CASSAZIONE: Intimidisce la moglie per costringerla a tornare a casa; è violenza privata
Risponde del delitto di violenza privata e non di minaccia il marito che, con più azioni esecutive di un medesimo disegno criminoso, minaccia la moglie profferendo nei suoi confronti le seguenti espressioni “ se entro tre giorni non torni con me io ti ammazzo, incendierò i camions di tuo padre, se vengo sopra ti specco la porta e ti faccio un macello”.
A chiarirlo è la Suprema corte che, con sentenza del 20 luglio 2009, n. 30071, evidenzia la differenza tra il delitto di minaccia (art. 612 c.p.) e quello, ben più grave, di violenza privata.
Secondo i giudici della quinta sezione penale la differenza «va individuata nel fatto che mentre nella minaccia l’atto intimidatorio è fine a se stesso e per la sussistenza del reato è sufficiente che l’agente ponga in essere la condotta minatoria in senso generico trattandosi di reato formale con evento di pericolo, immanente nella stessa condotta, viceversa nella violenza privata la minaccia (o la violenza fisica) funge da mezzo a fine e occorre che essa sia diretta a costringere taluno a fare, tollerare od omettere qualcosa, con evento non di pericolo, ma di danno, rappresentato dal comportamento coartato dal soggetto passivo, dipendente dall’atto di intimidazione(o di violenza) subito».
(Cassazione penale Sentenza, Sez. V, 20/07/2009, n. 30071)
fonte Ipsoa
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