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  • CASSAZIONE: Incapacità mentale blocca processo ma allunga carcere

    L'incapacità mentale dell'imputato sospende il processo in corso ma allunga i termini di custodia. Il giudice infatti, oltre a bloccare il giudizio, può anche "congelare" la carcerazione preventiva. Lo spiega la Cassazione che ha respinto il ricorso di un detenuto per il quale il tribunale di Bologna, in seguito ad un certificato secondo il quale "lo stato mentale ne impediva la cosciente partecipazione al procedimento", oltre a sospendere il giudizio aveva bloccato anche la decorrenza dei termini di custodia in carcere. La difesa sosteneva invece che se il "legittimo impedimento" dell'imputato deriva da una malattia mentale e non da problemi transitori, non sarebbe stato giusto sospendere anche i termini di custodia perché non è detto che la patologia possa migliorare in tempi ragionevoli. Una tesi che i giudici della prima sezione penale della Corte, con la sentenza 16939, non hanno condiviso. "L'accertata ed eventualmente irreversibile incapacità dell'imputato - si legge nella sentenza - potrebbe comunque aprire scenari diversi che possono andare dalla trasformazione della custodia in carcere in arresti domiciliari, fino alla sostituzione della misura in caso di incompatibilità delle condizioni di salute con lo stato di detenzione". In sostanza, il fatto che sia il processo sia i termini di custodia siano stati sospesi non vuol dire, sottolinea la Cassazione, che si vada incontro ad una situazione di stallo. La Corte ammette anzi che si possa verificare "un progressivo peggioramento dello stato mentale", ma anche in questo caso indica il rimedio: il provvedimento restrittivo può essere "revocato se vengono meno le esigenze cautelari" proprio in seguito allo "stato mentale dell'imputato". In pratica spetta al giudice verificare periodicamente la situazione e decidere di conseguenza, ma l'imputato non può sperare di lasciare il carcere solo perché, come si dice, non ci sta più con la testa.
    Fonte Apcom

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