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Iscrizione illegittima di un’ipoteca giudiziale
Un avvocato conveniva in giudizio, innanzi al Giudice di Pace di Albenga, la cliente per ottenere il pagamento di somme dovute per corrispettivo di prestazioni d’opera professionale. Il giudice rigettava la domanda. Ma, l’istanza era accolta dal Tribunale di Savona e, sulla base della relativa sentenza, l’avvocato iscriveva una ipoteca giudiziale su un immobile di proprietà della cliente. Nelle more del successivo giudizio di cassazione, la cliente vendeva l’immobile e le parti convenivano che a garanzia della cancellazione dell’ipoteca una parte del prezzo fosse affidata al notaio rogante a titolo di deposito fiduciario.
La Corte di Cassazione, in accoglimento della doglianza della cliente, con cui era stata dedotta la nullità della notificazione dell’atto di appello dell’avvocato avverso la sentenza di primo grado del Giudice dì Pace di Albenga, cassava senza rinvio la sentenza del Tribunale di Savona. A seguito di tale esito, la cliente conveniva in giudizio, innanzi al Tribunale di Savona l’avvocato, chiedendo che fosse ordinata alla Conservatoria dei registi immobiliari di Finale Ligure la cancellazione dell’ipoteca e la condanna dell’avvocato al risarcimento dei danni sofferti per l’indisponibilità della somma ipotecata fino alla liberazione. L’avvocato si costituiva e dichiarava di non opporsi alla pronuncia di una decisione di cancellazione dell’ipoteca, a condizione che le relative spese fossero poste a carico della cliente. Il Tribunale di Savona ordinava la cancellazione dell’ipoteca, condannava l’avvocato alla corresponsione sulla somma ipotecata degli interessi legali sul capitale trimestralmente rivalutato, fino al saldo. La Corte di Appello di Genova accoglieva parzialmente l’appello dell’avvocato, limitatamente alla capitalizzazione trimestrale della rivalutazione, trasformandola in annuale, nonché integralmente quello della cliente relativo al riconoscimento del danno da persistenza dell’iscrizione ipotecaria per il periodo successivo alla sentenza di primo grado, riconoscendolo fino al passaggio in giudicato della sentenza. Avverso tale pronuncia, l’avvocato ha promosso ricorso per Cassazione. Con la Sentenza n. 22267/2010, la Suprema Corte ha rigettato il ricorso. La Corte ha osservato che l’esistenza della iscrizione è situazione di per sé pregiudizievol, anzitutto per il soggetto titolare della proprietà del bene ipotecato, il quale, se in concreto è nella condizione di poter opporre la cessazione della causa giustificativa dell’ipoteca, tuttavia, sotto il profilo della libera e agevole commerciabilità del bene, lo stesso si trova, per effetto della permanenza della cancellazione, in una situazione potenzialmente pregiudizievole per l’incomodo rappresentato dal dover dare dimostrazione al terzo interessato all’acquisto della cessazione della causa giustificativa dell’ipoteca. Ove, poi, il titolare della proprietà del bene ipotecato abbia acquistato quest’ultimo consapevolmente nel corso dei giudizio in cui si è formato contro il suo dante causa il titolo giudiziale che ha giustificato l’iscrizione (come nella specie), l’interesse del detto tante causa ad agire per la cancellazione in difetto di consenso del creditore ipotecario una volta venuto meno quel titolo si può configurare se egli si è impegnato nei confronti dell’acquirente ad ottenere la cancellazione. Ora, lo stesso ricorrente ha riferito che, nell’atto di vendita del bene ipotecato, le parti avevano stabilito che al prezzo venisse dedotta la somma versata a titolo di deposito fiduciario al notaio, a garanzia della cancellazione dell’ipoteca giudiziale. Ciò evidenzia che la proprietaria aveva assunto l’obbligazione di provvedere alla cancellazione e che fino al suo adempimento la somma oggetto del deposito fiduciario non sarebbe stata riscuotibile. Da tanto discende con tutta evidenza l’interesse ad agire della proprietaria dell’immobile e tanto sarebbe bastato al giudice del merito per giustificare la reiezione del motivo di appello sul punto.
