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  • Infiltrazioni dovute a gravi difetti e risarcimento dei danni: il condominio è responsabile ma può rivalersi sull’impresa costruttrice

    Nel dare notizia di una sentenza emessa dal Tribunale di Monza il 7 maggio 2013 (sent. n. 1230), dobbiamo prima d’ogni cosa ringraziare l’Avv. Christian Camesasca, del foro di Desio, che ci ha fornito il testo del provvedimento reso al termine di una causa che l’ha visto difendere vittoriosamente gli attori. Che cosa si afferma nella sentenza? Per dirla in sintesi o “tirando fuori” una massima (come si dice in gergo tecnico):in tema di danni da infiltrazioni, il condominio è responsabile, ai sensi dell’art. 2051 c.c., per i danni patrimoniali e non patrimoniali derivanti dalle parti comuni anche se gli stessi sono causati da gravi difetti di costruzione imputabili all’impresa. Contro di essa, la compagine ha comunque diritto di agire (anche in rivalsa) ai sensi dell’art. 1669 c.c. A dirla tutta, per completezza, dalla sentenza si può desumere anche che l’azione ex art. 1669 c.c. può essere intrapresa pure dal singolo condomino verso l’impresa costruttrice in alternativa all’azione contro la compagine ed indipendentemente dal fatto che lo stesso abbia acquistato l’unità immobiliare direttamente dal costruttore, ciò perché la norma citata, come ha detto la Cassazione e ricordato il Tribunale di Monza, ha natura extracontrattuale. Vediamo più da vicino i fatti che hanno portato alla sentenza n. 1230/13 del Tribunale di Monza. Marito e moglie, proprietari di un’unità immobiliare in un edificio in condominio, personalmente e in qualità di legali rappresentanti dei propri figli, hanno citato in giudizio il condominio, quale custode delle parti comuni per sentirlo condannare, ai sensi o dell’art. 2043 o dell’art. 2051 c.c., al risarcimento dei danni patrimoniali e non derivanti dalle infiltrazioni provenienti da parti comuni. Il condominio, a sua volta, ritenendo la problematica connessa a gravi difetti costruttivi (art. 1669 c.c.) chiamava in causa (in gergo tecnico otteneva l’autorizzazione alla chiamata in causa di terzo) l’impresa costruttrice. Quest’ultima nel difendersi eccepiva la decadenza dall’azione ex art. 1669 c.c. Il magistrato brianzolo, al termine dell’istruttoria, che aveva visto l’espletamento di un accertamento tecnico preventivo in corso di causa oltre che di una consulenza tecnica d’ufficio, ha così deciso: il condominio è responsabile per i danni patrimoniali e non patrimoniali (questi ultimi meglio conosciuti ai più, anche se impropriamente, come danni morali) verso i condomini ex art. 2051 c.c.. L’impresa, a sua volta, è responsabile verso il condominio ai sensi dell’art. 1669 c.c. Ciò perché, afferma il Tribunale di Monza, “nell’ipotesi in esame non può in alcun modo ritenersi automaticamente estesa la domanda proposta dagli attori ai sensi degli artt. 2051 e 2043 c.c. nei confronti del solo Condominio, avendo quest'ultimo richiamato nei confronti della società costruttrice la diversa responsabilità di cui all’art. 1669 c.c. che, sebbene pacificamente di natura extracontrattuale, ha struttura e presupposti diversi da quelli di cui agli artt. 2051 e 2043 c.c.” Insomma per come è stata impostata la causa, a meno che le parti non si metteranno d’accordo diversamente, i condomini dovranno essere risarciti dal condominio che a sua volta dovrà essere risarcito dall’impresa. Se ciò non avverrà spontaneamente, i condomini potranno agire solamente contro il condominio così come quest’ultimo potrà agire contro la succitata impresa. Quanto alla responsabilità del condominio, in sentenza (sulla scorta di abbondante Cassazione che s’è pronunciata in tal senso) si legge che la compagine è sempre responsabile dei danni provenienti dalle parti e anche se i danni (nel caso di specie le infiltrazioni) sono stati originati da gravi difetti costruttivi. La responsabilità del costruttore che ne deriva, si legge nella pronuncia, non può essere equiparata al caso fortuito che rappresenta