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  • Incidenti: sì al «danno esistenziale» nella misura di un settimo del morale per i parenti della vittima

    Valutazione equitativa in base all'età dei congiunti per la voce non autonomamente risarcibile. Tardiva la domanda di lesione patrimoniale del socio nell'impresa familiare
    Il danno esistenziale esiste o almeno è sopravvissuto. Sopravvissuto alla scure delle Sezioni unite civili della Cassazione che con la sentenza 26972/08 ha chiarito che non si tratta di una voce autonomamente risarcibile per le vittime degli incidenti e i loro familiari sopravvissuti. Ma ora spunta un'altra sentenza di legittimità che in effetti lo risarcisce, sia pure in frazione del pregiudizio di natura morale: non male per una «mera categoria descrittiva», con la quota liquidata che nella specie è stabilita nella misura di un settimo, in favore del fratello della vittima e della madre e del padre (a sua volta deceduto). È quanto emerge dalla sentenza 25409/13, pubblicata il 12 novembre dalla terza sezione civile della Cassazione.
    Motivazione adeguata
    Confermata la valutazione della Corte d'appello che riduce ai parenti della donna morta nel sinistro il risarcimento del danno esistenziale eppure lo liquida definendolo tale, per la gioia delle assicurazioni. È ribadita l'interpretazione secondo cui il danno esistenziale costituisce soltanto un aspetto della più ampia categoria del danno non patrimoniale; tuttavia resta com'è pure la statuizione secondo cui esso deve essere liquidato nella misura di un settimo dell'importo liquidato a titolo di danno morale considerata la composizione del nucleo familiare - i superstiti, ora, sono madre e fratello della vittima - e l'età dei danneggiati: la signora ottiene 150 mila euro, l'unico figlio rimasto 75 mila. E la valutazione equitativa, perché motivata in modo adeguato, non risulta suscettibile di riesame in sede di legittimità.
    Istruttoria necessaria
    La vittima è morta in incidente in cui era terzo trasportato: i danni sono a carico del guidatore e della sua assicurazione. La ragazza era titolare del 49 per cento delle quote della società di famiglia: nell'atto di citazione i parenti superstiti chiedono genericamente tutti i danni patrimoniali scaturiti dalla morte della congiunta. E ciò sia perché viene meno l'apporto all'impresa familiare sia perché i redditi erano destinati quasi per intero al mantenimento della famiglia. Con una successiva memoria ex articolo 184 Cpc la madre chiede il danno in quanto proprietaria del 51 per cento delle quote, lamentando i mancati introiti all'azienda che la morte della figlia ha procurato. Ma la domanda introduce nuove ragioni di credito: la relativa delibazione avrebbe richiesto un'istruttoria ad hoc e, dunque, non può trovare ingresso. Spese di giudizio compensate a causa della gravità dei danni e dalle difformità nella liquidazione del danno nei giudizi di merito che può aver creato incertezza nei congiunti della vittima rispetto alla fondatezza delle loro ragioni.

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