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Rendita Inail, assegno speciale continuativo agli eredi ed obbligo informativo dell'Inail
(Corte costituzionale, sentenza 28 luglio 2010 n. 284 - Avv. Daniela Carbone)
Con sentenza n. 284 del 28 luglio 2010, la Corte costituzionale ha depositato una sentenza che ha avuto indubbiamente poca diffusione, forse a causa del periodo estivo in cui è stata pubblicata, ma che merita il giusto rilievo per l’importanza dei suoi contenuti. E’ stata, infatti, dichiarata l’illegittimità costituzionale dell’articolo 7, primo comma, della legge 5 maggio 1976, n. 248 (Provvidenze in favore delle vedove e degli orfani dei grandi invalidi sul lavoro deceduti per cause estranee all’infortunio sul lavoro o alla malattia professionale ed adeguamento dell’assegno di incollocabilità di cui all’articolo 180 del testo unico approvato con d.P.R. 30 giugno 1965, n. 1124), nella parte in cui non prevede che l’Istituto assicuratore, nel caso di decesso dell’assicurato, debba avvertire i superstiti della loro facoltà di proporre domanda per ottenere l’assegno di cui all’articolo 1 della stessa legge nel termine decadenziale di centottanta giorni dalla data dell’avvenuta comunicazione. La questione era stata sollevata dalla Corte d’appello di Catania che aveva (giustamente) dubitato della legittimità costituzionale dell’art. 7, primo comma, della legge 5 maggio 1976, n. 248 (Provvidenze in favore delle vedove e degli orfani dei grandi invalidi sul lavoro deceduti per cause estranee all’infortunio sul lavoro o alla malattia professionale ed adeguamento dell’assegno di incollocabilità di cui all’articolo 180 del testo unico approvato con d.P.R. 30 giugno 1965, n. 1124), nella parte in cui prevedeva che, per ottenere la corresponsione dell’assegno speciale continuativo di cui all’art. 1 della stessa legge, spettante ai superstiti di soggetti titolari di rendita INAIL con grado di inabilità permanente pari almeno al sessantacinque per cento, occorresse presentare domanda entro il termine di centottanta giorni dalla data del decesso dell’assicurato. Tale disposizione si porrebbe in contrasto con l’art. 3 Cost. Per la ingiustificata disparità di trattamento rispetto alla disciplina prevista per i superstiti in caso di decesso dell’assicurato riconducibile ad infortunio o malattia professionale per il quale la rendita veniva dallo stesso percepita in vita: infatti, l’art. 122 del decreto del Presidente della Repubblica 30 giugno 1965, n. 1124 (Testo unico delle disposizioni per l’assicurazione obbligatoria contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali), nella formulazione risultante a seguito della sentenza della Corte costituzionale n. 14 del 1994, dispone che, in tal caso, l’Istituto debba avvertire i superstiti della loro facoltà di proporre domanda per il conseguimento della rendita nei modi e nella misura previsti dall’art. 85 dello stesso decreto, nel termine decadenziale di novanta giorni decorrenti dalla data dell’avvenuta comunicazione piuttosto che, come previsto dalla norma nel testo originario, dalla data della morte dell’assicurato. La disposizione censurata recherebbe, inoltre, vulnus all’art. 24 Cost. Per violazione del diritto di difesa; nonché all’art. 38 Cost. Per la violazione del diritto ad un’adeguata copertura assicurativa, in quanto la scarsa conoscenza delle norme e la decorrenza del termine dalla data della morte dell’assicurato determinerebbero la ingiustificata perdita del diritto del coniuge e dei figli superstiti alla corresponsione dell’assegno de quo. Le censure dinanzi riportate del giudice rimettente sono state pienamente condivise dalla Corte costituzionale proprio con riferimento alla violazione dei parametri di cui agli artt. 3 e 24 Cost., restando assorbite le censure sollevate per violazione dell’art. 38 Cost. La pronuncia di illegittimità costituzionale si basa sul raffronto della normativa dell’istituto in esame con quella di analoga provvidenza sulla quale la Corte già in precedenza era intervenuta per rimuovere la violazione di principi costituzionali. L’art. 1 della legge n. 248 del 1976 attribuisce al coniuge ed ai figli superstiti di titolari di rendita per inabilità permanente di grado non inferiore all’ottanta per cento (percentuale ridotta a sessantacinque per effetto della modifica di cui all’art. 11 della legge n. 251 del 1982) il diritto ad uno speciale assegno continuativo mensile. A norma dell’art. 7, primo comma, della stessa legge n. 248 del 1976, gli aventi diritto a tale assegno devono presentare entro il termine di centottanta giorni dalla data del decesso dell’assicurato apposita domanda, corredata dalla certificazione degli uffici finanziari e da una dichiarazione resa dagli stessi aventi diritto, dalle quali risulti l’esistenza dei requisiti di legge. In siffatto quadro normativo, questa Corte, con sentenza n. 14 del 1994, ha dichiarato l’illegittimità costituzionale del citato art. 122 nella parte in cui non prevedeva che l’istituto assicuratore, nel caso di decesso dell’assicurato, dovesse avvertire i superstiti della loro facoltà di proporre domanda per la rendita nella misura e nei modi previsti dall’art. 85 nel termine decadenziale di novanta giorni decorrente dalla data della avvenuta comunicazione. Tale pronuncia è stata determinata essenzialmente dalla esigenza di rendere la norma in questione coerente con quella del successivo art. 123. In conseguenza di tale intervento, il termine decadenziale per l’esercizio della facoltà dei superstiti di proporre domanda per ottenere la rendita di cui all’art. 85 del t.u. n. 1124 del 1965 è fatto decorrere dalla data in cui questi ultimi hanno avuto comunicazione dall’Istituto assicuratore della morte dell’infortunato. Diversamente, quello relativo alla domanda per lo speciale assegno continuativo mensile di cui all’art. 1 della legge n. 248 del 1976, che compete al coniuge ed ai figli superstiti di titolari di rendita per inabilità permanente di grado non inferiore al sessantacinque per cento, decorre dalla data del decesso dell’assicurato, e ciò a prescindere dal momento in cui gli stessi hanno avuto conoscenza della morte del loro dante causa. Secondo la Corte, “La diversità di disciplina è irragionevole ove si tenga presente che le fattispecie poste a confronto derivano entrambe dalla titolarità della rendita in capo al defunto, mentre la circostanza delle diversità sostanziali delle condizioni per avere diritto alle attribuzioni patrimoniali conseguenti al decesso non giustifica una disciplina decadenziale diversa, e ciò anche in presenza della differente durata del termine stesso, poiché ciò che rileva ai fini della tutela del diritto di difesa non è l’ampiezza di tale termine, ma la decorrenza dello stesso da un momento in cui l’interessato acquista conoscenza, tramite l’Istituto assicuratore, della morte dell’infortunato”. Da tale pronuncia di illegittimità consegue per l’Inail un onere informativo, nei confronti degli eredi dei titolari di rendita superiore al 75% di invalidità, dal cui adempimento decorrerà il termine decadenziale per la presentazione della domanda per lo speciale assegno continuativo mensile di cui all’art. 1 della legge n. 248 del 1976.
http://www.laprevidenza.it/news/infortunistica/rendita-inail-assegno-speciale-continuativo-agli-eredi-ed-obbligo-informativo/5157
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