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  • Società continuava a riscuotere tasse anche senza avere più mandato: 5 arresti. Gdf perquisisce ufficio tributi

    La guardia di finanza di Milano ha effettuato questa mattina una serie di perquisizioni al comune di napoli nell'ambito di una inchiesta per bancarotta e peculato nella riscossione della tassa sui rifiuti. L'inchiesta, coordinata dai pm di Milano, Luigi Orsi e Sergio Spadaro, ha portato anche all'arresto di cinque persone.
    Le ordinanze di custodia cautelare sono nei confronti di 5 persone, di cui 2 in carcere e 3 ai domiciliari, che,m secondo l'ipotresi dell'accusa, si sono rese responsabili a vario titolo di bancarotta fraudolenta e peculato, nonché effettuando perquisizioni presso enti locali, abitazioni e sedi di società anche in altre regioni italiane.

    L'attività investigativa ha consentito di scoprire un'organizzazione a delinquere finalizzata alla bancarotta fraudolenta e al peculato che, attraverso la gestione di una società milanese, era incaricata della liquidazione, dell'accertamento e della riscossione di tributi e altre entrate (tarsu, ici, pubblicità, tosap, multe, condoni ecc...) di alcuni enti locali (tra cui i comuni di Napoli, Bordighera, Siderno, Grumo Nevano, Oppido Mamertina, ecc.). Oltre a sottrarre fraudolentemente somme per circa 50 milioni di euro derivanti dalla riscossione dei tributi locali, poneva in essere azioni di distrazione del patrimonio della società, poi fallita, per circa 18 milioni euro.

    In particolare, nel corso delle indagini è emerso - a partire dal 2001 - un flusso finanziario in uscita dalla società poi fallita diretto a due soggetti risultati essere amministratori di fatto della stessa: il denaro indebitamente sottratto proveniva dall'attività di riscossione dei tributi locali. Successivamente, nel 2005, alla predetta società è subentrata nella gestione dei tributi un'altra impresa, con sede a napoli e a capitale misto (con soci il comune di napoli e la prima società), ma sempre controllata di fatto dagli indagati, che hanno continuato a drenarne i fondi, anche mediante fittizi contratti di outsourcing con la stessa. Fra i 10 indagati, di cui 5 oggi tratti in arresto, figurano un dirigente del comune di Napoli, membri del collegio sindacale e amministratori di fatto e di diritto delle due società.

    Per quattro anni, dal 2005 al 2009, la società Aip «ha continuato a ricevere, sul suo conto corrente postale, i contributi erroneamente versati dai contribuenti, in buona fede», nonostante «non si occupasse più della riscossione dei tributi» per conto del Comune di Napoli. È quanto emerge dall'ordinanza di custodia cautelare, firmata dal gip di Milano Micaela Curami, nell'ambito di un'inchiesta che ha evidenziato che gli indagati hanno intascato oltre 32 milioni di euro di imposte dei cittadini napoletani, tra cui anche la Tarsu, la tassa sui rifiuti. «Nonostante dall' 1.1.2005 non si occupasse più della riscossione dei tributi - scrive il gip - Aip (Azienda Italiana Pubblicità srl, ndr) ha continuato a percepire tributi, avendo omesso di chiudere il conto corrente postale dedicato alla riscossione», che è rimasto aperto fino al 2009. La società, si legge ancora, «anziché riversare l'indebitamente percepito ad Elpis (la società incaricata della riscossione, ndr) o al Comune di Napoli (...) via via che si accumulavano gli importi provvedeva a trasferirli (con assegni o bonifici) su altri conti correnti, confondendoli nel suo patrimonio finanziario». In totale, tra il 2001 e il 2009, Aip «ha utilizzato le somme versate sul conto», che erano poi «i tributi versati dai contribuenti napoletani», come «si trattasse di denaro proprio», per un peculato da oltre 32 milioni di euro.

    Nell'inchiesta sono stati arrestati Roberto Toia, all'epoca presidente del cda di Aip; Stefano Gobbie e Giorgio Martinato, rispettivamente consigliere delegato e amministratore unico della società; Gabriella Amati e Angelo Maj amministratori di fatto dell'azienda, accusati anche di bancarotta. Il peculato, che riguarda «i rapporti tra Aip ed il Comune di Napoli», sarebbe stato commesso «in concorso con pubblici ufficiali in servizio presso il Comune di Napoli. Nell'inchiesta, infatti, è indagato anche un dirigente comunale, Ida Alessio Vernì.
    Al centro dell'inchiesta c'è anche la Elpis, «società mista partecipata al 51% dal Comune di Napoli e al 49% da Aip». Dalla metà degli anni '90, spiega il gip, Aip «si è occupata per diversi comuni della riscossione di tutte le tipologie di tributi e entrate comunali», tra cui la Tarsu e l'Ici. Il gip sottolinea come il Comune di Napoli, nel 2002, nonostante avesse parlato in una delibera della «assoluta incertezza delle entrate» rispetto ad Aip, «dopo pochi mesi» aveva riconosciuto alla società «un indennizzo» di quasi 3 milioni di euro. Ciò, chiarisce il giudice, la «complessa vicenda» getta «una pesante ombra sulle modalità di gestione da parte del Comune di Napoli».

    http://www.ilmattino.it/articolo.php?id=153328&sez=NAPOLI

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