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  • E' nulla la deliberazione che ripartisce il costo di gestione tra tutti quanti

    Spese condominiali: guai a far pagare chi non deve cacciare un euro. Quella ripartizione e la relativa deliberazione di approvazione sono invalide ed in particolare la decisione dell’assemblea insanabilmente nulla.

    A ricordarlo, nel recente passato, la Cassazione con la sentenza n. 22634 del 3 ottobre 2013.

    Immaginiamo, per rendere meglio l’idea, che Tizio, proprietario di un box auto, venga chiamato a partecipare alle spese di funzionamento e manutenzione dell’impianto di riscaldamento centralizzato.

    Egli, però, di quel bene non è mai stato comproprietario. Quella deliberazione può essere considerata nulla e come tale impugnata in ogni tempo, fatti salva la prescrizione dell’azione di ripetizione dell’indebito (art. 1422 c.c.). Come dire: si può sempre ottenere una sentenza che dichiari la nullità di quella delibera ma se si agisce troppo il là nel tempo (10 anni dopo la sua adozione), ciò che è stato versato non può essere chiesto indietro.

    Perché la decisione dev’essere considerata nulla e non, ad esempio, annullabile?

    Come dice la Suprema Corte di Cassazione “sono da ritenersi nulle le delibere prive degli elementi essenziali, con oggetto impossibile o illecito (contrario all'ordine pubblico, alla morale e al buon costume), con oggetto che non rientra nella competenza dell'assemblea, che incidono sui diritti individuali, sulle cose, sui servizi comuni o sulla proprieta' eslusiva di ognuno dei condomini o comunque invalide in relazione all'oggetto”. Per completezza è bene ricodare che “sono da ritenersi annullabili le delibere con vizi relativi alla regolare costituzione dell'assemblea, quelle adottate con maggioranza inferiore a quella prescritta dalla legge o dal regolamento condominiale, quelle affette da vizi formali in violazione di prescrizioni legali, convenzionali, regolamentari attinenti al procedimento di convocazione o informazione in assemblea, quelle genericamente affette da irregolarita' nel procedimento di convocazione, quelle che richiedono maggioranze qualificate in relazione all'oggetto” (Cass. SS.UU. n. 4806/05). La recente riforma del condominio ha sostanzialmente confermato questa impostazione (come eccezione sui vizi di convocazione si veda art. 1117-ter c.c.). Le delibere annullabili devono essere impugnate nei modi e nei termini di cui all’art. 1137 c.c. (trenta giorni dalla loro adozione o comunicazione), altrimenti si decade dal diritto di contestarle.

    In buona sostanza dire ad un condomino: “tu paghi anche per un bene che non è tuo”, equivale a ledere il suo diritto individuale di comproprietario.

    In tutta questa storia, tuttavia, c’è, come si suol dire, un “ma”: detta più chiaramente se chi non è comproprietario di uno beni comuni decide, coscientemente e volontariamente di aderire ad una convenzione scritta che lo renda partecipe a quelle spese. Come ha recentemente ricordato la Cassazione, infatti, “in materia di condominio, è valida la disposizione del regolamento condominiale, di natura contrattuale, secondo cui le spese generali e di manutenzione delle parti comuni dell'edificio vanno ripartite in quote uguali tra i condomini, giacché il diverso e legale criterio di ripartizione di dette spese in misura proporzionale al valore della proprietà di ciascun condomino (art. 1123 c.c.) è liberamente derogabile per convenzione (quale appunto il regolamento contrattuale di condominio), né siffatta deroga può avere alcuna effettiva incidenza sulla disposizione inderogabile dell'art. 1136 c.c. ovvero su quella dell'art. 69 disp. att. c.c., in quanto, seppure con riguardo alla stessa materia del condominio negli edifici, queste ultime disciplinano segnatamente i diversi temi della costituzione dell'assemblea, della validità delle deliberazioni e delle tabelle millesimali; v., anche, Cass., n. 898 del 1984)” (Cass. 7 ottobre 2013, n. 22824).

    http://www.condominioweb.com/condominio/articolo1808.ashx

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