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  • CONDOMINIO PRIVO DI REGOLAMENTO - CASI DI NULLITA’ DI DELIBERA ASSEMBLEARE

    I
    I partecipanti ad  un condominio privo di regolamento, per la gestione delle cose comuni, devono attenersi ai criteri previsti dalla legge in quanto manca l’alternativa – ma solamente per le norme derogabili – di un regolamento che possa vincolare tutti i condomini al suo rispetto.

    Le norme applicabili, quindi, alla gestione della cosa comune, delimitano, tra l’altro, le attribuzioni dell’assemblea con i relativi poteri e limiti che possono però, questi ultimi, essere superati unicamente da un accordo unanime di tutti i condomini, nessuno escluso.
    Su tale pacifico principio risulta nulla la delibera che prevede il pagamento di una penale per eventuali morosità nel pagamento degli oneri condominiali, ancor più se per tale penale non risulti previsto limite alcuno in quanto commisurata in percentuale al solo importo della morosità.
    Tale delibera infatti non rientra nei poteri dell’assemblea previsti dalla vigente normativa.
    Una siffatta penale  -  in linea astratta prevedibile solamente in un regolamento di condominio - risulterebbe nulla anche per la mancata previsione di un limite in quanto contraria a norma di legge inderogabile quale è l’art. 70 disp. att. c.c..
    Infatti la mancata previsione di un limite della penale risulta in contrasto con la citata normativa che invece un limite lo prevede inderogabilmente.
                                                    II
    In applicazione dei richiamati principi risulta nulla anche la delibera di no-mina di un “delegato” o “facente funzioni”.
    L’amministratore di condominio – ente nel quale non è ravvisabile una au-tonomia patrimoniale, bensì una  gestione collegiale di interessi individuali, con sottrazione o compressione della autonomia individuale – configura un “ ufficio di diritto privato” oggettivamente orientato alla tutela del complesso dei suindicati interessi e realizzante una cooperazione, in ragione di autonomia con i condomini, singolarmente considerati, che è assimilabile, pur con tratti distintivi in ordine alle modalità di costituzione ed al contenuto “ sociale” della gestione, al “mandato con rappresentanza”.
    Tale figura giuridica di rappresentanza ha poteri ed obblighi previsti dalla vi-gente normativa in materia alla quale i partecipanti del condominio, se vogliono servirsi di un amministratore, si devono attenere per la gestione delle cose comuni (art. 1129 c.c.).
    Ripetendo che le norme applicabili alla gestione della cosa comune delimi-tano, tra l’altro, le attribuzioni dell’assemblea con i relativi poteri e limiti che possono però, questi ultimi, essere superati unicamente da un accordo unanime di tutti i condomini, nessuno escluso, tra i poteri dell’assemblea non è prevista la nomina di un “delegato”, figura sconosciuta al condomi-nio se non come “facente funzioni” in occasione dell’inserimento di un nomi-nativo nella targhetta da apporre in ogni fabbricato che però non avrebbe alcun potere di gestione.
    Il “delegato” si troverebbe a rappresentare il condominio - assumendo obbligazioni nei confronti dei terzi ed incassando somme di denaro - senza però averne tutte le relative responsabilità ed obblighi inderogabilmente  previsti dall’art. 1129 c.c. a tutela dei condomini.
    La delibera condominiale viene approvata con il principio maggioritario e non va confusa con un negozio plurilaterale.
    Quest’ultimo è infatti valido unicamente se vi partecipano tutte le parti necessarie, differentemente invece dalla delibera che viene adottata con il principio maggioritario dove la validità è effetto del volere della maggioranza.
    La nomina di un “delegato” da parte dei  condomini a maggioranza, poiché fuori dalle competenze dell’assemblea, configura un negozio plurilaterale che solo in caso di unanimità può essere contenuto in una delibera assembleare in quanto esorbitante dai poteri e limiti a quest’ultima attribuiti dalla legge. Quindi un negozio plurilaterale che nomina soggetto delegato che, a differen-za della figura giuridica dell’amministratore assimilabile al mandatario, è equiparabile  al gestore di affari altrui gli consentirebbe di gestire gli affari del condominio senza però rivestire detta figura giuridica.  Tale nomina risulterebbe ammissibile  se detto gestore - configurando un negozio plurilaterale a-tipico non perfezionabile se non con l’ adesione di tutti i partecipanti - fosse stato incaricato dai condomini all’unanimità.
    La mancanza di unanimità nella delibera è causa di nullità in quanto esorbitante i poteri conferiti dalla legge all’assemblea.              
    Ma, analogamente a quanto già rilevato per la “penale”, risultando il delegato un soggetto estraneo al condominio, una siffatta delibera è nulla anche per violazione di norma inderogabile, quale l’art. 1129 c.c., che prevede i requisiti necessari di colui che è chiamato, indipendentemente dal nome iuris a lui attribuito, a gestire i beni comuni godendo peraltro anche della previsione di una retribuzione.
    Il “delegato”, di fatto, avendo accesso al conto corrente condominiale e costituendo in mora i condomini per il pagamento di oneri condominiali svolge funzioni di amministratore senza averne responsabilità alcuna.

    Avv. Ennio Imperatore del Foro di Napoli

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