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Il difensore rinuncia al mandato ma non lo comunica al cliente
Con la Sentenza n. 39856/2010, la Corte di Cassazione ha stabilito che non è dato concedere la remissione in termini all’imputato contumace, quando il suo difensore abbia rinunciato al mandato
il giorno prima dell’inizio del giudizio di prime cure e non abbia dichiarato di aver avvertito la sua cliente di tale rinuncia. Certo si è in presenza di un comportamento negligente da parte dell’avvocato, che ha riflessi nell’abito della deontologia professionale, ma, che non ha rilievo nell’abito giuridico, con riguardo alla remissione in termini, per cui è onere del cliente fornire la prova di non essere a conoscenza della rinuncia al mandato da parte del suo difensore e del rinvio del processo laddove il giudice abbia notificato, al domicilio eletto dell’imputato, ovvero presso il proprio difensore di fiducia, il rinvio dell’udienza e la nomina di un difensore d’Ufficio.
Sulla base di quanto esposto, la Corte ha rigettato il ricorso di una imputata in un processo penale, promosso avverso il decreto emesso dalla Corte di Appello di Firenze, con cui era stata respinta l’istanza di restituzione intermini per proporre appello avverso la sentenza, resa, nella contumacia della stessa imputata, dal Tribunale di Prato e che non era stata appellata dal difensore d’ufficio. La ricorrente ha denunciato la manifesta illogicità e contraddittorietà della motivazione della sentenza perché il giudice del merito, dopo aver dato atto che il difensore di fiducia aveva rinunciato all’incarico il giorno prima dell’inizio del giudizio di prime cure e che non aveva dichiarato di aver avvertito la sua cliente di tale rinuncia per cu il giudice aveva nominato un difensore d’ufficio, addebitando alla ricorrente l’onere di dedurre e provare compiutamente la negligenza del difensore domiciliatario nell’informarla dell’avvenuta nomina del difensore d’ufficio. La ricorrente ha dedotto che il giudice del merito avrebbe attribuito alla stessa la conoscenza dei fatti processuali in virtù di un rapporto defensionale, nella realtà, non esistente e in assenza di qualsiasi prova del protrarsi del rapporto stesso. Con il ricorso, la suddetta imputata ha chiesto alla Corte la cassazione del provvedimento impugnato e di essere rimessa in termine per l’impugnazione della sentenza del Tribunale. La Corte ha ricostruito la vicenda, ribadendo che il codice deontologico forense prescrive che l’avvocato adempia ai propri doveri professionali con diligenza e il primo di tali doveri è proprio quello di adempiere agli obblighi professionali stabiliti per legge. Non è poi contestabile che nel comportamento dell’avvocato , che aveva rinunciato al mandato nell’imminenza dell’apertura del dibattimento e omisso di fornire al giudice la prova di aver comunicato la sua unilaterale decisione alla cliente si configura quantomeno una negligenza. Il comportamento negligente del difensore di fiducia rinunciatario ha, ad avviso del Collegio, un rilievo determinante, nel caso di specie, ai fini dell’applicazione della restituzione nel termine. La suddetta norma pone una presunzione di non conoscenza della sentenza contumaciale, anche se iuris tantum, pone a carico dell’autorità giudiziaria l’obbligo di verificare compiutamente che l’imputato abbia avuto conoscenza del procedimento o del provvedimento e abbia volontariamente rinunciato a comparire ovvero a proporre impugnazione o opposizione. D’altro canto, il Collegio ha osservato che la Corte Costituzionale ha rimarcato che la misura ripristinatoria della rimessione in termini, prescelta dal legislatore, per avere effettività, non può essere consumata dall’atto di un soggetto, il difensore, nominato d’ufficio, in tali casi, stante l’assenza e l’irreperibilità dell’imputato, che non ha ricevuto un mandato ad hoc e che agisce esclusivamente di propria iniziativa. L’esercizio di un diritto fondamentale non può essere sottratto al suo titolare, che può essere sostituito solo nei limiti strettamente necessari a sopperire alla sua impossibilità di esercitarlo e non deve trovarsi di fronte all’effetto irreparabile di una scelta altrui, non voluta e non concordata, potenzialmente dannosa per la sua persona. Ora, la Corte ha ritenuto che alla suddetta verifica è stato adempiuto, rilevando che la comunicazione della rinuncia al mandato del difensore di fiducia era stata, per disposizione del giudice del dibattimento, immediatamente comunicata all’imputata che non aveva provveduto a mutare l’elezione di domicilio, segno evidente, ha rilevato il P.G. , della persistenza nell’interessata della fiducia nei confronti del domiciliatario presso il quale veniva pertanto, notificata la sentenza. Manca, in altri termini, la puntuale e logica motivazione in ordine alle circostanze, dedotte dall’interessata che alleghi di non aver avuto conoscenza dell’atto.
Anna Teresa Paciotti
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