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  • Banche: la Consulta boccia il taglio dei tempi per i ricorsi contro l'anatocismo

    Si riaprono i giochi sull'anatocismo (applicazione di interessi su interessi). La Corte costituzionale ha bocciato ieri la norma del passato decreto "milleproroghe" che aveva tagliato drasticamente i tempi per presentare ricorso. Per effetto della sentenza, adesso, i clienti delle banche che negli anni '90 ritengono di avere subìto un danno per l'addebito di interessi non dovuti potranno fare valere le proprie ragioni davanti ai giudici. L'anatocismo è costituito dall'applicazione di interessi sugli interessi maturati in precedenza: se un capitale produce interessi in un determinato periodo, gli interessi calcolati nel periodo successivo sono anatocistici se, oltre a essere calcolati sul capitale, sono pure conteggiati sugli interessi maturati nel periodo precedente. Secondo la Corte, l'articolo 2, comma 61, del Dl 225 del 2010 (Dl Milleproroghe, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 10 del 2011) , disponendo con efficacia retroattiva sui termini di prescrizione, viola l'articolo 3 della Costituzione. La norma censurata è la seguente: «61. In ordine alle operazioni bancarie regolate in conto corrente l'articolo 2935 del codice civile si interpreta nel senso che la prescrizione relativa ai diritti nascenti dall'annotazione in conto inizia a decorrere dal giorno dell'annotazione stessa. In ogni caso non si fa luogo alla restituzione di importi già versati alla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto». Secondo la Corte,«l'efficacia retroattiva della deroga rende asimmetrico il rapporto contrattuale di conto corrente perché, retrodatando il decorso del termine di prescrizione, finisce per ridurre irragionevolmente l'arco temporale disponibile per l'esercizio dei diritti nascenti dal rapporto stesso, in particolare pregiudicando la posizione giuridica dei correntisti che, nel contesto giuridico anteriore all'entrata in vigore della norma denunziata, abbiano avviato azioni dirette a ripetere somme ai medesimi illegittimamente addebitate». Si viola così «l'art. 3 Cost., perché la norma censurata, facendo retroagire la disciplina in esso prevista, non rispetta i principi generali di eguaglianza e ragionevolezza (sentenza n. 209 del 2010)». Doppia violazione Inoltre, la norma contrasta anche con l'articolo 117 «nella parte in cui impone la conformazione della legislazione interna ai vincoli derivanti dagli obblighi internazionali». La Convenzione europea e le indicazioni della Corte europea dei diritti dell'uomo, spiega la Corte costituzionale, lasciano uno spazio «sia pur delimitato, per un intervento del legislatore con efficacia retroattiva (fermi i limiti di cui all'art. 25 Cost.)», purché sia giustificato da «motivi imperativi d'interesse generale». Ma nel caso in esame «non è dato ravvisare quali sarebbero i motivi imperativi d'interesse generale, idonei a giustificare l'effetto retroattivo. Ne segue che risulta violato anche il parametro costituito dall'art. 117, primo comma, Cost., in relazione all'art. 6 della Convenzione europea, come interpretato dalla Corte di Strasburgo». Pertanto «deve essere dichiarata l'illegittimità costituzionale dell'art. 2, comma 61, del d.l. n. 225 del 2010, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 10 del 2011 (comma introdotto dalla legge di conversione). La declaratoria di illegittimità comprende anche il secondo periodo della norma («In ogni caso non si fa luogo alla restituzione di importi già versati alla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto»), trattandosi di disposizione strettamente connessa al primo periodo, del quale, dunque, segue la sorte». http://www.ilsole24ore.com/art/norme-e-tributi/2012-04-05/banche-consulta-boccia-articolo-160352.shtml?uuid=AbjIWYJF

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