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  • CASSAZIONE: Trasferimento del lavoratore: somme corrisposte dal datore sono reddito tassabile

    La sentenza 5962/2009 della Corte di cassazione costituisce principio ormai ampiamente consolidato nella giurisprudenza di legittimità – dal quale il Collegio non ravvisa ragioni per discostarsi – quello secondo il quale le somme corrisposte dal datore di lavoro al proprio dipendente in occasione del trasferimento ad altra sede a titolo di differenza per il maggior canone di locazione sono componenti del reddito tassabile e vanno, pertanto, assoggettate ad IRPEF per l’intero ammontare, se ricadono in periodi d’imposta anteriori al 1 gennaio 1998 (data di entrata in vigore del D. Lgs. n. 314 del 1997), e, quindi, sia nel vigore del D.P.R. n. 597 del 1973, art. 48 sia ai sensi del D.P.R. n. 917 del 1986, art. 48 (nel testo anteriore alla sostituzione operata dal citato D.Lgs. n. 314 del 1997).
    Al riguardo si osserva:
    che il reddito di lavoro dipendente, al sensi dell’art. 48 primo comma del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 597. è costituito da “tutti i compensi, comunque denominati, percepiti m dipendenza del lavoro prestato, anche sotto forma di partecipazione agli utili ed a titolo di sussidio o liberalità”;
    che detto reddito include dunque, oltre alla, retribuzione in senso stretto, cioé al corrispettivo pattuito per l’attività lavorativa, ogni altra erogazione che trovi fonte nel rapporto di lavoro, e che sia effettuata in funzione compensativa, vale a dire riequilibratrice del vantaggio che il datore di lavoro riceve dalla prestazione e delle energie che il dipendente spende per compiere la prestazione stessa;
    che tale ampia definizione dell’imponibile necessariamente abbraccia i sussidi e le indennità, con cui il datore di lavoro assuma su di sé, integralmente o parzialmente, gli oneri economici di ordine generale che il lavoratore affronti per mettersi in grado di svolgere l’attività convenuta, quali le spese di alloggio, vitto e vestiario, dato che le relative erogazioni dipendono dal rapporto di lavoro, non da altra causale, ed hanno l’indicata funzione compensativa;
    che in questa logica si inseriscono i successivi commi del citato art. 48, recanti specifiche eccezioni alla previsione del primo comma, e, in particolare, il terzo comma, quando, per l’indennità di trasferta, sottrae all’imponibile solo una percentuale forfettizzata, sulla scorta di un’implicita valutazione di presuntiva imputabilità di tale percentuale al recupero delle spese “vive” richieste dalla trasferta medesima, e così conferma la tassabilità della rimanente parte, anche se riconducibile all’incremento delle menzionate spese generali di mantenimento per il temporaneo impegno del lavoratore in località diversa da quella abituale;
    che detti criteri sono sostanzialmente recepiti dall’art. 48 del d.P.R. 22 dicembre 1986 n. 917, il quale definisce come reddito tassabile tutti i compensi dipendenti dal rapporto di lavoro, espressamente comprendendovi i rimborsi di spese (primo comma), e poi, in via d’eccezione, si occupa, fra l’altro, delle indennità e dei rimborsi per trasferte (quarto comma), fissando una misura non imponibile;
    che i criteri medesimi sono ribaditi con la riformulazione dell’art. 48 del d.P.R. n. 917 del 1986, introdotta, con effetto dal 1^ gennaio 1998, dall’art. 3 del d.lgs. 2 settembre 1997 n. 314, ove si qualifica come reddito di lavoro, ai fini impositivi, ogni erogazione effettuata “in relazione al rapporto di lavoro”, usandosi espressione equivalente a quella di erogazione dipendente dal rapporto di lavoro, anche se poi, nell’ambito di una più articolata disciplina delle eccezioni, si contempla, per la prima volta, l’indennità di trasferimento, l’indennità di sistemazione e quelle analoghe, adottandosi anche per esse il parametro della non tassabilità di una misura percentuale, predeterminata (settimo comma);
    che la diversità di natura e di presupposti delle indennità di trasferimento rispetto a quelle di trasferta, del resto separatamente contemplate nei contratti di lavoro, per la rilevata distinzione tra concorso in oneri generali di mantenimento connessi alla fisiologica evoluzione del rapporto e rimborso di spese che il datore di lavoro provochi richiedendo un temporaneo espletamento della prestazione fuori del territorio abituale, osta alla estensibilità alle prime di norme dettate per le seconde;
    che, per i versamenti in discorso, non sono conferenti i richiami alla nozione di risarcimento del danno emergente, perché il denaro sborsato dal lavoratore subordinato, per assicurarsi la sistemazione abitativa presso la sede della propria attività o per fronteggiare altri bisogni di vita, è spesa propedeutica alla prestazione lavorativa, indispensabile per porsi in condizione di svolgerla, non effetto patrimoniale negativo della prestazione stessa, e tantomeno pregiudizio arrecato dal datore di lavoro.
    fonte laprevidenza

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