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  • “RESPONSABILITA’ DEL MEDICO E PROVA DEL NESSO DI CAUSA: LA CASSAZIONE (ANCORA UNA VOLTA) RINNEGA SE’ STESSA” - Corte. Cass., Sez. III, n. 18341/2013

    Dopo poco più dieci giorni dalla pubblicazione della decisione n. 17573/2013 (consultabile sulle pagine di questa rivista con un brillante commento di Gino M.D. Arnone), nuovamente la Terza Sezione della Suprema Corte si pronuncia sull’onere della prova del nesso causale tra fatto del sanitario e danno, addossandolo, anche in questo caso, al danneggiato. Il contrasto di giudizio tra i membri della Sezione Semplice, ed il conflitto di pensiero tra questa ultima e le indicazioni date dalle Sezioni Unite sul tema, quindi, non appare più un caso isolato. Il gravoso onere probatorio attribuito al paziente/creditore circa il nesso di causa tra lesione subita e condotta del medico, infatti, era stato categoricamente escluso un lustro fa, quando le Sezioni Unite, nella sentenza n. 577 dell’11 gennaio 2008, avevano espresso il seguente principio di diritto: “in tema di responsabilità contrattuale della struttura sanitaria e di responsabilità professionale da contatto sociale del medico, ai fini del riparto dell’onere probatorio, l’attore, paziente danneggiato, deve limitarsi a provare il contratto (o il contatto sociale) e l’aggravamento della patologia o l’insorgenza di un’affezione ed allegare l’inadempimento del debitore, astrattamente idoneo a provocare il danno lamentato. Competerà al debitore dimostrare o che tale inadempimento non vi è stato ovvero che, pur esistendo, esso non è stato eziologicamente rilevante”. La via indicata non è sfuggita ad alcuni magistrati della Terza Sezione che, nella sentenza n. 17143 del 9 ottobre 2012 (Pres. Massera – Rel. Scarano), hanno così definito la questione: “in base alla regola di cui all'art. 1218 c.c., il paziente- creditore ha il mero onere di allegare il contratto ed il relativo inadempimento o inesatto adempimento, non essendo tenuto a provare la colpa del medico e/o della struttura sanitaria e la relativa gravità” aggiungendo, poi, che è sul debitore (in questo caso il medico) che incombe l'onere di provare che l'inesattezza della prestazione dipende da causa a lui non imputabile, rimanendo soccombente laddove egli non riesca a fornire tale prova. Con un colpo di coda, altri giudici della Sezione semplice, riabbracciano il filone giurisprudenziale decisamente criticato dalle Sezioni Unite (sentenza citata, paragrafi 4.2 e 4.3) e, nella decisione in commento (Presidente Berruti – Relatore Giacalone), così come nella precedente già citata (Presidente Berruti – Relatore D’Amico), stabiliscono che il paziente, oltre a dover dimostrare il rapporto di cura ed il danno, debba altresì provare il nesso causale, limitando la possibilità di mera allegazione alla sola colpa del medico. E’ evidente come al richiamo formale della disciplina relativa alla responsabilità contrattuale ed alle disposizioni di cui all’art. 1218 cc (comunque operato in sentenza) i giudici contrappongano la sostanziale inversione dell’onere probatorio, riconoscendosi in ciò una malcelata applicazione delle regole tipiche della responsabilità aquilana, quasi che il generale obbligo di protezione e sicurezza derivante dal contatto sociale tra medico e paziente sia equiparato alla altrettanto generale regola del nemin laedere. Un tanto pare essere avvalorato da altro passaggio della sentenza, laddove viene affermato che "non assume rilievo decisivo l'affermazione contenuta nella sentenza impugnata circa l'impossibilità di escludere «quantomeno il ragionevole dubbio sul collegamento dei gravi danni del bambino alla condotta di quel personale»", condotta che, si legge nelle ultime righe della parte motiva, veniva considerata fonte di responsabilità, seppur soltanto eventuale, dai consulenti tecnici interpellati in primo grado. Decisione, in definitiva, criticabile, non solo perché si pone in aperto contrasto con i principi di diritto già forniti dalle Sezioni Unite, ma, soprattutto, perché inisiste nel solcare quella strada che impone al danneggiato obblighi probatori di arduo (se non impossibile) adempimento. http://www.personaedanno.it/index.php option=com_content&view=article&id=43342&catid=98

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