l’unica ipotesi di esonero dalla responsabilità oggettiva per cose in custodia ex art. 2051 c.c. Dai danni alle abitazioni, poi, prosegue il giudice adito nell’ampia motivazione della sentenza n. 1230/13, possono discendere anche danni di natura non patrimoniale per le persone che vi abitano. L’iter argomentativo del magistrato è articolato. Esso parte dalla sentenza n. 26972 del 15.11.2008 (sul così detto danno esistenziale) e passando per la Convenzione Europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali riconosce dignità di diritto fondamentale alla proprietà che quindi dev’essere tutelata da ogni forma di aggressione ingiustificata. Non è la prima volta che si giunge a simili conclusioni (cfr. in tal senso Trib. Firenze, 21 gennaio 2011 n. 147). Le infiltrazioni rappresentano una forma di danno ingiusto e se da queste discende un non trascurabile disagio nel godimento del bene, allora il diritto di proprietà deve ritenersi leso e di conseguenza deve considerarsi esistente un danno non patrimoniale per il titolare di quel diritto. E’ sempre il giudice a dover apprezzare la lesione di diritti ed interessi, ricorda il Tribunale di Monza, per poi concludere che nel caso di specie non si sono posti dubbi sul diritto al risarcimento visto che i fenomeni infiltrativi avevano creato problemi di salute e comunque avevano limitato il godimento dell’immobile (un certificato ASL, atto di causa, parlava di invivibilità della casa). Condannato il condominio, il giudice, si diceva in precedenza, è poi passato a decidere sui rapporti compagine-impresa, condannando anche quest’ultima. I danni erano sicuramente ascrivibili alla presenza dei così detti gravi difetti di costruzione e quindi, si legge nella sentenza che motiva anche sulla scorta delle consulenza tecniche agli atti di causa, era legittima l’azione del condominio ex art. 1669 c.c. In questo contesto, afferma il Tribunale di Monza, la denuncia di tali gravi difetti da parte del condominio non può considerarsi tardiva, in quanto, come affermato ormai da lungo tempo dalla Cassazione, “il termine di un anno per la denuncia del pericolo di rovina o di gravi difetti nella costruzione di un immobile, previsto dall'art. 1669 cod. civ. a pena di decadenza dall'azione di responsabilità contro l'appaltatore, decorre dal giorno in cui il committente consegua un apprezzabile grado di conoscenza oggettiva della gravità dei difetti e della loro derivazione causale dall'imperfetta esecuzione dell'opera, non essendo sufficienti, viceversa, manifestazioni di scarsa rilevanza e semplici sospetti; tale conoscenza deve ritenersi, di regola, acquisita, in assenza di anteriori ed esaustivi elementi, solo all'atto dell'acquisizione di relazioni peritali effettuate (cfr., ad esempio, Cass. Civ. n. 2460/2008 [...])” (così Trib. Monza 7 maggio 2013 n. 1230). Insomma i termini della denuncia decorrono da quando si ha cognizione fondata su dati di fatto (e non su meri sospetti personali) della presenza di gravi difetti. In ogni caso, proprio per evitare di cadere nelle pericolose trappole dovute alla decadenza, è sempre bene agire rapidamente. Sui gravi difetti – per i quali per un’analisi più accurata rimandiamo ad un altro nostro articolo di approfondimento dal punto di vista tecnico – nella sentenza, in conformità a quanto detto dalla Cassazione, si legge che devono essere considerati tali “quelli dai quali derivi un apprezzabile danno alla funzione economica od una sensibile menomazione del normale godimento dell'edificio o del suo valore di scambio, rivestendo il carattere della gravità tutte quelle alterazioni che incidono sulla sostanza dell’opera e su tutti quegli elementi che devono essere presenti affinché l’opera stessa possa fornire la normale utilità in relazione alla sua funzione economica e pratica (per l’affermazione di siffatto principio cfr., tra le tante, Cass. Civ. n. 9636/2001 [...])” (Trib. Monza 7 maggio 2013 n. 1230). http://www.condominioweb.com/condominio/articolo1640.ashx

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