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  • L'abc del ddl sul processo breve

    Partirà dalla commissione Giustizia del Senato l'esame del ddl di tutela del cittadino contro la durata indeterminata dei processi. E' un testo molto snello, di soli 3 articoli, con i quali si fissano le modalità per una durata "ragionevole" dei giudizi: 2 anni per ciascuno dei primi 2 gradi di merito, altri 2 anni per l'esame di legittimità, più un altro anno in ogni caso di giudizio di rinvio. Superati tali limiti, lo Stato è tenuto a risarcire l'interessato.

    Si prevede, poi, l'estinzione dell'azione penale, ma solo laddove la pena prevista sia inferiore ai 10 anni. Non sarà così per i recidivi, come, pure, per i reati di mafia e per tutte quelle ipotesi delittuose ritenute di "allarme sociale". Le nuove norme si applicheranno ai soli processi in corso alla data di entrata in vigore del provvedimento. Faranno eccezione, quelli che sono pendenti davanti alla corte d'appello o alla cassazione. Ecco, comunque, l'abc del ddl sui "processi brevi", in corso di conversione a Palazzo Madama.

    Equo indennizzo (articolo 1)
    Arriva una razionalizzazione delle procedure di equo indennizzo previste dalla legge Pinto nei casi di violazione del diritto alla ragionevole durate dei processi. Si motiva la scelta dagli ingenti costi che, ogni anno, l'Italia paga per l'eccessiva durata dei giudizi: 14,7 milioni di euro, nel 2007, 25 milioni, nel 2008, 13,6 milioni, solo nel primo semestre di quest'anno. Le nuove norme prevedono, in particolare, che la domanda di equa riparazione sia subordinata a una specifica istanza di sollecitazione, che la parte deve presentare nel processo (civile,
    penale o amministrativo) entro 6 mesi dalla scadenza dei termini di non irragionevole
    durata.

    In questo modo, il meccanismo potrà assumere una funzione non solo risarcitoria, ma, anche, acceleratoria del giudizio. Presentata l'istanza di sollecitazione, i processi godranno di una corsia preferenziale, sotto la vigilanza del capo dell'ufficio interessato, e la sentenza che definisce il giudizio potrà essere sinteticamente motivata (fanno eccezione le sentenze penali). Si fissa, poi, un termine "presuntivo" di irragionevole durata del processo: 2 anni per ciascuno dei primi 2 gradi di merito, altri 2 anni per l'esame di legittimità, più un altro anno in ogni caso di giudizio di rinvio.

    Non si tratta, però, una presunzione assoluta, visto che il magistrato che decide sulla domanda di equa riparazione (vale a dire la corte d'appello competente) potrà aumentare il termine fino alla metà nei casi di complessità del caso e valutato, pure, il comportamento delle parti private e del giudice. Il processo si considera iniziato, in ciascun grado, alla data del deposito del ricorso introduttivo del giudizio o dell'udienza di comparizione indicata nella citazione, ovvero alla data del deposito dell'istanza di fissazione dell'udienza. Si considera, invece, terminato con la pubblicazione della decisione. Il processo penale si considera iniziato alla data di assunzione della qualità di imputato. Si chiarisce, inoltre, per valorizzare la speditezza, ma, anche, la lealtà processuale, che dal termine di ragionevole durata del processo sono esclusi i periodi relativi ai rinvii richiesti o consentiti dalla parte, nel limite di 90 giorni ciascuno.

    Le nuove norme prevedono, anche, che, nella liquidazione dell'indennizzo il giudice deve tener conto del valore della domanda proposta, o accolta, nel procedimento nel quale si è verificata la violazione del termine di ragionevole durata. L'indennizzo si riduce di un quarto, quando il procedimento, cui si riferisce la domanda di equa riparazione,
    è stato definito con il rigetto delle richieste del ricorrente, ovvero quando ne è evidente l'infondatezza.

    Entrata in vigore (articolo 3)
    Le nuove norme si applicheranno ai soli processi in corso alla data di entrata in vigore del provvedimento. Faranno eccezione, quelli che sono pendenti davanti alla corte d'appello o alla cassazione.

    Estinzione del processo (articolo 2)
    Si prevede l'estinzione dell'azione penale e, quindi, del processo, per la violazione dei termini di ragionevole durata. Sarà emessa una sentenza di non doversi procedere. L'imputato, tuttavia, può dichiarare di rinunciare all'estinzione del processo. La dichiarazione (volontaria) deve essere formulata personalmente in udienza o presentata dall'interessato o a mezzo di procuratore speciale.

    Secondo le nuove norme, invece, l'estinzione processuale opera solo nei processi relativi a reati puniti con pene inferiori nel massimo ai 10 anni di reclusione e sempreché non si proceda nei confronti di imputati recidivi o delinquenti o contravventori abituali o professionali. Pertanto, a partire dall'assunzione della qualità di imputato, ciascun grado del processo dovrà esser definito entro un termine massimo di 2 anni (un anno per il giudizio di rinvio), scaduto il quale il giudice deve dichiararne l'estinzione.

    Si indicano, poi, i casi in cui "l'orologio" dei termini è sospeso: per i periodi di sospensione del processo previsti dalla legge (autorizzazione a procedere o deferimento della questione a altro giudizio) o, nell'udienza preliminare e nella fase di giudizio, durante il tempo in cui l'udienza o il dibattimento sono sospesi o rinviati per impedimento dell'imputato o del suo difensore o quando il rinvio è stato disposto su loro richiesta, sempre che la sospensione o il rinvio non siano stati disposti per assoluta necessità di acquisire una prova. A queste ipotesi, va aggiunta, anche, quella in cui il blocco del procedimento si verifica per una causa esterna, non imputabile agli organi giudiziari, come, quando, sia in atto l'estradizione dell'imputato. Si prevede, poi, che, quando in dibattimento vengono effettuate nuove contestazioni dal pubblico ministero, il termine di fase non può essere aumentato complessivamente per più di 3 mesi.
    Le nuove norme specificano, inoltre, che la sentenza di non doversi procedere, per estinzione del processo, una volta definitiva, produca l'effetto preclusivo del cosiddetto ne bis in idem. Il provvedimento elenca, poi, i delitti per i quali non si applica l'estinzione processuale. Si va dai reati di mafia, alla pornografia minorile, ai sequestri di persona, alla circonvenzione di incapaci, alle violazioni alle norme sull'immigrazione, sulla prevenzione degli infortuni sul lavoro e in materia di circolazione stradale. Tutti reati, insomma, che, secondo il Legislatore della mini-riforma, destano "allarme sociale". Si prevede, infine, che la parte civile costituitasi nel processo colpito dalla estinzione, quando trasferisce l'azione in sede civile, ha diritto sia alla riduzione della metà dei termini a comparire, sia alla trattazione prioritaria del processo relativo all'azione trasferita.
    FONTE ILSOLE24ORE

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