487/11) respinge così il ricorso di un uomo per la revoca di donazione per la presunta ingiuria grave subita dalla figlia.
    Nel 1991 il ricorrente elargiva a quest'ultima il denaro per acquistare una villa che la giovane destinava a casa familiare. La convivenza tra i genitori si rivelava però intollerabile fino a che la moglie avviava il procedimento di separazione conclusosi con l'assegnazione in suo favore della casa. Pertanto, la figlia inviava al padre diffida a lasciare l'abitazione, ma questi replicava instando per la revoca della donazione quale conseguenza dell'ingiuria grave subita, chiedendo inoltre il riconoscimento del diritto di comproprietà al 50%, nonché la condanna al risarcimento dei danni patiti. Sia il tribunale, sia la corte territoriale respingevano il ricorso, escludendo la sussistenza degli elementi costituitivi della colpa grave, attese le ragioni connesse al rapporto tra i genitori, ormai compromesso, e ai provvedimenti emessi dai giudici di separazione personale dei coniugi.

    L'uomo proponeva ricorso in Cassazione evidenziando che gli estremi dell'ingiuria grave non sarebbero stati ostacolati dalla valutazione della sussistenza delle motivazioni che avevano indotto la figlia a inoltrare la diffida al padre donante a lasciare l'alloggio oggetto della liberalità. La richiesta di allontanamento del padre, privo di adeguati redditi e di sistemazioni abitative, avrebbe costituito di per sé una ingiuria grave, «non sussistendo margini per interpretazioni giustificatrici capaci di eliderne il disvalore morale».

    I Supremi giudici hanno respinto le argomentazioni difensive dell'uomo, chiarendo: a) che l'ingiuria grave consiste in un comportamento suscettibile di ledere in modo rilevante il patrimonio morale del donante ed espressivo di un reale sentimento di avversione da parte del donatario, tale da ripugnare alla coscienza collettiva; b) che, nel caso in esame, i giudici di merito avevano correttamente escluso la sussistenza degli elementi costituitivi della colpa grave.

    Per la Cassazione, la diffida a lasciare la casa non poteva essere intesa quale «manifestazione di un atteggiamento di disistima delle qualità morali» del padre, o «di mancanza di rispetto nei suoi confronti», né «come un affronto animoso contrastante con il senso di riconoscenza e di solidarietà che, secondo la coscienza comune, deve improntare il comportamento della figlia donataria»; bensì «come presa d'atto della frattura tra i genitori, dipendente dalla loro disaffezione e distacco spirituale, e, quindi, del sopravvenire di una condizione tale da rendere incompatibile la prosecuzione della convivenza».

    http://www.ilsole24ore.com/art/norme-e-tributi/2011-04-18/bene-donato-resta-figlia-145112.shtml?uuid=AaHLN0PD

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