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  • Obbligo di repechage, l'onere della prova è large

    La suprema Corte si pronuncia sull'onere della prova del datore di lavoro in relazione all'impossibilità di repechage del lavoratore licenziato, dipendente da una multinazionale italiana.

    Il dipendente di una multinazionale italiana, in servizio presso una filiale estera, viene licenziato e conviene in Italia la società italiana per essere reintegrato. La convenuta eccepisce - tra l'altro - il proprio difetto di legittimazione per aver lavorato il ricorrente per una articolazione autonoma estera, e nel merito deduce l'infondatezza della pretesa per essere il recesso assistito da giustificato motivo (valutato in relazione alle esigenze della società estera).

    La Corte afferma preliminarmente la legittimazione della società italiana convenuta, ritenendo che la filiale estera, ancorché articolazione autonoma, abbia comunque agito, in relazione al rapporto di lavoro del ricorrente, per conto della società italiana.

    Nel merito, la S.C. afferma che il datore di lavoro deve giustificare il recesso dimostrando l'impossibilità di assegnazione del lavoratore in altre sedi di lavoro, e che tale onere probatorio sussiste ancor più ove il lavoratore abbia allegato l'esistenza di posti disponibili, ancorché all'estero presso rappresentanze del datore di lavoro.

    Sul tema, in giurisprudenza, Cass, Sez. L, Sentenza n. 9768 del 01/10/1998 ha affermato che la scelta del datore di lavoro di procedere al licenziamento per giustificato motivo oggettivo determinato dalla sopravvenuta impossibilità della prestazione del lavoratore distaccato presso un terzo in ragione del rifiuto di quest'ultimo di ricevere la prestazione comporta l'obbligo (ed il connesso onere probatorio) del datore di lavoro del "repechage", con il quale si esprime l'obbligazione posta a carico di quest'ultimo di adibire il lavoratore licenziato in altre mansioni reperibili in azienda di analogo livello professionale; mentre nel caso di licenziamento per giustificato motivo soggettivo, consistente in un comportamento inadempiente del lavoratore, il datore di lavoro ha l'obbligo della sperimentazione, a pena di nullità, della procedura ex art. 7 della legge n.300 del 1970.

    Sul controllo del giudice di legittimità in ordine alle valutazioni del giudice di merito, Cass. Sez. L, Sentenza n. 1595 del 12/02/2000 ha precisato che il controllo in sede di legittimità della adeguatezza della motivazione del giudice di merito non può servire a mettere in discussione il convincimento in fatto espresso da quest'ultimo, che come tale è incensurabile, ma costituisce lo strumento attraverso il quale si può valutare solamente la legittimità della base di quel convincimento e neppure consente di valutare l'eventuale ingiustizia in fatto della sentenza; pertanto, il vizio riscontrato deve riguardare un punto decisivo, tale, cioè, da rendere possibile una diversa soluzione ove il relativo errore non fosse stato commesso (nella specie la sentenza di merito confermata dalla S.C. aveva escluso la sussistenza di un accordo di "repechage" fra lavoratore e datore di lavoro idoneo ad impedire il licenziamento del primo per giustificato motivo oggettivo).

    Sul riparto degli oneri probatori tra le parti del rappporto in ordine alla sussistenza del g.m.o. ed all'impossibilità di repechage, Cass. Sez. L, Sentenza n. 6556 del 02/04/2004 ha affermato che, ai fini della prova della sussistenza del giustificato motivo obiettivo del licenziamento, l'onere della dimostrazione della impossibilità di adibire il lavoratore allo svolgimento di altre mansioni analoghe a quelle svolte in precedenza pur gravando interamente sul datore di lavoro e non potendo essere posto a carico del lavoratore, implica comunque per quest'ultimo un onere di deduzione e allegazione, della possibilità di essere adibito ad altre mansioni, sicché ove il lavoratore ometta di prospettare nel ricorso tale possibilità, non insorge per il datore di lavoro l'onere di offrire la prova sopraindicata. Secondo Cass. Sez. L, Sentenza n. 12367 del 22/08/2003, in caso di licenziamento per giustificato motivo oggettivo, il datore di lavoro, che adduca a fondamento del licenziamento la soppressione del posto di lavoro cui era addetto il lavoratore licenziato, ha l'onere di provare che al momento del licenziamento non sussisteva alcuna posizione di lavoro analoga a quella soppressa alla quale avrebbe potuto essere assegnato il lavoratore licenziato per l'espletamento di mansioni equivalenti a quelle svolte, tenuto conto della professionalità raggiunta dal lavoratore medesimo, e deve inoltre dimostrare di non avere effettuato per un congruo periodo di tempo successivo al recesso alcuna nuova assunzione in qualifica analoga a quella del lavoratore licenziato.

    Per Cass. Sez. L, Sentenza n. 7717 del 16/05/2003, ai fini della prova della sussistenza del giustificato motivo obiettivo del licenziamento, l'onere, incombente sul datore di lavoro, di dimostrare l'impossibilità di adibire il lavoratore allo svolgimento di altre mansioni analoghe a quelle svolte in precedenza, concernendo un fatto negativo, va assolto mediante la dimostrazione di fatti positivi corrispondenti, quali la circostanza che i residui posti di lavoro, riguardanti mansioni equivalenti, fossero al tempo del licenziamento stabilmente occupati da altri lavoratori, ovvero che, dopo il licenziamento e per un congruo periodo, non sia stata effettuata alcuna nuova assunzione nella stessa qualifica dei lavoratori licenziati. Siffatta dimostrazione deve concernere tutte le sedi dell'attività aziendale, essendo sufficiente la limitazione alla sede cui era addetto il lavoratore licenziato solo nell'ipotesi di preliminare rifiuto del medesimo a trasferirsi altrove, non potendo tuttavia farsi riferimento al rifiuto del trasferimento presso una sede di un'altra società, sia pure facente parte dello stesso "gruppo", in quanto quest'ultimo è rilevante sotto il profilo economico e non anche sotto quello giuridico, salvo che si accerti l'esistenza di un unico rapporto di lavoro con le diverse società, qualora le relazioni all'interno di detto "gruppo" siano tali da avere dato vita ad un unico centro di imputazione dei rapporti giuridici, in ragione dell'esistenza di un'unica struttura organizzativa e produttiva, dell'integrazione tra le attività esercitate dalle diverse imprese, del coordinamento tecnico, amministrativo e finanziario e dello svolgimento della prestazione di lavoro in modo indifferenziato in favore delle differenti imprese del "gruppo".
    (Sentenza Cassazione civile 15/07/2010, n. 16579)

    http://www.ipsoa.it/PrimoPiano/Lavoro/obbligo_di_repechage_l_onere_della_prova_egrave_large_id1001389_art.aspx

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