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  • Boom di avvocati con titolo in Spagna

    Che sia uno stratagemma per aggirare l'obbligo di esame per poter esercitare la professione forense sono ormai i dati a renderlo evidente. Il Consiglio nazionale forense ha reso noti i risultati di una rilevazione effettuata presso tutti i consigli dell'Ordine. A emergere è il fatto che ben il 92% degli avvocati iscritti nell'elenco degli avvocati stabiliti è di nazionalità italiana. Tra questi, l'83% ha conseguito il titolo in Spagna e il 4% in Romania. In numeri assoluti, su un totale di avvocati stabiliti pari a 3.759, 3.452 sono di nazionalità italiana. Gli Ordini forensi che contano il maggior numero di avvocati stabiliti di nazionalità italiana, iscritti nell'elenco speciale, sono Roma (1.058), Milano (314), Latina (129) e Foggia (126). I dati, ad avviso del Cnf, fanno emergere chiaramente come la direttiva comunitaria cosiddetta «di stabilimento» è diventata lo strumento utilizzato da parte di tanti aspiranti avvocati italiani per eludere la disciplina interna e, in particolare, per sottrarsi all'esame necessario per poter acquisire la necessaria abilitazione all'esercizio della professione forense in Italia. La direttiva sul diritto di stabilimento (direttiva 98/5/CE, recepita in Italia col decreto legislativo 2 febbraio 2001 n. 96), in particolare, consente agli avvocati comunitari di svolgere l'attività forense in uno Stato europeo diverso da quello nel quale gli stessi hanno conseguito il titolo professionale. L'obiettivo, condivisibile, è quello di promuovere la libera circolazione degli avvocati europei, che sono chiamati stabiliti nei Paesi ospitanti. In Italia devono iscriversi in un elenco speciale tenuto dagli Ordini forensi. «Negli ultimi si è assistito alla nascita di molteplici associazioni e/o scuole volte unicamente ad assistere il candidato nell'iter volto a ottenere il titolo abilitativo all'estero» si legge nel dossier del Cnf. Un fenomeno dai risvolti anche pochi chiari, in quello che è diventato un mercato dei titoli professionali europei e delle abilitazioni, che ha già sollevato l'attenzione anche dei media. «È evidente che queste pratiche falsano la corretta concorrenza tra avvocati nei Paesi Ue, ma soprattutto mettono a rischio i diritti dei cittadini che si affidano a questi professionisti per la loro tutela – spiega Andrea Mascherin, consigliere segretario del Cnf –. I giovani aspiranti avvocati italiani che seguono la corretta procedura dell'esame di abilitazione sono svantaggiati rispetto a coloro che ottengono il riconoscimento di un titolo acquisito all'estero con scorciatoie e furbizie». A ben vedere, poi, questi ultimi sono esposti ad abusi "commerciali", a pratiche commerciali scorrette, a pubblicità ingannevole, da parte di agenzie, società, associazioni che millantano risultati immediati con messaggi ingannevoli tipo «diventa avvocato senza fare l'esame», magari ad alti costi. Ultimo rischio, ma certo il più rilevante, è che questa crescita patologica metta in pericolo la qualità professionale delle prestazioni professionali e dunque i diritti dei cittadini. Il Cnf ha provato un'attività di contrasto. Da ultimo, un rinvio pregiudiziale alla Corte di giustizia delle Comunità europee, sul quale l'11 febbraio si terrà l'udienza (cause Torresi C-58/13 e C-59/13). http://www.ilsole24ore.com/art/norme-e-tributi/2014-02-06/sempre-piu-avvocati-made-spain-232611.shtml?uuid=ABqmmyu

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