La motivazione della sentenza impugnata, laddove fa leva sulla garanzia incombente sulla proprietaria, riferendola al rischio che l’acquirente si trovasse esposto alla soggezione alla garanzia ipotecaria dovrebbe, a tutto voler concedere, essere soltanto corretta nei sensi appena indicati. Peraltro, se si dà rilievo alla circostanza che la sentenza, nel riferire dello svolgimento processuale, dice che il deposito fiduciario era stato previsto a garanzia della cancellazione dell’iscrizione ipotecaria, risulta di tutta evidenza che, avendo la proprietaria consentito l’ipoteca a garanzia della cancellazione, la medesima si era assunta l’onere della realizzazione di questo risultato. Da qui l’irrilevanza del solo fatto del cessare della causa giustificativa dell’iscrizione, occorrendo che la proprietaria prestasse l’attività diretta alla cancellazione. La Corte, poi, ha giudicato inammissibile il motivo di censura dedotto dal ricorrente, in merito alla domanda della proprietaria di risarcimento dei danni da imprudente iscrizione ipotecaria. Ad avviso della Corte, la censura, nell’attività di illustrazione svolge considerazioni su parti della motivazione della sentenza impugnate senza raccordarle in alcun modo con le norme di cui denuncia la violazione e, pertanto, senza dimostrare perché la sentenza impugnata avrebbe violato ciascuna delle stesse. Il ricorrente ha dedotto anche che la modesta entità della somma non consentirebbe di prospettare una possibilità concreta di utile, ma, un non rischioso investimento della somma che sarebbe potuto avvenire in titoli di stato o con un deposito in un libretto postale fruttifero e che tale comportamento sarebbe stato esigibile con l’ordinaria diligenza da parte della proprietaria dell’immobile, quale condotta diretta a limitare il danno. Ma, la Corte ha sottolineato che tale deduzione non evidenzia in alcun modo un comportamento della proprietaria, quale creditrice. Inoltre, la corte ha sottolineato la distinzione tra “danno evento” e “danno conseguenza”. Il primo, quale elemento che, unitamente alla condotta, determina la fattispecie di illecito contrattuale o extracontrattuale. Il secondo è il danno che, in dipendenza causale dalla verificazione dell’intera fattispecie costitutiva dell’illecito contrattuale o extracontrattuale e, quindi, del danno evento, si verifica sempre sul piano causale quale ulteriore conseguenza dannosa. Il creditore avrebbe potuto evitare tale danno conseguenza usando l’ordinaria diligenza, ovverro intervenendo con un suo comportamento sulla serie causale. Applicando quanto detto al caso dell’iscrizione di ipoteca giudiziale che, in ragione dell’esito della lite, si sia poi rivelata non solo illegittima, proprio per l’esito del giudizio, ma anche imprudente e, quindi, sostanzialmente riconducibile all’ambito della fattispecie di responsabilità, si ha che il danno evento è rappresentato dal limite alla commerciabilità del bene ipotecato, che discende dalla presenza del vincolo ipotecario e, quindi, dalla corrispondente limitazione del contenuto del diritto sul bene derivante dalla sua soggezione alla garanzia. Ove risulti accertata la illegittimità dell’iscrizione e, quindi, venga a mancare la sua fattispecie costitutiva, si deve rilevare anzitutto che tale danno evento non risulta automaticamente eliminato, perché, se è vero che dal punto di vista del proprietario del bene ipotecato, è possibile far valere il cessare di quella fattispecie, finché dura la presenza dell’iscrizione ipotecaria, sussiste una situazione apparente che può creare difficoltà alla commerciabilità del bene, sia scongiurando eventuali proposte di acquisto di terzi sia imponendo un onere di dimostrazione al terzo che voglia acquistare il bene o un diritto sullo stesso che l’ipoteca non ha più effettività. Ne discende che la permanenza dell’iscrizione pur dopo che sia acclarata l’insussistenza della sua fattispecie costituiva rende configurabile il danno evento derivante dalla stessa. In dipendenza del danno evento costituito dalla permanenza dell’iscrizione che poi sia risultata illegittima, i danni risarcibili sub specie di danno conseguenza, originante dalla situazione costituente il danno evento, si possono verificare tanto se si perdono occasioni di commerciare il bene, sia se il bene si riesca a commerciare e, tuttavia, subendo una qualche diminuzione delle utilitates che si sarebbero conseguite se il bene fosse stato libero, ovvero, conseguendo una diminuzione del prezzo o conseguendo un prezzo vile, oppure un qualche diverso pregiudizio. Quest’ultima, ha osservato la Corte, è la situazione verificatasi nel caso di specie, in cui il bene è stato commerciato dalla proprietaria, ma la medesima non ha potuto realizzarne il prezzo nella sua integralità, in quanto l’acquirente ha evidentemente preteso che parte dello stesso non fosse acquisito dalla proprietaria se non condizionatamente alla cancellazione dell’ipoteca. La mancata disponibilità di questa parte del prezzo costituisce senza dubbio un danno conseguenza risarcibile alla proprietaria.
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