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Tribunale civile, ore 13: tutti a casa. Aule vuote, negli uffici (quasi) tutti assenti. Napoli, pochi giudici restano dopo le udienze
Il presidente Alemi: mancano fondi per il personale
NAPOLI — Se il ministro Renato Brunetta visitasse la torre A, settore civile del tribunale di Napoli, alle 13,10 di un martedì qualunque s’indignerebbe moltissimo. E certamente ripeterebbe la frase che gli ha attirato i fulmini dell’Associazione nazionale dei magistrati: «Se si va in un qualsiasi tribunale si trova il caos e dalle 14 non c’è più nessuno». Lo ha detto ieri l’altro ed è subito successo il finimondo. Magistrati in rivolta, Anm che accusa il Governo di promuovere leggi che paralizzano la giustizia. Il guardasigilli Alfano da Napoli costretto a difendere il suo collega, ricordando che secondo un sondaggio di Sky, l’86% degli italiani è favorevole al badge per i magistrati. Insomma, l’ennesima uscita brunettiana che tocca nervi scoperti e rinfocola incandescenti polemiche. Quelle sull’orario di lavoro dei giudici e sugli orari delle udienze a Napoli sono antichissime. Si polemizzava già ai tempi del procuratore Armando Cono Lancuba. Gli scioperi degli avvocati segnarono anche la gestione di Agostino Cordova durante gli anni di tangentopoli. Su questo argomento ci sono ferite vecchie sia nella classe forense partenopea che in quella dei magistrati. Tuttavia non è sbagliato affermare che in visita al settore civile, dopo le tredici, Brunetta urlerebbe la sua indignazione in perfetta solitudine o quasi.
Perché già dalle 13,10 le udienze del settore civile si fermano. Cinquanta minuti prima delle fatidiche ore 14 la torre A diventa un grattacielo quasi del tutto disabitato, mentre alla stessa ora i processi penali entrano nel vivo con udienze, requisitorie e prove testimoniali che durano a volte fino a sera. E allora? Ha ragione il fustigatore dei pubblici impiegati e ora anche dei pubblici magistrati? Dopo il travet fannullone siamo afflitti dal giudice sfaticato? In realtà, percorrendo i corridoi della torre della giustizia civile, il ministro lagunare dovrebbe farsi venire più di qualche dubbio. Intanto perché, provando ad aprire le porte delle varie sezioni, s’imbatterebbe quasi certamente in un discreto numero di giudici ancora al lavoro dopo la fine delle udienze. Ieri ne abbiamo contati almeno una decina, limitandoci a curiosare tra due o tre piani alti. Ma sono molti di più quelli che restano al lavoro di pomeriggio. Chiusi dentro le loro stanzette dagli infissi grigi, le tendine abbassate, da soli o in compagnia del collaboratore di cancelleria. Il computer acceso. Sulle scrivanie collinette di fascicoli rossi o grigi che attendono di essere «smaltiti». E loro lì a scrivere motivazioni e sentenze, a studiare gli atti, a sfogliare codici. Magistrati quasi leopardianamente persi tra le «sudate carte», chiamati ad affrontare in media 32 (trentadue!) udienze quotidiane. Se volessero farcela a trattarle tutte in orario d’ufficio (9-13) dovrebbero dedicare otto minuti a causa.
Nemmeno Usain Bolt, il giamaicano figlio del vento potrebbe mai farcela. E allora? A Napoli ci si organizza. E si cerca di smaltire il lavoro arretrato anche dopo le udienze. A Brunetta, ad esempio, piacerebbero giudici come il dottor Campese, che alla VII fallimentare ieri pomeriggio è rimasto al lavoro dopo le 14 senza denunciare segni di stanchezza. Il ministro sarebbe rincuorato nel vedere che al X piano, sezione lavoro e previdenza, la dottoressa Erminio non molla nemmeno dopo che le lancette dell’orologio hanno abbondantemente superato le 14,30. E potremmo continuare così, elencando almeno un’altra decina di casi. E tutti gli altri? Forse al dinamico ministro piacciono meno i giudici che con i trolley zeppi di fascicoli guadagnano uno dei cinque ascensori e filano via. I compiti a casa no! «Si lavora tutti in ufficio, giudici compresi » ha ripetuto già in passato Brunetta. Certo, dobbiamo ammettere che fa una certa impressione vedere nel tribunale civile, già prima delle 14, i corridoi vuoti, le grandi sale deserte, lì dove fino a qualche ora prima gruppi di avvocati, testimoni, attori e convenuti, cancellieri e collaboratori di studio, si affannavano a correre da una stanza all’altra, da un’udienza all’altra. Però qualche perplessità rimane sull’efficacia di una estensione delle udienze anche dopo le quattordici. Carlo Alemi, presidente del tribunale è scettico: «L’uscita di Brunetta? Qui ognuno può dire ciò che vuole. Io sfido il ministro a venire quando vuole a Palazzo di Giustizia. Ma lo sa Brunetta che agli impiegati sono stati cancellati gli straordinari? Ma lo sa che quando i giudici vogliono continuare le udienze devono scontrarsi con i collaboratori, costretti a lavorare gratis per lo Stato?».
Alemi elenca le cifre degli insoluti: «Gli straordinari del 2007 non sono stati pagati ai dipendenti, quelli del 2008 sono stati corrisposti al 50%. Attualmente invece degli straordinari vengono concessi riposi compensativi. Significa che il giorno dopo l’udienza, chi lavora in cancelleria spesso deve restare a casa e ovviamente il lavoro si accumula». E si arretra. Nel distretto di Napoli ci sono 65.311 procedimenti civili pendenti 13.500 procedimenti penali ancora aperti. L’ultimo scontro sugli orari delle udienze in tribunale si è consumato appena una settimana fa: sette giorni di astensione proclamata dai penalisti. Il motivo? Il presidente Alemi avrebbe voluto approvare un nuovo orario per i processi penali: sospensione di un’ora dalle 13 alle 14 e poi di nuovo in aula, in prosieguo, fino al termine delle udienze. Niente da fare. Spiega Michele Cerabona, presidente della Camera penale: «L’orario di inizio e di fine delle udienze è imprevedibile. Spesso il difensore è costretto a trattenersi fino alle prime ore della sera, quando ormai si è stanchi e spossati e non si è in condizione di esercitare lucidamente la propria funzione». E l’accusa di Brunetta? «Le affermazioni generiche sono sempre sbagliate ». Grazie al ministro almeno su una cosa avvocati e magistrati sono ora d’accordo.
fonte ilcorrieredelmezzogiorno
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