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  • L’OBBLIGATORIETÀ DELLA MEDIAZIONE CIVILE IN AMBITO CONDOMINIALE

    L’art. 5 primo comma del d.lgs. n. 28/10 ha espressamente sancito l’obbligo di esperire il tentativo di conciliazione anche riguardo alle questioni inerenti il condominio.
    Le controversie condominiali, invero, costituiscono una percentuale consistente della mole enorme di provvedimenti che ogni anno rallentano ulteriormente la macchina della giustizia italiana.
    In proposito, il Censis ha rilevato che dei 4 milioni di nuove cause civili iniziate nel 2007, circa 185.000 riguardano la materia condominiale (quasi il 4,5% del totale).
    Il settore condominale, dato l'alto tasso di litigiosità, ben si presta all'utilizzo della procedura conciliativa giacché le fattispecie in questione dipendono più da divergenze di opinioni tra singoli condomini per futili motivi quali, ad esempio, l’utilizzo delle parti comuni dello stabile ed i fastidi derivanti dall’immissione di rumori molesti, che dalle liti collegate alla gestione del condominio sic et simpliciter, quali possono essere quelle relative ad una revisione delle tabelle millesimali.
    Ē bene precisare che vi è ancora un anno di tempo prima che la conciliazione diventi obbligatoria.
    La legge, infatti, ha previsto questa dilazione di tempo per permettere agli organismi di conciliazione di prepararsi. Ad oggi, quindi, e sino al 20 marzo 2011, la domanda relativa alle controversie oggetto di mediazione è facoltativa.
    La previsione legislativa è così forte che cambieranno le abitudini dei proprietari/condomini nonché quelle degli amministratori condominiali e di tutte le parti coinvolte.
    Considerata l’ampia portata del testo normativo in materia, si deve ritenere che la conciliazione obbligatoria consenta di risolvere qualsiasi tipo di vertenza, dall’impresa che non esegue correttamente i lavori di condominio alla lite con l’impiantista, fino ai rapporti di vicinato, quali l’impugnazione di una delibera assembleare o la richiesta di osservanza delle distanze legali.
    Sono espressamente escluse, viceversa,tutta una serie di ipotesi. Senza entrare in un’analisi dettagliata delle esenzioni, merita sottolineare che non è necessario azionare il procedimento di mediazione per i ricorsi per decreto ingiuntivo ex art. 63 disp. att. c.c., per le procedure concernenti la nomina e la revoca dell’amministratore del condominio o le vertenze di cui all’art. 1104 del c.c.
    Non sono mancate critiche a fronte dell’introduzione nell’ordinamento di un evidente caso di giurisdizione condizionata.
    In primis, alcuni commentatori si sono chiesti se debba considerarsi lecito che l’amministratore possa conciliare con la controparte, magari in ambito di sua competenza e senza il placet dell’assemblea, trovando un accordo che, di fatto, può comportare una deroga ad personam al regolamento di condominio. Secondo altri, il vero punto dolente della riforma è la compatibilità dell’esito del procedimento di conciliazione con le norme che regolano l’esecuzione delle delibere assembleari: basti pensare alle controversie inerenti la ripartizione delle spese o alle difficoltà pratiche che potrebbero sorgere nei casi di modifica delle tabelle millesimali, stante il numero a volte considerevole delle parti interessate, soprattutto se vi sono condomini che non risultano residenti nel condominio, ma a chilometri di distanza come nella ipotesi delle c.d. case di villeggiatura.
    Queste valutazioni, tuttavia, non colgono nel segno.
    In prima istanza va subito detto, a scanso di equivoci, che il termine d’impugnazione delle delibere resta sospeso per il periodo necessario ad esperire il tentativo di conciliazione che non può protrarsi oltre i quattro mesi.
    Inoltre, nulla avendo disposto il testo normativo in tema di competenza territoriale, si deve ritenere, per analogia con quanto previsto dagli artt. 23 e 810 cod. proc. civ., che la sede della mediazione debba trovarsi nel luogo circoscrizionale dell’organismo incaricato ove sorge l’edificio condominiale.
    Ē opportuno evidenziare che, qualora il tentativo stesso si rivelasse fallimentare, nulla osterebbe alle parti di transigere nelle more del conseguente procedimento giudiziario.
    Non dimentichiamo, infine, che l’amministratore è l’organo esecutivo del condominio al quale è legato ex lege da un rapporto di mandato che è, per sua stessa natura, fiduciario essendo il mandatario tenuto a darne esecuzione osservando la diligenza del buon padre di famiglia.
    Le attribuzioni dell’amministratore sono definite dall’art. 1130 c.c.; ad esse devono aggiungersi quelle eventualmente conferite dal regolamento di condominio, dall’assemblea, da leggi speciali e dalle norme generali del diritto. Per di più, la rappresentanza legale del condominio, così come prevista dall’art. 1131 c.c., è insita nel mandato conferito all’amministratore, divenendo in tal modo una rappresentanza volontaria per effetto di un mandato collettivo. Egli, in definitiva, può agire in giudizio sia contro i condomini, sia contro terzi e può essere convenuto per qualunque azione concernente le parti comuni dell’edificio.
    D’altra parte, il ruolo dell’amministratore di condominio è stato, negli ultimi anni, gravato di nuove mansioni assai più cavillose e complicate rispetto ai compiti tradizionali di cui era investito in sede assembleare. Ciò ha inevitabilmente comportato un accrescimento delle sue competenze abituali.
    Accogliendo l’impostazione secondo la quale la normativa in commento ha introdotto un accesso condizionato alla giurisdizione ordinaria e dato che, come si è in precedenza sostenuto, la giurisdizione ordinaria rientra nell’ambito delle competenze attribuite all’amministratore, è pacifico ritenere che lo stesso sia competente non solo a firmare l’informativa relativa alla possibilità di avvalersi della mediazione, ma che possa in più rappresentare i condomini nel procedimento conciliativo senza bisogno di previe autorizzazioni assembleari.
    La legge tace in merito alla necessità di sottoporre l’accordo conciliativo alla ratifica dell’assemblea di condominio. Pertanto, se l’amministratore vuole rifuggire da responsabilità nel primo periodo di applicazione della nuova disciplina, per la prudenza che la sua diligenza gli impone, deve sempre informarne l’assemblea affinché essa assuma le opportune decisioni da sottoporre in sede conciliativa o deliberi sulla proposta di conciliazione che potrebbe formulare il mediatore.
    A tutti gli effetti, solo la prassi applicativa potrà dirci se saranno necessari interventi legislativi correttivi in proposito.

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